Private Equity, la sfida dei colossi tra utili e nuovi rischi
Nel panorama del private equity (l’investimento in società perlopiù non quotate) oggi convivono visioni, strategie e rischi diversi.
Nel panorama del private equity (l’investimento in società perlopiù non quotate) oggi convivono visioni, strategie e rischi diversi.
Nel panorama del private equity (l’investimento in società perlopiù non quotate) oggi convivono visioni, strategie e rischi diversi, ma il filo conduttore resta di investire i capitali in nuove occasioni di crescita, gestire disinvestimenti e liquidità in un contesto mutevole, e farlo spesso in aree “non convenzionali” come il credito privato o gli scambi secondari.
Qui di seguito vediamo alcuni dei più grandi operatori quotati che combinano attività di investimento diretto, gestione di fondi e strutture più articolate (joint venture, attività infrastrutturali, private credit). Sono tra i principali target in cui vanno a investire i fondi e gli Etf del settore. Ognuna di queste realtà affronta oggi sfide specifiche: dal reperimento del debito al mantenimento del valore dei portafogli, dalla pressione sulle valutazioni alla capacità di innovare in un contesto competitivo sempre più affollato.
Tra i protagonisti con peso rilevante, 3i Group (4.385 pence, all’8/10; Isin GB00B1YW4409) continua a puntare su Action, un discount paneuropeo che rimane la spina dorsale del suo portafoglio: nel corso del 2025 Action ha registrato una crescita fino a fine giugno, con oltre un centinaio di nuove aperture, e nel bilancio trimestrale più recente un buon guadagno nei nove mesi. Sul versante disinvestimenti, 3i ha venduto MPM generando proventi per circa 400 milioni di sterline, con rendimenti di quasi il 30%. Parallelamente, valuta cessioni di Evernex, società francese della manutenzione per data center, per alleggerire l’esposizione in settori più ciclici. Sulla base di dati di consensus (fonte Refinitiv) degli utili attesi a 12 mesi il rapporto prezzo / utili viaggia intorno a quota 6,8. Quello prezzo / valore contabile a quota 1,3.
EQT AB (346 corone svedesi all’8/10; Isin SE0012853455) ha scelto una mossa rilevante nel mercato: alla fine del 2024 ha siglato con Blackstone Credit & Insurance una joint venture da 3,5 miliardi di dollari, con cui ha monetizzato titoli del settore infrastrutture e ridotto indebitamento netto, mirando a portarlo a circa 9 miliardi nel corso dell’anno. Quell’operazione ha permesso a EQT di diminuire l’effetto leva (e quindi il rischio) del bilancio, restando comunque grande protagonista negli idrocarburi regolati ma alleggerendo l’impatto delle pressioni finanziarie. Sulla base di dati di consensus degli utili attesi a 12 mesi il rapporto prezzo / utili viaggia intorno a quota 25. Quello prezzo / valore contabile a quota 4,6.
Ares Capital Corp (19,67 dollari Usa; Isin US04010L1035) in quanto società statunitense focalizzata su prestiti diretti, mostra segnali di stress sui margini: nel secondo trimestre 2025 il reddito netto da investimenti è calato, con un incremento delle posizioni non performanti. Ares ha tuttavia mantenuto un buon livello di copertura che le concede una certa flessibilità finanziaria. Inoltre, ha emesso titoli per rifinanziare parte del debito e c’è stato un cambio al vertice. Anche il dividendo trimestrale è rimasto stabile. Sulla base di dati di consensus degli utili attesi a 12 mesi il rapporto prezzo / utili viaggia quasi a quota 10,5. Quello prezzo / valore contabile a quota 1.
Ares Management (149,8 dollari; Isin US03990B1017) sta espandendo le sue attività: recente è l’operazione da circa 2,9 miliardi di dollari con EDPR per acquisire una quota del 49 % in una piattaforma di energie rinnovabili statunitensi, rafforzando il posizionamento nelle infrastrutture green. In Italia ha aperto un ufficio a Milano per potenziare le sue attività, mentre è in corso una trattativa per acquisire circa il 20 % di Plenitude (ENI) per circa 2 miliardi di euro, segnalando l’interesse verso l’energia e la transizione. Sulla base di dati di consensus degli utili attesi a 12 mesi il rapporto prezzo / utili viaggia intorno a quota 25. Quello prezzo / valore contabile oltre quota 4.
