Manovra 2026, cosa può cambiare per banche e azionisti

Manovra 2025, cosa può cambiare per banche e azionisti
Manovra 2025, cosa può cambiare per banche e azionisti
La nuova tassazione prevista dalla nuova manovra rappresenta un passaggio importante per il sistema bancario italiano. Dopo le accese discussioni del 2023 sulla cosiddetta “tassa sugli extraprofitti” e le modifiche introdotte nel 2024, il governo ha scelto una strategia diversa: non più un prelievo diretto sui guadagni straordinari, ma un’imposta mirata sugli utili accantonati negli ultimi anni per rafforzare il patrimonio delle banche.
Nel 2023 la tassa sugli extraprofitti era nata con l’obiettivo di colpire i guadagni eccezionali derivanti dal rialzo dei tassi d’interesse deciso dalla Banca centrale europea. L’idea era semplice: se le banche avevano aumentato i profitti non per meriti operativi ma per condizioni di mercato favorevoli, una parte di quei guadagni doveva contribuire alle finanze pubbliche.
La misura, però, si rivelò complessa. L’annuncio generò forti reazioni negative sui mercati, con un calo dei titoli bancari e tensioni con la Bce. Molti istituti preferirono accantonare gli utili invece di pagare subito l’imposta, riducendo il gettito previsto ma rafforzando la loro solidità patrimoniale. Nel 2024 quella tassa fu di fatto trasformata in un “contributo di solidarietà”, con impatto più limitato.
L'attuale proposta introduce una tassazione una tantum sugli utili che le banche avevano accantonato nel 2023, per un totale di circa 6 miliardi di euro. L’obiettivo è “liberare” queste somme attraverso un meccanismo chiamato affrancamento: gli istituti potranno sbloccare questi fondi – ad esempio per distribuirli come dividendi – pagando un’imposta ridotta, compresa tra il 27,5% e il 30%.
In ambito fiscale, affrancare significa liberare un valore da future imposte o restrizioni contabili, versando una tassa sostitutiva. Nel 2023, molte banche avevano scelto di accantonare gli utili anziché distribuirli, per evitare la tassa del 40% sugli extraprofitti. Con la manovra il governo propone ora di rendere quei capitali utilizzabili:
“Se vuoi aprire quella cassaforte e usare quei soldi – ad esempio per pagare dividendi agli azionisti – puoi farlo, ma devi versare una tassa ridotta.”
A differenza della misura del 2023, l’affrancamento non sembrerebbe essere facoltativo. Chi decidesse di non aderire potrebbe essere soggetto in futuro a una tassazione aggiuntiva sui dividendi collegati a quelle riserve, maggiorata da interessi e penalità. L’obiettivo è evitare che parte degli utili resti bloccata o esente da imposte.
Il governo prevede di incassare circa 2,8 miliardi di euro da questa misura e oltre 4 miliardi complessivi, includendo anche il rinvio di alcune deduzioni fiscali e l’imposizione su riserve residue non ancora distribuite.
La nuova imposta non colpisce genericamente i guadagni “extra” delle banche, ma si concentra su risorse già accantonate e ora sbloccabili a fronte di un prelievo ridotto. Si tratta di un compromesso: lo Stato ottiene un gettito certo, mentre gli istituti possono utilizzare fondi finora immobilizzati, anche per remunerare gli azionisti.
In sintesi, le banche potranno scegliere di pagare oggi una tassa più bassa per poter distribuire in futuro gli utili accumulati nel 2023. Se non lo faranno, scatterà automaticamente una tassazione più alta sui dividendi futuri, con interessi e penalità.
Per gli istituti di credito, la misura potrà avere effetti diversi. Da un lato comporterà un costo fiscale immediato, che inciderà sui risultati di bilancio del 2025. Dall’altro, permetterà di liberare risorse vincolate, aumentando la flessibilità nella gestione del capitale e nella distribuzione degli utili.
Chi aderirà all’affrancamento vedrà ridursi leggermente il proprio patrimonio netto, poiché le riserve finora bloccate verranno in parte utilizzate o distribuite. Per i grandi gruppi bancari l’impatto dovrebbe essere limitato, mentre per gli istituti più piccoli potrebbe essere necessario un approccio più prudente.
Gli azionisti potrebbero beneficiare della misura nel breve periodo. L’affrancamento consentirà infatti di distribuire dividendi straordinari, cioè somme aggiuntive rispetto a quelle ordinarie, generate dal rilascio delle riserve patrimoniali.
Nel medio periodo, tuttavia, alcune banche potrebbero decidere di contenere la distribuzione dei profitti, per ricostituire i livelli di capitale ridotti dal pagamento dell’imposta. L’effetto complessivo dipenderà anche dall’andamento dei mercati: nel 2023 l’annuncio della tassa sugli extraprofitti provocò forti flessioni dei titoli bancari, ma questa volta il quadro appare più prevedibile e le aliquote più basse potrebbero attenuare le reazioni negative.
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