Giappone, una dipendenza energetica da superare

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Un'economia che si è di nuovo indebolita
Negli ultimi dodici mesi l'economia nipponica ha avuto un andamento altalenante. Nel 2021 il Pil (Prodotto interno lordo, cioè tutta la ricchezza prodotta nel Paese) non è cresciuto per due trimestri consecutivi. La scarsità di componenti ha penalizzato così tanto la produzione industriale che giganti giapponesi come, per esempio, la Toyota, hanno talvolta dovuto bloccare la produzione, chiudendo persino le fabbriche per la carenza di forniture. I consumi hanno seguito l'andamento della pandemia di Covid-19, scendendo ad ogni aumento dei contagi.
Per far riprendere l’economia, il governo giapponese ha elaborato un importante piano di risanamento, che quest'anno avrebbe dovuto dare i suoi frutti. Purtroppo, lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina ha complicato il quadro. Anche se il Giappone è molto distante dall’Ucraina, Ma la grande dipendenza energetica dell'arcipelago giapponese, praticamente del tutto privo di risorse naturali, lo rende vulnerabile alle conseguenze del conflitto.
Una fattura energetica insopportabile?
Prima dell'incidente di Fukushima, del 2011, 54 reattori nucleari fornivano il 30% dell'elettricità del Paese, percentuale che doveva raggiungere il 40% nel 2017. Ma oggi, con solo 10 reattori in funzione, solo poco più del 5% dell'elettricità consumata nel Paese è prodotta dal nucleare; le centrali elettriche a gas e a carbone hanno preso il sopravvento e il Giappone importa quasi il 90% del proprio fabbisogno di energia. L'aumento dei prezzi del gas rappresenta quindi una pessima notizia per il Paese: rischia di far precipitare la bilancia commerciale (è la differenza tra le importazioni e le esportazioni di un Paese) già di rado in attivo dal disastro di Fukushima.
Al di là dell'aumento della bolletta energetica, è la stessa fornitura di elettricità ad essere minacciata dalla guerra in Ucraina. Sotto la pressione dei suoi partner occidentali, il Giappone - che importava massicciamente il carbone e il gas di cui aveva bisogno dalla Russia – ha accettato, infatti, di ridurre gradualmente le importazioni da questo Paese. Ma, visto che il carbone russo è difficile da rimpiazzare, ciò rischia di indebolire ulteriormente la già precaria produzione di elettricità del Paese.
A questo si sono aggiunti i terremoti del mese di marzo - fenomeno che accade spesso in questo Paese – che hanno fatto chiudere alcune centrali termoelettriche. Per evitare interruzioni di corrente su larga scala, le autorità hanno chiesto ai cittadini di ridurre i propri consumi di almeno il 10%. Senza il carbone russo, la disciplina collettiva non basterà ad evitare una carenza di elettricità, che rappresenterebbe un ulteriore problema per la produzione industriale, le esportazioni e per il bilancio del Paese stesso.
Lo yen non è più una moneta rifugio?
Il peggioramento della situazione economica e finanziaria preoccupa gli investitori, e ciò si è tradotto in un forte deprezzamento dello yen, ai minimi sul dollaro Usa dagli ultimi 20 anni. Nelle ultime settimane la valuta giapponese si è deprezzata anche nei confronti dell’euro, che ha risentito della guerra in Ucraina. Lo yen è sempre stato considerato una valuta rifugio in tempo di crisi perché i giapponesi riportavano in Giappone il denaro investito all’estero. Oggi è diverso: gli investitori giapponesi preferiscono un altro porto sicuro, i titoli del debito statunitense.
Con gli interventi della Banca centrale giapponese per mantenere i tassi d’interesse intorno allo zero e la Banca centrale Usa che, invece, sta rialzando i tassi d’interesse a un ritmo serrato, il differenziale tra i tassi di interesse giapponesi e americani si è ampliato rapidamente nelle ultime settimane. L'indebolimento dello yen è stato però ben accolto dalle autorità giapponesi, che da anni cercano disperatamente di aumentare l’inflazione. Con una valuta debole, che fa salire il prezzo delle importazioni in yen, sperano infatti che l'inflazione, che era appena allo 0,9% a febbraio, raggiunga finalmente l'obiettivo del 2%.
Degli attivi sempre interessanti
La debolezza dello yen è legata alla particolare situazione economica e finanziaria del momento. Ma, se l'obiettivo di inflazione venisse raggiunto o se il deprezzamento della valuta portasse più svantaggi che vantaggi, la Banca centrale giapponese potrebbe sempre agire, adeguando la sua politica monetaria, per ridare rapidamente smalto allo yen. La valuta giapponese resta comunque strutturalmente forte, anche la bilancia commerciale in deficit, dato che il Giappone è il Paese che ha accumulato più averi all'estero. Lo yen resta una moneta solida, destinata ad apprezzarsi nel lungo termine e che consente di ridurre il rischio complessivo del portafoglio, indipendentemente dal profilo di rischio. In quest’ottica le obbligazioni in yen sono consigliate per il 10% di tutti e tre i nostri portafogli. Puoi investirvi scegliendo l’Etf UBS LFS Bl Brc Jap Treas 1-3Y Bd Ucits jpy Aac (8,606 euro; Isin LU2098179695).
Anche le azioni giapponesi restano interessanti. Nonostante le prospettive economiche del Giappone sono attualmente offuscate dalla crisi ucraina, la debolezza dello yen gioverà in futuro alle grandi società giapponesi operanti sui mercati internazionali, perché rende le esportazioni nipponiche più competitive e per l’effetto cambio positivo sui conti delle società per i profitti realizzati all'estero. Le azioni giapponesi restano in tutti i nostri portafogli. Per investirvi scegli l’Etf Vanguard Ftse Japan ucits Etf usd dist (28,665 euro; Isin IE00B95PGT31).Attendi, stiamo caricando il contenuto