Anche Eni non scampa al calo delle Borse

Eni cala nonostante il buyback
Eni cala nonostante il buyback
Se Piazza Affari, come ti abbiamo già detto, sta vivendo una giornata pesantissima, al titolo Eni (Isin IT0003132476) non sta andando molto meglio, con un calo che alle 15.30 di oggi venerdì 4 aprile è di quasi il 4%, a 13,16 euro.
Tutto questo, nonostante ieri il gruppo abbia annunciato una notizia che, sulla carta, dovrebbe contribuire a sostenere le quotazioni, e cioè il piano di riacquisto di azioni proprie per 1,5 miliardi: cifra già consistente in sé, e che potrebbe essere ulteriormente aumentata fino a un massimo di 3,5 miliardi, stando al comunicato della società stessa: importo massimo che corrisponde a ben il 10% del capitale della società stessa.
Perché, sulla carta, questo dovrebbe sostenere il prezzo del titolo? Perché i titoli acquistati verrebbero, in un secondo momento entro luglio 2026, annullati, quindi l’utile del gruppo sarebbe ripartito su un numero inferiore di azioni (che quindi valgono di più). Ma stavolta, complice una tempistica forse sfortunata dell’annuncio, così non è stato, e per più motivi.
Il primo è, certo, quello dei dazi: il pessimismo degli investitori investe in questo momento tutto il listino, anche a prescindere dalle prospettive puntuali di ciascun titolo.
Il secondo, ancora legato ai dazi anche se indirettamente, è che i dazi rischiano di innescare una crisi dell’economia, o quanto meno un forte rallentamento della crescita, il che si traduce in una minor domanda di petrolio: tant’è che già nei primi quattro giorni di questa settimana il brent è calato del 3,8% passando dai 73,54 dollari di venerdì scorso ai 70,74 dollari di ieri.
Ma non ci sono solo i dazi: a penalizzare il prezzo del brent, e di conseguenza prima i conti, e poi le quotazioni di Eni, c’è anche un altro fattore: la notizia di ieri secondo cui diversi Paesi dell’Opec hanno deciso di aumentare la produzione per livelli ben superiori al previsto. Otto membri chiave del gruppo Opec, tra cui Arabia Saudita, Russia, Iraq, Kuwait, Kazakistan, Algeria e Oman, si sarebbero accordati per aumentare la loro produzione congiunta di petrolio di 411.000 barili al giorno a maggio, ben più dei 150.000 barili stimati dal mercato sulla falsariga di quanto avvenuto in aprile.
In estrema sintesi, questo terzetto di motivazioni ha più che compensato l’effetto positivo del riacquisto di azioni, quello che in gergo viene chiamato buyback. Ciò nonostante, anche alle quotazioni attuali, il titolo merita ancora ri resta in portafoglio. Mantieni.
Attendi, stiamo caricando il contenuto