Il nucleare ha smesso di correre?
la World Nuclear Association delinea per il futuro un settore nucleare in fase di accelerazione globale.
la World Nuclear Association delinea per il futuro un settore nucleare in fase di accelerazione globale.
Per capire perché è successo, bisogna fare un passo indietro. Da un paio d’anni il nucleare è tornato di moda nei mercati finanziari: crisi energetica dopo la guerra in Ucraina, obiettivi di decarbonizzazione e, più di recente, la corsa all’elettricità per data center e intelligenza artificiale hanno riportato al centro l’idea di una “rinascita nucleare”. Molti governi stanno annunciando piani di nuovi reattori o di rilancio del parco esistente, dagli Stati Uniti al Giappone, fino ai progetti di reattori modulari di piccola taglia (SMR). In questo contesto, gli investitori hanno spinto molto in alto le quotazioni di società che producono uranio o che promettono tecnologie innovative, spesso ben prima che ci fossero ricavi concreti.
Un cumulo di attese elevate
Proprio questa corsa, però, ha preparato il terreno alla correzione recente. C’è chi parla di prese di profitto dopo una corsa sfrenata, soprattutto sui titoli più speculativi: le azioni del comparto hanno reagito con vendite perché molti investitori hanno colto l’occasione per monetizzare i forti guadagni accumulati negli ultimi anni.
Quando in un settore si accumulano aspettative molto elevate e rialzi a tre cifre, basta poco per innescare un movimento di “realizzo”: qualche dubbio sui tempi, un commento degli analisti sui prezzi troppo cari, un contesto di mercato più nervoso.
La realtà richiede pazienza
Il secondo elemento di fondo è la distanza tra la narrativa e la realtà industriale. Il nucleare è un settore con tempi lunghi: costruire un reattore convenzionale può richiedere dieci anni o più, mentre molti progetti di SMR sono ancora in fase di sviluppo e lontani dalla commercializzazione su larga scala. In pratica, una parte delle società più di moda nel nucleare oggi ha fatturati minimi o nulli e brucia cassa per finanziare la ricerca; eppure, in alcuni casi, la valutazione in Borsa ha corso molto.
Un mercato sottile
Terzo tassello: il mercato dell’uranio, che è la materia prima alla base di gran parte del business nucleare. Qui i fondamentali di lungo periodo restano solidi: diversi report parlano di un deficit strutturale di offerta rispetto alla domanda prevista, legato a anni di sotto-investimenti nelle miniere. Ma nel breve periodo il prezzo è molto volatile, perché si tratta di un mercato poco liquido, con pochi operatori specializzati e volumi relativamente ridotti. Quando il prezzo dell’uranio smette di salire o si ferma, gli investitori più speculativi si spostano altrove e i prodotti che investono nel settore correggono rapidamente.
Il peso dei tassi e delle politiche pubbliche
A questo si aggiunge un contesto macrofinanziario non banale. Con tassi di interesse ancora relativamente elevati (almeno finché la Fed non ha fatto intendere che potrebbe allentare la presa), i progetti che promettono utili molto lontani nel tempo soffrono di più, perché il valore attuale dei flussi di cassa futuri viene “scontato” a tassi più alti. Il nucleare, con i suoi investimenti miliardari e i rientri scaglionati in decenni, è un esempio da manuale. Alcuni analisti fanno notare che gli stessi fattori che hanno spinto in alto le quotazioni come la corsa all’Intelligenza artificiale e la domanda energetica dei data center, nonché i piani governativi, restano in piedi, ma il mercato sta ricalibrando quanto è disposto a pagare oggi per benefici che, realisticamente, arriveranno tra dieci o quindici anni.
Infine, c’è il tema, molto concreto, delle politiche pubbliche. La cronaca recente mostra come il sostegno dei governi al nucleare sia reale, ma non lineare: negli USA, ad esempio, il Dipartimento dell’Energia ha annunciato nuovi fondi fino a 800 milioni di dollari per due progetti di piccoli reattori modulari, con l’obiettivo di metterli in funzione all’inizio degli anni Trenta. Sono cifre importanti, ma che confermano anche la lentezza dei tempi e l’incertezza sull’effettiva redditività dei progetti. Ogni dubbio su incentivi, tariffe, autorizzazioni di sicurezza o costi di costruzione può tradursi rapidamente in vendite in Borsa, soprattutto sui titoli diventati simbolici del nuovo nucleare.
Niente panico: il futuro è ancora “atomico”
Per un risparmiatore è utile leggere questo movimento non tanto come una bocciatura definitiva del nucleare, quanto come una fase di assestamento dopo una lunga corsa. Le grandi tendenze (decarbonizzazione, domanda di energia stabile o in crescita, bisogno di fonti stabili per affiancare le rinnovabili) non sono cambiate da un mese all’altro. Quello che è cambiato, più semplicemente, è l’umore del mercato: da un entusiasmo forse eccessivo, che prezzava il futuro come se fosse già qui, si è passati a una maggiore prudenza di fronte a valutazioni molto tirate, progetti complessi e un orizzonte temporale lungo.
Dal canto suo la World Nuclear Association (WNA) delinea per il futuro un settore nucleare in fase di accelerazione globale, trainato da nuove alleanze internazionali, da un’agenda di riforme e possibili semplificazioni regolatorie ancora in fase di definizione, e da impegni politici più ambiziosi. L’India emerge come uno dei protagonisti della crescita: punta a triplicare la propria capacità entro il 2031 e a diventare un attore centrale nelle catene di fornitura, investendo in nuove tecnologie e rafforzando la cooperazione con i partner globali. Parallelamente, la WNA promuove iniziative per migliorare la sicurezza operativa e la resilienza degli impianti attraverso partenariati strategici, mentre un gruppo indipendente di esperti ha raccomandato regolamenti più snelli e orientati alla consegna, in grado di ridurre tempi e costi dei nuovi progetti. A livello internazionale, la coalizione per triplicare la capacità nucleare entro il 2050 continua ad ampliarsi e coinvolge governi, industria e grandi consumatori energetici, con l’obiettivo di rendere il nucleare un pilastro stabile della decarbonizzazione. Secondo la WNA, questo obiettivo è tecnicamente alla portata, ma richiede decisioni politiche rapide: investimenti costanti, standard condivisi, filiere industriali robuste e un impegno chiaro a tradurre gli annunci in cantieri e reattori operativi. In questa visione, il nucleare diventa uno strumento essenziale per sicurezza energetica, competitività e riduzione delle emissioni globali.
In pratica…
In pratica, i titoli nucleari stanno scontando la distanza tra la promessa e la realtà. Questo non significa che non possano tornare a salire in futuro, ma ricorda a chi investe che il settore è intrinsecamente volatile, fortemente dipendente da scelte politiche e regolatorie, e adatto solo a chi accetta oscillazioni rilevanti e orizzonti di lungo periodo. Prima di esporsi, è bene verificare quanto il nucleare pesa già nei propri investimenti (tramite ETF energia o materie prime) e se questa quota è coerente con il proprio profilo di rischio, senza farsi guidare solo dalle mode del momento o dalle promesse di “nuova era energetica”. Il consiglio di acquisto su VanEck Uranium and Nuclear Technologies (49,795 euro al 8/12; Isin IE000M7V94E1) è confermato, ma va comprato, al solito, in ottica di lungo periodo, coerentemente con la tempistica lunga di ogni progetto nel campo dell’energia nucleare.