Proprio ieri, il 21 maggio, l’Istat ha presentato il suo rapporto 2025 da cui si evince che lo scorso anno la popolazione italiana è ancora scesa: -0,06% dopo un -0,04% nel 2023 e un -0,06% nel 2022. Pesa un calo della natalità che oramai è in corso da diversi anni con 184.000 nati in meno nel 2024 rispetto al 2008 anche per colpa del calo della popolazione femminile in età riproduttiva. Questo, insieme alla mortalità bassa che ha portato la speranza di vita a 84,3 anni (81,4 per gli uomini, 85,5 per le donne) contribuisce a fare del nostro un Paese che invecchia: 48,7 è l’età mediana contro i 44,7 della mediana europea. Gli anziani sono oggi il 24,7% della popolazione. Nel contempo nel decennio 2014-2023 si è osservato un costante aumento dei giovani italiani che se ne vanno all’estero con un saldo negativo nel decennio tra uscite e entrate, relativo ai soli laureati di 97.000 unità. E qui arriviamo agli scenari demografici importanti. Citiamo il report dell’Istat.
Nel 2050, le persone di 65 anni e più potrebbero rappresentare il 34,5 per cento del totale. Una crescita importante è attesa anche per la popolazione di 80 anni e più, dal 7,6 nel 2023 al 13,6 per cento nel 2050. […] Sul piano dei rapporti intergenerazionali si presenterà un rapporto squilibrato tra individui di età uguale o superiore a 65 anni e individui fino a 14 anni, in misura di oltre tre a uno. […] A contribuire alla crescita assoluta e relativa della popolazione anziana concorrerà soprattutto il passaggio alle età adulte e senili delle generazioni del baby boom (nati negli anni Sessanta e prima metà dei Settanta del secolo scorso), con concorrente riduzione nelle età lavorative. […] Nel Mezzogiorno, questo processo sarà più rapido, con un’età media stimata a 51,5 anni entro il 2050, contro i 50,8 anni a livello nazionale. […] Anche la composizione delle famiglie cambierà significativamente. Entro il 2043, il numero di famiglie aumenterà di quasi un milione, ma queste saranno sempre più frammentate. Le coppie con figli rappresenteranno meno di una famiglia su quattro, mentre più di una su cinque sarà composta da coppie senza figli. Le persone che vivono sole saranno la tipologia familiare più frequente (quasi il 40 per cento del totale delle famiglie). […] Le famiglie monocomponente, per via della loro composizione per età, hanno un importante impatto sociale, considerando che è soprattutto nelle età più avanzate che le persone sole aumentano in modo significativo. [Rapporto annuale Istat 2025 pp. 73-74]
I dati significativi sono che in futuro saremo sempre di meno, sempre più anziani e che avremo molte più famiglie composte da singole persone (prevalentemente anziane) e da coppie senza figli. Difficile pensare che questo non abbia un impatto anche sul settore immobiliare.
Possibili effetti sul settore immobiliare
A partire da questo scenario cerchiamo di ragionare. Abbiamo due categorie di persone i baby boomer strettamente detti (nati tra il 1948 e il 1954) e parte della generazione X (nati tra il 1965 e il 1980) che l’Istat ricomprende in parte nelle cosiddette “classi adulte e senili del baby boom” che stanno arrivando alla pensione. È il cosiddetto fenomeno del “Silver Tsunami” o “Tsunami brizzolato” un fenomeno il cui impatto demografico è da tempo oggetto di riflessione.
Dal punto di vista abitativo queste generazioni stanno sperimentando già ora la cosiddetta situazione del “nido vuoto” ovvero delle case che si svuotano con i figli che sono già fuoriusciti o si apprestano ad una vita indipendente. Questo comporta che si trovano in mano case di dimensioni spesso maggiori rispetto a quelle necessarie che potrebbero essere tentati di rimettere sul mercato in cerca di immobili più piccoli monetizzando la differenza e risparmiando sui costi di gestione. Nel caso in cui si concretizzasse un simile fenomeno, però, visto che dal punto di vista anagrafico si tratta di un numero assai elevato di persone a fronte di generazioni più giovani meno numerose, alla lunga potrebbe esserci un eccesso di offerta di alcune tipologie di abitazioni (per esempio appartamenti grandi, o case monofamiliari) a fronte di una domanda che fatica a starci dietro, con conseguenze negative sui prezzi.
Ora, essendo il mercato immobiliare ampio e diversificato a seconda delle zone, è improbabile che questo effetto si faccia sentire in maniera forte ovunque: è probabile che resistano meglio i centri urbani (dove ci sono maggiori servizi e maggiori occasioni di socializzazione e minori necessità di spostamento autonomo) e meno bene le aree periferiche dove, viceversa, la domanda dei più giovani tende a restare indietro, con un aggravio del divario “città/campagna” che già oggi ha un impatto non da poco sui prezzi degli immobili.
A tutte queste dinamiche si aggiunge poi quella migratoria, e in particolare quella interna dalla campagna alla città e quella esterna che porta in genere verso i centri urbani o comunque là dove c’è lavoro, degli stranieri. Quest’ultimo canale, però, negli ultimi tempi sembra meno forte e la progressiva chiusura europea all’arrivo di nuovi migranti potrebbe contribuire a dargli un freno.
Un futuro a macchie di leopardo
Insomma, il futuro del mattone nel suo complesso non appare particolarmente roseo, prima di pensare a un investimento è quindi importante valutare con attenzione le situazioni locali e le dinamiche che le riguardano. Solo a titolo di esempio prendiamo i due comuni montani di dimensioni simili per capire cosa intendiamo. Il primo è Torre Pellice, in provincia di Torino, a circa 60 km dal capoluogo, circa 4.500 abitanti, cuore delle valli valdesi, 500 metri d’altitudine. Il secondo è Ballabio, in provincia di Lecco, a una settantina di km da Milano (ma assai vicino a Lecco), circa 4.200 abitanti, cuore all’inizio della Valsassina, 700 metri d’altitudine. A Torre Pellice stando ai dati dell’agenzia del territorio tra il primo semestre 2015 e il secondo del 2024 il prezzo delle abitazioni civili è crollato di oltre il 40% e lo stato di conservazione prevalente è passato da ottimo a normale. A Ballabio il calo è stato di circa il 10% a fronte di uno stato di conservazione “normale”. Da notare che la popolazione di Torre Pellice è rimasta su per giù stabile negli ultimi 20 anni, mentre quella di Ballabio tra 2001 e 2011 ha visto un incremento. Questo spiega probabilmente molte cose delle dinamiche dei prezzi e ci fornisce qualche elemento in più per comprendere come ogni area periferica al di là di somiglianze superficiali abbia le sue dinamiche più o meno marcate.