L’investimento sartoriale e fai da te inizia a diffondersi negli Stati Uniti

Investimento fai da te
Investimento fai da te
Grazie alla diffusione delle fintech (società tecnologiche che si occupano di prodotti finanziari) oggi stanno diventando possibili forme d’investimento che solo 5 o 10 anni fa non credevamo possibili, o per lo meno accessibili al grande pubblico. La più recente è l’acquisto diretto di interi indici di Borsa.
Un indice di Borsa è un paniere di azioni che descrive i caratteri salienti di quella Borsa (per questo parliamo di “fotografia”): in genere è composto dai titoli più rilevanti per capitalizzazione (numero delle azioni per il loro prezzo), il che aiuta a gettare un occhio oltre che sulla loro importanza anche alla loro liquidità (se sono facili da scambiare o meno).
UN DISCORSO CHE PARTE DA LONTANO
In principio erano i fondi comuni. Tu davi i soldi a un gestore e questo comprava al posto tuo le azioni permettendoti di investire in Borsa diversificando su tantissimi titoli anche con un piccolo capitale. Si trattava di mettere sul piatto pochi milioni di lire, cifra che col passare degli anni è divenuta via via più popolare fino agli attuali 50 euro (le vecchie 100.000 lire). La storia dei fondi non è stata, tuttavia, sempre vincente. Col tempo si è capito che non tutti i gestori sono bravi; anzi, spesso un investimento che si limita a fotografare il mercato così com’è, senza cercare di batterlo con gestioni professionali, funziona molto meglio di un fondo e ha costi assai più bassi. Ed è così che ormai una ventina di anni fa negli Usa sono nati gli Etf, i prodotti che tutti oggi conosciamo e a cui oggi affidiamo i nostri soldi. Da noi sono arrivati dopo rispetto all’America, ma sono proliferati e oggi puoi investire in mille modi diversi, da un indice che punta su Piazza Affari a uno che lo fa sulla Borsa vietnamita. I creatori degli Etf hanno tre modi per crearli: replica fisica completa (comprano tutti i titoli dell’indice di mercato che vogliono replicare); replica fisica campionaria (comprano un po’ di titoli, non tutti, ma li scelgono in modo che il comportamento dell’Etf eguagli l’indice); replica sintetica (non comprano i titoli dell’indice per forza, ma si servono di un contratto detto swap per riprodurre esattamente l’andamento dell’indice). Ad oggi tentare di replicare una simile strategia con il fai da te era impossibile. Ma le fintech ci hanno messo lo zampino…
Una forte limitazione sono gli importi minimi da acquistare per una azione. Un titolo Tesla, per esempio, da solo costa più di 900 dollari Usa. Per ovviare a questi problemi in genere quando le azioni salgono troppo sul mercato vengono divise (cosiddetto split) in più pezzettini, per esempio dividendole per 10. Negli Usa oltre a tutto ciò è pure possibile comprare anche frazioni di azioni tramite i servizi di trading.
Robin Hood ha aperto nuove prospettive
Gli ostacoli per investire replicandosi in casa un indice di Borsa sono diversi: il primo è che, a seconda del numero di titoli inclusi nell’indice che si vuole ricreare, occorre avere un bel po’ di soldini in tasca. Già il Ftse Mib sono 40 titoli, ma lo S&P 500 sono ben 500… insomma non è roba che compri con 100 euro. È però un limite che si può superare se si dispone di un patrimonio discreto. Già con 100.000 euro non è impossibile tentare una indicizzazione (almeno con gli indici più semplici, fatti di meno titoli). Qui interviene, però, un secondo problema, di tipo pratico: tante compravendite non si fanno in un istante, però le azioni in Borsa si muovono di continuo, per cui si rischia di fare la foto all’indice di Borsa assai imprecisa. Si può sopportare, ma poi arriva il terzo problema su cui casca l’asino: i costi. Mettere in piedi anche solo il Ftse Mib significa compravendere 40 titoli, alcuni per somme piccoline, e questo è un bagno di sangue di spese. Tanto più che poi questi acquisti vanno manutenuti. Ecco perché sono nati gli Etf: fanno tutto questo per te a uno 0,2% annuo. Col diffondersi dell’online il problema cruciale dei costi è, però, calato finché non sono arrivate negli Usa le prime piattaforme di compravendita che permettevano acquisti di azioni a zero spese (vedi nostro articolo su Robinhood in AF n° 1256). Con le zero spese (a patto che gli spread, i costi occulti di compravendita titoli, siano contenuti) il maggior problema dell’acquisto diretto di titoli veniva meno. Ora sono sempre più i servizi che negli Usa danno questa possibilità.
Come nel caso degli Etf con replica fisica campionaria, è possibile comunque ricostruire indici composti da tantissime azioni (come lo S&P 500) acquistando solo una selezione dei titoli che vi sono contenuti, scelti in maniera opportuna. Per farlo è ovviamente necessario uno strumento tecnico che aiuti a capire come fare questa scelta.
I VANTAGGI di questo acquisto diretto
Il primo vantaggio di questa strategia è che in presenza di compravendite a costo zero si finisce per pagare meno che per un Etf. Visto che stiamo già parlando di cifre piccole (anche uno 0,2% annuo) questo di per sé non giustifica da solo il passaggio al direct investing, anche perché non è ancora detto che chi offrirà questo servizio dia sì compravendite a costo zero, ma poi si faccia pagare per esempio un piccolo canone. C’è comunque dell’altro. Ed è la personalizzazione. Vuoi investire nel listino italiano, ma pensi che ci siano troppi titoli finanziari? Col direct investing puoi modificare l’indice a tuo piacimento, per esempio, mettendo un tetto ai finanziari. Vuoi solo titoli che seguano criteri ESG scelti da te? Puoi escludere i titoli non in linea con le tue convinzioni. Insomma, hai davvero la possibilità di farti un indice fai da te. E poi che dire della fiscalità? Se ci pensi bene l’investimento diretto in azioni ti permette di compensare minusvalenze e plusvalenze in una maniera al momento impossibile con l’ordinamento fiscale attuale.Attendi, stiamo caricando il contenuto