Estate positiva (ma non in Cina)

Analisi
Analisi
In luglio e agosto le Borse mondiali han messo su il 3,2% in euro, dividendi inclusi, e i titoli di Stato mondiali sono saliti del’1,6%. Hanno guidato la marcia delle azioni Stoccolma (+6,8%), Zurigo (+6,1%) e New York (+5,3%). È stata buona la crescita nell’eurozona (+3,7%, con Milano a +3,6%), così come a Londra (+3%) e Jakarta (+3,4%). Risultati positivi, ma sotto la media sono venuti anche da Mosca (+2,9%), Tokio (+2,5%), Toronto (+1,1%) e Sidney (+0,7%), mentre un dato in rosso è venuto da Seul (-4,9%) e, soprattutto, dalle Borse cinesi (-15,6%). A queste ultime troviamo doveroso dedicare un approfondimento (lo trovi nella pagina qui a fianco). Sul fronte obbligazionario i titoli di Stato cinesi hanno fatto, invece, bene con un +2%, come bene sono andati quelli giapponesi (+1,6%) e Usa (+1,7%), mentre sono rimasti più indietro quelli dell’eurozona (+1,2%), svedesi (+0,5%) e soprattutto quelli norvegesi (-0,2%). I bond societari in euro hanno reso lo 0,7%, quelli in dollari Usa l’1,5%. Risultati simili per i titoli ad alto rendimento in euro (+0,7%) e in dollari Usa (+1,4%).
CAMBIAMENTI DI CONSIGLIO
Amundi barclays us corp. Bbb 1-5 (lu1525418726) e pimco us low dur corp bond (ie00bp9f2h18) passano da mantieni a vendi,
I NOSTRI PORTAFOGLI RESTANO INVARIATI
Sono stati mesi positivi, ma non sono mancati i problemi: la pandemia non è finita e si fa strada l’idea che presto la Fed ridurrà gli stimoli all’economia, ma, salvo il caso della Cina che, come hai visto, è pesato sui mercati, tutte queste preoccupazioni sono passate in secondo piano. In questo contesto i nostri modelli di valutazione dei mercati spingono per una riduzione delle azioni europee (in cambio dovremmo acquistare titoli messicani) nel portafoglio Equilibrato e in quello Dinamico e per un incremento delle azioni cinesi (a scapito di quelle australiane) nel Dinamico. Non indicano, invece, ancora chiaramente un cambio di strategia (cioè una variazione del peso di azioni e obbligazioni) nella direzione di optare per un profilo di rischio più basso (meno azioni). Il Messico ci pare ancora una scelta rischiosa e al contempo l’Europa resta sia una meta più solida, sia un investimento, per così dire, inevitabile per un risparmiatore europeo. Per quanto riguarda la Cina, il 5% è già una esposizione sufficiente a questo Paese, tanto più che l’economia australiana in cui già investi è comunque molto esposta alla Cina. Per questi motivi, questo mese non cambiamo i nostri portafogli.
UNO STATO INTERVENTISTA
I timori degli investitori e il calo dei mercati cinesi negli ultimi mesi sono legati agli interventi delle autorità nei confronti dei giganti tecnologici: pechino è più a suo agio con la crescita “guidata” dall'industria tradizionale che con l'ascesa del settore tecnologico, che pone diverse sfide. Ant group (controllata da alibaba), che voleva offrire servizi finanziari evitando i vincoli sulle banche cinesi, è stata la prima vittima. Pechino è poi passata al controllo dei dati personali, alla gig economy (come la consegna a domicilio, che aumenterebbe la disuguaglianza) spingendo perché il salario minimo si applichi anche ai lavoratori del settore, all'applicazione di leggi antimonopolio e a colpire attività considerate dannose per il modello di società cinese (videogiochi). Vedi anche pagina 20 per un punto sulle società cinesi.
E I FONDI SETTORIALI?
In queste settimane stiamo preparando una analisi sui vari settori azionari mondiali per decidere se confermarti o meno le nostre attuali preferenze in termini di fondi che hanno una strategia d’investimento “per settore”, anziché “per paese”. Torneremo presto sul tema, tu continua a seguirci.
Le Borse cinesi han perso terreno: Che succede?
La cina ha gestito bene la prima ondata di covid ed è cresciuta del 2,3% nel 2020. Anche i dati resi noti a inizio agosto non erano male, con un aumento a luglio delle vendite al dettaglio dell'8,5% su base annua, investimenti in crescita del 10,3% nei primi 7 mesi e un tasso di disoccupazione del 5,1% a luglio. Indicavano, però, una crescita sotto le attese (elevate) di molti osservatori, penalizzata dal fatto che i consumatori occidentali, dopo il lockdown, stavano orientando la loro spesa verso i servizi e non verso i beni di consumo (tipicamente “made in china”). Agosto ha confermato le difficoltà: secondo i primi dati il dinamismo dell’economia ha rallentato notevolmente. Nelle grandi imprese statali del settore manifatturiero, l'attività era praticamente ferma al mese precedente. L'attività manifatturiera è stata la meno dinamica da febbraio 2020, quando la produzione era crollata per il covid. L'impennata dei prezzi dei beni produttivi, le restrizioni imposte dalle autorità per ridurre le emissioni di carbonio, ma anche la recrudescenza di importanti focolai, hanno rallentato l'attività. La chiusura parziale del 2° più grande porto container della cina ha interrotto il commercio. La situazione è ancora più difficile nel settore dei servizi, con ad agosto un calo dell'attività per la prima volta da febbraio 2020: è un risultato diretto delle restrizioni messe in atto per contenere la diffusione della variante delta, come la limitazione dei viaggi e le quarantene su larga scala. È, quindi, ora di lasciare la cina? No: nei prossimi trimestri e anni, la cina rimarrà una delle economie più dinamiche al mondo. Prevediamo ancora che il 2021 si concluda con un pil a +8,4% (+5,5% nel 2022 e +5,3% nel 2023). Colpiti negli ultimi mesi dall'interventismo delle autorità di pechino, in particolare nel settore tecnologico (vedi a fianco), i mercati azionari cinesi presentano una valutazione interessante e sono adatti a una piccola diversificazione attraverso questo grande paese all’interno di un portafoglio di tipo equilibrato o dinamico.
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