Borsa russa: un pieno di energia per il tuo portafoglio

Analisi Borsa russa
Analisi Borsa russa
Sono diversi anni che la Borsa russa sta salendo. Lo ha fatto, in particolare, dal 2017, quando ha cominciato a dare i suoi frutti la strategia della “fortezza” (vedi riquadro): per superare le sanzioni internazionali e non rivivere le crisi finanziarie ed economiche del passato, le autorità russe hanno messo al riparo la loro economia dagli shock esterni.
La credibilità della Banca centrale e la prudenza della politica fiscale hanno reso stabile la quotazione del rublo nei confronti dell’euro, dopo che nel 2014 la valuta russa aveva perso metà del suo valore nel giro di pochi mesi. Oltre a questo, il Paese vanta un rapporto debito/Pil (la ricchezza prodotta) fermo al 20% e un debito con l’estero pari al 27% del Pil, quando era del 40% solo cinque anni fa.
Protagonisti petrolio e gas
Ma l’aspetto più rilevante e più eclatante della “rinascita” russa è nel settore energetico. Ben prima delle attuali tensioni, il successo di Mosca è stato l’accordo nel 2016 con i membri dell'OPEC (l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, vedi qui sotto) per regolamentare il mercato.
OPEC+
Insieme, i 14 paesi dell'OPEC, la Russia e altri nove Paesi produttori di petrolio costituiscono quello che si chiama OPEC+. Hanno il controllo del 55% della produzione mondiale e del 90% delle riserve di petrolio e ciò conferisce a questa organizzazione, dove la Russia gioca un ruolo determinante, un'influenza sul mercato petrolifero mai ottenuta prima.
Questo cartello allargato ha sostenuto i prezzi del petrolio negli ultimi anni, impedendo, però, un'impennata che avrebbe innescato un altro boom destabilizzante della produzione di petrolio di scisti negli Stati Uniti. Il coinvolgimento della Russia nel cartello non ha impedito alla produzione russa di raggiungere nel 2019 il suo livello più elevato dal 1991 e dalla caduta dell'Unione Sovietica. La Russia si è, così, aggiudicata il 2° posto al mondo nella classifica dei produttori di petrolio.
Nel gas il ruolo della Russia è ancora maggiore: rappresenta il 20% della produzione mondiale e, soprattutto, una quota preponderante delle esportazioni. Con l’aumento dei prezzi, il gas inviato all’Ovest è diventato più redditizio e Mosca ha tutte le carte in regola per garantire l’avvenire al suo settore del gas, in particolare spingendo per la conclusione di contratti a lungo termine con i Paesi europei interessati a garantirsi l'approvvigionamento.
Con la ripresa dell’economia globale, l'OPEC+ ha deciso di aumentare ogni mese la produzione e il prossimo anno la produzione russa di petrolio tornerà a livelli pre-Covid. Anche il settore del gas sta aumentando la produzione per soddisfare la domanda estera e il settore dell'estrazione e lavorazione del minerale sta beneficiando dell'impennata dei prezzi. Risultato di tutto questo: l'aumento dei prezzi degli idrocarburi e delle esportazioni fa aumentare i profitti delle aziende russe e le rende più attraenti agli occhi degli investitori.
Più del 40% del gas importato dall'Unione Europea (Ue) proviene dalla Russia, che beneficia doppiamente dell'attuale crisi energetica.
Scommettiamo sul Paese
Anche se la Borsa russa è gia salita del 50% nel confronto con gli ultimi cinque anni, secondo noi non è tardi per guadagnarci. La ripresa economica a livello globale continuerà a sostenere la domanda e i prezzi delle materie prime, mentre un eventuale allentamento delle sanzioni internazionali potrebbe rivitalizzare anche altri settori della sua economia.
Il settore energetico rappresenta il 50% della capitalizzazione complessiva di questa Borsa e gli investitori vogliono approfittarne.
Secondo noi, la Borsa di Mosca è interessante, ma anche rischiosa: è infatti presente nei nostri portafogli Equilibrato e Dinamico solo per il 5%. Ti suggeriamo e puoi acquistare il fondo Amundi Funds Russian Equity (9,36 euro, Isin LU1883868140) oppure puoi scegliere l’Etf iShares MSCI Russia (160,32 euro, Isin IE00B5V87390), l’Etf Lyxor MSCI Russia UCITS (56,99 euro, Isin LU1923627092) e, nel caso ti voglia costruire un portafoglio per una rendita, come suggerito su AF 1433, l’Etf Invesco RDX UCITS ETF Dist (166,67 euro, Isin IE00B5NDLN01).
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UNA FORTEZZA FISCALE
A livello di bilancio, le Autorità russe hanno adottato un approccio molto prudente, definito appunto, la “fortezza”: dal 2017, la spesa federale, escluso il pagamento degli interessi sul debito pubblico, non può superare le entrate, che dipendono principalmente dai prezzi dell'energia. E i prezzi considerati sono volutamente bassi: per quest’anno il prezzo di riferimento del greggio è stato fissato a 43,5 dollari per al barile, mentre ha superato il prezzo di mercato di 60 dollari nella prima metà dell'anno ed è oggi a oltre 80 dollari. E quando il prezzo del petrolio supera il prezzo di riferimento, le entrate in eccesso vengono trasferite al National Wealth Fund e investite in attivi esteri. In caso contrario, il governo russo può attingere alle riserve per autofinanziarsi. Questa regola fiscale mitiga l'effetto ciclico dei prezzi del petrolio sull'economia russa. Nonostante la crisi per il Covid-19 e il crollo della domanda mondiale di energia, il Pil russo è sceso così solo del 3% nel 2020 contro un calo del 6,3% nell'area euro. Altro pilastro della strategia della “fortezza” è la Banca centrale russa, che persegue una politica credibile e indipendente per centrare il suo obiettivo di inflazione al 4%. A marzo, ad esempio, ha alzato i tassi ufficiali per contenere l'ondata di pressioni inflazionistiche. Si tratta di una politica che rassicura gli investitori ed evita le crisi finanziarie.
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