Una nuova bolla immobiliare negli Usa?

Frecce
Frecce
A luglio (ultimi dati disponibili) le vendite di nuove case negli Usa si sono contratte di quasi il 13% rispetto a giugno, facendo registrare il numero più basso degli ultimi sei anni e mezzo. È una contrazione di circa il 30% rispetto a un anno prima. Anche per le case esistenti il calo è forte: circa -6% rispetto ai dati di vendita di giugno e circa -20% rispetto ai dati di luglio di un anno fa. È una flessione che prosegue da inizio anno, ma in questo contesto non solo i prezzi restano alti, ma continuano a salire: a giugno (ultimo dato disponibile) si erano impennati quasi del 19% su un anno prima. Il rialzo è di circa l’11% da fine 2021 e del 44% dal 2019.
Già a giugno 2022 le vendite di case negli Usa non avevano brillato: in particolare, quelle di case nuove erano risultate le più basse degli ultimi due anni.
I prezzi sono saliti nonostante la diminuzione delle vendite principalmente per due motivi. Primo: la ricchezza privata delle famiglie Usa è aumentata durante la pandemia, di conseguenza i venditori di case posson permettersi di “aspettare” a vendere se il prezzo proposto non li soddisfa. Secondo: negli anni scorsi le costruzioni di nuove abitazioni sono andate a rilento, perciò ancora oggi l’offerta è inferiore alla domanda, spinta sia dai giovani che per la prima volta hanno disponibilità sufficiente per l’acquisto di casa, sia dal lavoro agile sempre più diffuso, che sostiene la domanda di case anche in parti del Paese dove finora si era investito poco. Detto ciò, ci sono, però, elementi che non lasciano tranquilli per il futuro. Primo: dopo una piccola discesa rispetto ai valori d’inizio estate, i tassi dei mutui sono tornati a salire e sono su livelli quasi doppi rispetto a quelli di un anno fa.
Si stima che per la metà delle famiglie meno abbienti degli Usa, la ricchezza privata, negli anni di pandemia, sia quasi raddoppiata rispetto a quella che era a disposizione alla fine del 2019.
Il Governo Usa ha concesso ulteriori “agevolazioni” agli studenti per il pagamento dei propri prestiti, ma si tratta di un fenomeno non destinato a durare ancora troppo a lungo.
Non per nulla, tra prezzi che salgono e il maggiore costo dei finanziamenti, l’indice che misura quanto gli americani si possano permettere l’acquisto di una casa (Housing affordability index) è sceso a livelli che non si vedevano da giugno 2006. Secondo: se gli Usa dovessero entrare in recessione parte di quel “tesoretto” accumulato in pandemia potrebbe ridursi, portando gli americani ad accettare prezzi di vendita più bassi.
La casa è una fonte di ricchezza per i consumatori, negli Usa come in altre parti del mondo: per questo quando il mattone trema, tutta l’economia soffre.
Niente panico, ma non investire sul mattone Usa
Sebbene un tracollo drammatico dell’immobiliare Usa come quello che ha portato alla grande crisi delle Borse del 2007/2008 sia difficile (le banche sono state molto più disciplinate nelle concessioni dei mutui rispetto ad allora) il periodo “d’oro” dell’immobiliare Usa sembra al termine. I mercati azionari hanno già fiutato la fine del momento delle vacche grasse e dall’inizio dell’anno i titoli immobiliari Usa han perso circa il 21% in Borsa rispetto a un calo generale di New York del 19% e delle Borse mondiali del 18% (dati in dollari Usa). Già nell’analisi del novembre scorso (vedi n° 1438) ti avevamo detto di vendere gli investimenti sul mattone Usa: da allora l’Etf iShares Us property yield (29,50 euro; Isin IE00B1FZSF77) ha perso il 4,9% (il rafforzamento del dollaro sull’euro rende il risultato meno negativo), che diventa -2,4% tenendo conto dei dividendi (le Borse mondiali hanno perso il 6,7% in euro e dividendi inclusi sullo stesso periodo). Ti ribadiamo anche oggi lo stesso consiglio: non puntare sul mattone americano.
Crown Castle: immobiliare sui generis
In passato abbiamo consigliato le azioni dell’americana Crown Castle (167,76 Usd; Isin US22822V1017): ufficialmente si tratta di una società di natura immobiliare, ma nei fatti affitta e realizza sistemi per le connessioni internet ai grandi operatori telefonici. Le prospettive sono buone: il gruppo sta investendo molto sui sistemi per la connettività a 5G, tecnologia la cui crescita media annua da qui al 2026 dovrebbe essere superiore al 60%, ma i costi e le insidie restano tanti – dopo i conti del secondo trimestre il gruppo ha confermato gli obiettivi per il 2022 sui ricavi, ma ha ridotto leggermente quelli sugli utili. Del resto, una recessione e una crescita dei costi di finanziamento rischiano di rallentare gli investimenti sul 5G. Inoltre, le azioni del gruppo, per quanto immobiliare “sui generis”, tendono spesso a seguire l’andamento dei titoli del settore immobiliare: per questo ti consigliamo di sfruttare l’anomalo andamento migliore registrato rispetto alle altre azioni del settore dalla nostra analisi di novembre (vedi n° 1438) – le Crown Castle hanno perso l’8,7% che però diventa un guadagno del 5,7% grazie alla forza del dollaro e ai dividendi – per vendere definitivamente tutte le azioni Crown Castle che ti sono rimaste (una metà te le avevamo fatte vendere già a luglio 2021, vedi il n° 1423). Solo su questo secondo pacchetto azionario i guadagni, in euro e dividendi inclusi, vanno dal 50% di chi ha comprato a metà novembre 2019 (vedi n° 1341; +48,5% dal primo consiglio del n° 1339) al 18% di chi ha comprato a marzo 2021 (vedi n° 1408, anche in questo il risultato è comunque migliore di quello offerto dalla Borsa Usa, +14%, e dalle Borse mondiali in generale, +9%).
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