Cina: verso la fine di un’era?

Vale la pena investire ancora in Cina?
Vale la pena investire ancora in Cina?
A forza di crescere, la Cina è diventata la principale minaccia all'egemonia Usa: quasi l’unica cosa che mette d’accordo Democratici e Repubblicani è l’intenzione di frenare la sua espansione. Non per nulla Biden ha proibito l’esportazione verso la Cina di semiconduttori prodotti da imprese che hanno legami con gli Usa con il chiaro scopo di mettere in ginocchio la Cina. Tuttavia, se pure le pressioni esterne sono importanti, i problemi interni non mancano.
L’obiettivo zero-Covid non sostiene il morale dei cinesi e pesa sulla popolarità del Governo. Inoltre, negli ultimi anni, le autorità hanno attaccato i giganti tecnologici, i produttori di videogiochi, il sistema di istruzione privato cinese e i promotori immobiliari. Una situazione che ha portato al crollo dei prezzi di Borsa delle società interessate e ad un'enorme distruzione di ricchezza, mentre le restrizioni ai promotori immobiliari hanno pesato su edilizia e settore immobiliare. I tagli ai tassi di interesse non basteranno a rilanciare il mercato interno cinese che, privato del volano rappresentato dagli investimenti residenziali, dall'effetto ricchezza legato a questo settore e dell'attività sul fronte delle costruzioni, è in crisi. E poiché il commercio con l’estero dovrà fare i conti con la recessione in Occidente, la Cina avrà urgente bisogno di trovare nuovi motori di crescita. C'è poi da tenere conto che la volontà di ridurre la dipendenza occidentale dalla Cina è stata accentuata anche dalla pandemia, ma gli investimenti esteri in Cina stanno frenando da diversi anni di pari passo agli aumenti dei salari cinesi e con l’arrivo di altri fornitori di manodopera a basso costo nel commercio globale. E se sul fronte delle riforme non ci sono stati annunci, la pubblicazione dei dati macroeconomici, rimandati di una settimana, sono stati in chiaroscuro: Pil e produzione industriale sopra le attese, ma consumi, disoccupazione e investimenti sono andati peggio.
GLI ULTIMI DATI CINESI
Come detto, non tutti i dati pubblicati dalla Cina sono positivi. Tra i migliori in assoluto spicca quello sulla produzione industriale, cresciuta del 6,3% annuo a settembre, superando nettamente le attese di mercato che prevedevano un +4,5% e segnando una forte accelerazione dal +4,2% di agosto. Si tratta così del quinto mese consecutivo di crescita della produzione industriale e il ritmo più veloce dallo scorso febbraio. Per quanto riguarda il Pil, nel terzo trimestre la Cina è cresciuta del 3,9% annuo facendo così meglio delle attese del mercato (a +3,4%) e mostrando un’ottima accelerazione rispetto al secondo trimestre (+0,4%). Le buone notizie, però, finiscono qua. Infatti, sempre per quanto riguarda il Pil, questi dati dicono che la crescita da inizio anno è del 3%, mentre l’obiettivo ufficiale è del 5,5%: dunque, c’è il rischio che il 2022 si chiuda con una crescita inferiore a quella sperata, tra l’altro già più lenta rispetto ai tassi di crescita del passato. Sul risultato messo a segno da inizio anno pesano le misure contro il Covid, il calo delle esportazioni e il calo del settore immobiliare. I dati che hanno fatto peggio delle attese, invece, sono gli investimenti (+5,9% contro il +6% annuo atteso), le vendite al dettaglio, che sono uno degli indicatori più importanti per quanto riguarda il consumo delle famiglie – e in questo caso il dato è nettamente sotto le attese: +2,5% annuo contro il +3,3% - e la disoccupazione, in aumento al 5,5% dal 5,2% quando ci si aspettava un calo al 5,2%.
Nonostante ciò, però, pensiamo anche che occorra evitare eccessi di pessimismo. Le autorità hanno margini di manovra per rilanciare l’economia: i tassi non sono mai scesi a zero, e il debito pubblico è basso con il risparmio delle famiglie molto alto. Inoltre, dispone, a differenza dell'Occidente, di una fonte di energia abbondante ed economica: gli idrocarburi russi, che acquista a prezzi stracciati. Inoltre, la Cina ha una posizione dominante, a lungo termine, in settori importanti come le energie rinnovabili, l’intelligenza artificiale e il 5G. Rimarrà quindi un attore chiave nell'economia globale, di cui non si potrà fare a meno, anzi. La Cina ha così il meglio di entrambi i mondi: una valuta sottovalutata sul dollaro Usa, che ne favorisce la competitività, e un’energia a basso costo, che limita le pressioni inflazionistiche, consentendole di mantenere il credito a buon mercato. Sta a Pechino approfittarne, recuperando la fiducia persa. La Cina è presente in tutte le nostre strategie: chi segue il portafoglio Dinamico e Equilibrato, deve avere il 10% di azioni cinesi, mentre l’investitore Difensivo tenga in portafoglio il 5% in obbligazioni e per il 5% in azioni cinesi. Passando ai prodotti, per la parte azionaria consigliamo di acquistare Hsbc Msci China (5,407 usd, IE00B44T3H88). mentre l’investitore difensivo, per il 5% destinato ai bond cinesi, si può comprare l’Etf iShares China CNY bond (5,151 usd, IE00BYPC1H27), ma c’è anche la possibilità su un bond.
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