Lo Stretto di Hormuz è un passaggio marittimo che collega il Golfo Persico all’oceano Indiano. Ogni giorno vi transita circa un quinto del fabbisogno mondiale secondo l’agenzia statunitense EIA (U.S. Energy Information Administration) e circa un terzo di quello che circola via nave. In altre parole, una nave su tre che trasporta petrolio nel mondo passa da lì.
Cosa potrebbe succedere?
A ogni crisi nella regione, riemerge la paura che l’Iran possa decidere di chiudere lo Stretto per bloccare le esportazioni dei suoi avversari. Ma farlo è rischioso anche per Teheran, perché danneggerebbe le sue stesse vendite di petrolio. Inoltre, la zona è pattugliata dalla Marina degli Stati Uniti, che mantiene una presenza fissa con la Quinta Flotta. La chiusura totale è quindi improbabile, ma resta il rischio di sabotaggi o attacchi alle navi, come è già successo in passato. E anche una minaccia limitata può bastare a far schizzare i prezzi del greggio.
Effetti sui prezzi: quanto potremmo pagare?
Nei giorni successivi agli attacchi israeliani a siti energetici iraniani, il prezzo del petrolio Brent è balzato, per poi stabilizzarsi attorno ai 73 dollari al barile. Ma secondo alcuni, in caso di vera escalation, si potrebbe arrivare anche a superare i 100 dollari al barile. Questo significa carburanti più cari, aumenti per la logistica e possibili ripercussioni su beni di consumo e bollette, anche in Europa.
Esistono rotte alternative?
Ci sono alcuni oleodotti che permettono di bypassare Hormuz, come quelli in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti. Tuttavia, non sono sufficienti per trasportare tutto il petrolio attualmente in transito via mare. Secondo Bloomberg, queste alternative potrebbero solo attenuare l’impatto, ma non annullarlo.
Morale della favola…
Il conflitto Iran-Israele ha risvegliato l’incubo di un’interruzione delle forniture petrolifere globali. Una chiusura totale dello Stretto di Hormuz rimane improbabile, ma non del tutto impossibile. Anche un’escalation limitata basata su attacchi a navi commerciali potrebbe avere un impatto significativo sul prezzo del petrolio, rafforzando la percezione di rischio nei mercati. In un sistema energetico ancora fortemente dipendente da colli di bottiglia marittimi, la stabilità geopolitica nel Golfo Persico resta una variabile critica per l’economia mondiale.
Al momento ti confermiamo i nostri consigli sul settore energetico con due sole azioni della nostra selezione all’acquisto, peraltro non legate al petrolio. Dal punto di vista dei fondi settoriali restiamo prudenti, perché se la guerra dovesse durare solo poche settimane non ci sarebbero conseguenze durature. Non consigliamo, poi prodotti dedicati al petrolio per i motivi che ti abbiamo appena descritto (durata probabilmente limitata a poche settimane della guerra in corso) e per il fatto che l’impennata in parte c’è già stata e per le considerazioni generali su questi tipi di prodotto che già conosci. Ovviamente terremo monitorata la situazione, per cui continua a seguirci per aggiornamenti e vai qui per seguire l’andamento del greggio.
I fondamentali del
mercato petrolifero rimangono invariati. |
Dal punto di vista dell'offerta, la
situazione è peggiorata. L'OPEC+ immetterà sul mercato oltre 1 milione di
barili al giorno entro luglio, più del previsto, segnando un cambio di
strategia, che in precedenza mirava a sostenere un barile tra i 70 e gli 80
dollari. Anche l'aumento della produzione in Guyana e Brasile (Paesi non
OPEC) sta alimentando le speculazioni sull'eccesso di offerta. |
Secondo l'EIA (United States Energy
Information Administration), la domanda globale di petrolio dovrebbe
aumentare di 0,8 milioni di barili al giorno nel 2025 e di 1,1 milioni di
barili al giorno nel 2026, trainata dai Paesi non OCSE. Nei Paesi OCSE, la domanda
rimane sotto pressione a causa dei dazi statunitensi e, a medio termine, di
una graduale transizione verso fonti energetiche alternative. |
Rimaniamo in un ciclo di eccesso di
offerta che sta spingendo i prezzi al ribasso. Per il 2025 manteniamo la
nostra stima di 65 dollari al barile di Brent, rispetto agli 81 dollari del
2024. |