La lezione della vite

Settembre è il mese della vendemmia, e di quel rito collettivo che trasforma il vino da semplice prodotto agricolo a simbolo culturale e identitario.
Settembre è il mese della vendemmia, e di quel rito collettivo che trasforma il vino da semplice prodotto agricolo a simbolo culturale e identitario.
Un’imposta “a distanza” che viaggia con il vetro, il sughero, le botti e si deposita nello scontrino del consumatore finale. Gli Usa hanno imposto dazi minimi del 10% su tutte le importazioni vinicole, che salgono al 20% per Italia, Francia, Spagna e Germania e addirittura al 30% per il Sudafrica. Colpiti dai dazi sono pure le botti di rovere, i tappi, il vetro e tutto ciò che fa parte della filiera, con il risultato che le aziende Usa dovranno alzare i prezzi. A pagare non saranno, dunque, solo gli esportatori italiani, ma tutti i cittadini americani che amano il vino, e che si troveranno ad avere a che fare con un balzo inflattivo che ne modellerà le abitudini rendendo l’enoteca un lusso per pochi. Certo, c’è una buona probabilità che i dazi si profilino più come uno shock di prezzo una tantum che come l’inizio di una vera e propria spirale inflazionistica (è il parere della Fed), ma vale comunque la pena ricordare che questi contesti ci ricordano l’importanza di avere almeno una piccola quota di azioni in portafoglio. Le azioni sono “beni reali”, che più di altre forme di investimento resistono bene al carovita. Per questo, anche in contesti contradditori come quello che viviamo, restano una componente che in misura variabile deve essere presente nei vostri investimenti. Proprio come la vite (che resiste, si adatta e produce), anche un portafoglio ben diversificato ha la capacità di reggere meglio agli scossoni del tempo.
Alessandro Sessa
Direttore responsabile Investi
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