Partners Group Holding (1.038,5 franchi svizzeri; Isin CH0024608827) gioca un ruolo più discreto, ma si è mostrata attiva e selettiva nelle acquisizioni. L’acquisto di MPM (da 3i) è un esempio: Partners si posiziona come interlocutore per quei fondi che vogliono monetizzare posizioni non al centro delle loro strategie, avvalendosi di conoscenze nel mondo alternativo e della capacità di attrarre capitale globale su grandi piattaforme europee. Sulla base di dati di consensus degli utili attesi a 12 mesi il rapporto prezzo / utili viaggia intorno a quota 20. Quello prezzo / valore contabile oltre quota 15,5.
KKR & Co (124,73 dollari Usa; Isin US48251W1045) resta una delle società di private equity tra le più visibili e attive. Nel 2025 ha presentato un’offerta da 4 miliardi di sterline per una partecipazione in Thames Water, ma poi si è ritirato dall’operazione a giugno. Ha invece portato a termine l’acquisizione di OSTTRA, una piattaforma post-trading (servizi post-negoziazione), per circa 3,1 miliardi di dollari. Sulla base di dati di consensus degli utili attesi a 12 mesi il rapporto prezzo / utili viaggia poco sotto quota 20. Quello prezzo / valore contabile sotto quota 3.
Blackstone (164,2 dollari Usa; Isin US09260D1072) ha partecipato alla grande operazione di joint venture da 3,5 miliardi di dollari con EQT, entrando come partner finanziario nel segmento delle infrastrutture energetiche, trasporto e stoccaggio di gas e petrolio. Sulla base di dati di consensus degli utili attesi a 12 mesi il rapporto prezzo / utili viaggia sopra 26. Quello prezzo / valore contabile oltre 11.
Apollo Global Management (124,8 dollari Usa; Isin US03769M1062) continua a muoversi su più fronti: lo scenario 2025 ha visto pressioni sui margini e difficoltà nei disinvestimenti. Tuttavia, è rimasta attiva nel lancio di fondi alternativi. Sulla base di dati di consensus degli utili attesi a 12 mesi il rapporto prezzo / utili è a 14. Quello prezzo / valore contabile è 2,2.
ICG (ex Intermediate Capital Group; 2.176 pence; Isin GB00BYT1DJ19) è meno citata in grandi annunci, ma il suo posizionamento nel debito privato e nelle operazioni speciali è ben noto: nel contesto attuale resta concentrata sul credito alternativo, dove la domanda da parte di imprese con accesso bancario limitato è cresciuta. Non ci sono operazioni recenti degno di nota, il che suggerisce che stia operando in modo più selettivo dietro le quinte, in un segmento dove la pressione competitiva è alta ma anche le barriere all’entrata sono più elevate. Sulla base di dati di consensus degli utili attesi a 12 mesi il rapporto prezzo / utili è 12. Quello prezzo / valore contabile è intorno a 2,2.
Come puoi osservare si tratta di società che, se confrontate a livello di multipli con le medie mondiali (rapporto prezzo/ utili attesi a 12 mesi a quota 18,5 e valore contabile su dati storici a quota 2,55) non sono particolarmente convenienti. Questo non deve stupire: si tratta di titoli che permettono un investimento azionario su segmenti particolarmente reattivi alla situazione economica mondiale, cosa che si vede chiaramente dall’Etf quotato a Milano che vi investe, Xtrackers LPX Private Equity (128,38 euro; Isin LU0322250712), il cui beta, una misura della sensibilità di un prodotto finanziario rispetto alle variazioni di mercato è a quota 1,6 (cioè tende ad amplificare del 60% in bene e in male le variazioni di mercato).
In passato ve lo abbiamo consigliato per scommettere sulle azioni non quotate mondiali. Ora viene da mesi di debolezza (-1,4% contro su un anno, dati calcolati al 7/10), pur in un contesto di crescita dei mercati (+12,4% delle Borse mondiali), segno che ha anticipato molte delle incertezze portate dalla stagione dei dazi americani sulle economie mondiali. Tra l’altro buona parte di questo calo è maturata proprio negli ultimi tre mesi (-3,2% contro il +8,8% delle Borse mondiali). Tra i fattori di debolezza segnaliamo i tassi che sono più elevati che in passato e che rendono il debito più caro e riducono i margini. Senza un allentamento monetario, la leva resta un freno ai rendimenti. Inoltre, le exit (cioè quando il private equity monetizza i suoi investimenti) rallentano e i fondi vendono meno che in passato. Poi, lo si vede dai multipli che abbiamo visto, probabilmente molte società in portafoglio sono state pagate care, con crescita debole, i rendimenti potrebbero comprimersi. Inoltre, nuove regole su trasparenza e leva potrebbero aumentare i costi operativi e ridurre la flessibilità dei gestori globali. Per questo, pur nelle prospettive di un mercato azionario globale alla lunga premiante, confermiamo il consiglio mantieni.
Attendi, stiamo caricando il contenuto