Il rame torna sotto i riflettori: tra dazi USA e tensioni geopolitiche

Il mercato del rame nel 2025 è caratterizzato da una forte volatilità, con prezzi sostenuti da fattori politici e strutturali, ma minacciati da incertezze economiche globali.
Il mercato del rame nel 2025 è caratterizzato da una forte volatilità, con prezzi sostenuti da fattori politici e strutturali, ma minacciati da incertezze economiche globali.
Il rame è tornato protagonista sui mercati internazionali negli ultimi tempi, spinto dall’annuncio dell’amministrazione Trump di un’indagine sulle importazioni di rame, avviata a fine febbraio con l’obiettivo di valutare dazi fino al 25% per motivi di sicurezza nazionale (ve ne avevamo parlato qui). Questo ha innescato una corsa agli acquisti da parte di produttori e utilizzatori americani, nel tentativo di anticipare le possibili restrizioni doganali.
Il risultato è stato un’impennata del prezzo del rame. A metà giugno, i futures sul rame a New York hanno superato quota 11.000 dollari per tonnellata, mentre a Londra il prezzo si mantiene sopra i 10.000 dollari per tonnellata, un livello tra i più alti degli ultimi due anni.
Un altro indicatore chiave è lo “spot premium”, ovvero la differenza tra il prezzo a pronti e quello dei contratti a tre mesi. Secondo il LME (mercato di Londra), questo premio ha raggiunto i 345 dollari per tonnellata, segnalando un forte stress di breve periodo sul mercato fisico. Non si tratta del prezzo del rame in sé, ma del sovrapprezzo che gli acquirenti sono disposti a pagare pur di avere consegna immediata, a causa della scarsità di metallo disponibile.
Le scorte nei magazzini LME sono diminuite di oltre il 70% rispetto all’anno precedente, rafforzando la tensione sul mercato fisico. Allo stesso tempo, i premi all’importazione in Cina sono scesi, segno che l’offerta si sta spostando verso il mercato statunitense, più redditizio al momento.
I problemi con le fonderie
Le fonderie di rame stanno affrontando una situazione senza precedenti: l’offerta di concentrato – il materiale intermedio ricavato dalla lavorazione del minerale – è talmente scarsa che si è verificato un ribaltamento nei rapporti di mercato. Normalmente, sono i produttori minerari a pagare le fonderie per il servizio di raffinazione del rame grezzo, attraverso i cosiddetti costi di trattamento e raffinazione (TCRC).
Ma nel contesto attuale, con la concorrenza tra impianti sempre più agguerrita per accaparrarsi la materia prima, sono le fonderie a dover pagare i produttori minerari, pur di assicurarsi volumi sufficienti da processare. Un’anomalia che segnala tensioni gravi nell’offerta globale e che potrebbe tradursi in ulteriori colli di bottiglia nella catena di approvvigionamento del rame.
Previsioni contrastanti: tra rialzi e incertezze
Le previsioni sul prezzo del rame per il 2025 restano divise. Qualche mese fa Goldman Sachs aveva una posizione rialzista, stimando che il rame possa raggiungere i 10.700 dollari per tonnellata nei successivi 12 mesi, sostenuto da una domanda strutturalmente forte e da politiche protezionistiche che spingono l’acquisto anticipato di metallo fisico da parte delle industrie statunitensi.
Più caute le prospettive a medio termine: l’International Copper Study Group ha aggiornato a giugno le proprie stime, prevedendo un surplus globale di 289.000 tonnellate nel 2025 e 209.000 tonnellate nel 2026, grazie a una ripresa dell’offerta mineraria e a nuove capacità di raffinazione in arrivo, soprattutto in Cina e in Africa.
A frenare la domanda, secondo ICSG, contribuiscono anche l’incertezza legata ai dazi USA e la crescita più debole del previsto nel settore manifatturiero cinese.
Le ultime stime della World Bank, invece, non sono ancora state aggiornate per l'estate 2025, ma ricordiamoci cosa diceva solo tre mesi fa in aprile:
Guardando avanti, si prevede che il consumo globale di rame cresca a un ritmo contenuto, frenato dal rallentamento dell’attività economica mondiale e da ulteriori debolezze nel settore immobiliare cinese. Sebbene questi fattori frenanti dominino le prospettive, l’impiego sempre più diffuso del rame nelle tecnologie legate all’energia rinnovabile — tra cui veicoli elettrici, reti elettriche e l’espansione dei data center (in parte alimentata dagli investimenti in intelligenza artificiale) — dovrebbe in parte compensare la domanda fiacca da altri settori. Le previsioni indicano un calo dei prezzi del rame del 10% nel 2025 (su base annua), e di un ulteriore 2% nel 2026, a fronte di una crescita della domanda più debole e di un’offerta in costante aumento, grazie alla produzione aggiuntiva attesa da Africa, Asia orientale, Federazione Russa e Sud America.
Morale della favola: il mercato è in bilico
Il mercato del rame nel 2025 è caratterizzato da una forte volatilità, con prezzi sostenuti da fattori politici e strutturali, ma minacciati da incertezze economiche globali. Stando così le cose ti confermiamo anche a giugno che non vediamo con chiarezza spazi per una scommessa sul rame.
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