È passato quasi un anno dal colpo di stato che il 26 luglio 2023 ha deposto il presidente del Niger. Il Niger, lo ricordiamo, è uno stato situato nella fascia Sahariana, incastrato tra Nigeria a Sud e Algeria a Nord e tra Mali a Ovest e Ciad a Est. Non ha sbocco sul mare, è grande quattro volte l’Italia, ma ha una popolazione che è poco meno della metà della nostra. Paese tra i più poveri del pianeta è una ex colonia francese, ed era fino al colpo di Stato di un anno fa, una repubblica semipresidenziale (come la Francia) con un sistema multipartitico. Oggi è guidato da una giunta militare che non ha fatto mistero della sua avversità al passato coloniale e sta cercando di mantenere il consenso con una politica ostile agli ex colonizzatori. In pratica l’attuale governo nigerino ha scacciato la presenza militare francese (da tempo attiva nell’area) e sta allontanando a ruota quella di altri Paesi Occidentali (l’Italia non è tra i Paesi allontanati perché pare mantenere ancora rapporti cordiali con il nuovo governo) e sta intrecciando legami con Mosca.
Perché ci interessa il Niger?
Perché se ci prendiamo la briga di guardare i dati pubblicati dalla World Nuclear Association (li trovi qui: https://world-nuclear.org/Information-Library/Facts-and-Figures/Uranium-production-figures), questo Paese figura nella lista dei principali produttori di Uranio del mondo. Certo è in settima posizione, e produce un decimo di quanto viene prodotto in Kazakhstan, però è pur sempre responsabile di un 4% della produzione mondiale e secondo altre fonti sarebbe il fornitore per l’Europa di un quarto del materiale fissile utilizzato dietro il Kazakhstan, ma davanti al Canada. Proprio nelle scorse settimane il Niger ha fatto capire che avrebbe rivisto le licenze estrattive. Ciò ha colpito una società canadese (Goviex) e la società francese Orano che ha dichiarato di essere stata tagliata fuori dalla miniera di Imouraren, nel nord del Paese, che ha circa 200.000 tonnellate di uranio. La Francia come Paese, con poco meno di 300 miliardi di Kwh è terza dopo Cina (quasi 400 miliardi di Kwh) e Usa (770 miliardi di Kwh) nella produzione di energia elettrica da nucleare (sempre qui per i dettagli: https://world-nuclear.org/Information-Library/Facts-and-Figures/nuclear-generation-by-country). Insomma: a meno che non si trovino degli accordi, è lecito immaginare qualche tensione sul mercato dell’Uranio. Ma fin qui tutto potrebbe essere secondario, se non fosse che questa notizia porta alla ribalta il tema del nucleare, un tema che spesso finisce sotto traccia.
Negli Stati Uniti è passata una legge che favorirà il nucleare
Sappiamo che il nucleare è una energia non molto amata in alcuni ambienti, ma, sia quel che sia, ha comunque il grande vantaggio di poter essere prodotta con continuità. Per cui quando di notte i pannelli solari sono al buio, o quando non c’è un filo di brezza a far girare le pale eoliche, o la siccità secca gli invasi dell’idroelettrico, il nucleare resta la fonte alternativa per eccellenza ai combustibili fossili per chi si pone il problema dei gas serra.
Ma il nucleare rappresenta ancora solo un 10% della produzione mondiale. E se con poco meno di 100 Mw di potenza produttiva installata, gli Usa non hanno grandi progetti di espandere la produzione, in Cina (terza dopo la Francia con 54 Mw di potenza installata) sta costruendo centrali per altri 29 Mw. E, seppur con numeri più piccoli, diversi Paesi seguono (al solito i dati li trovi qui: https://world-nuclear.org/nuclear-reactor-database/summary). Anche se l’offerta produttiva è più o meno stabile dal 2000 è lecito pensare che l’Uranio in futuro possa di nuovo essere attrattivo. Almeno finché non sarà implementabile la fusione nucleare. Ma nel frattempo il mondo non può attendere e se oggi i reattori in funzione sono 440, in futuro si arriverà a quota 500.
Infine, negli Usa è stato appena promulgato in questi giorni, dopo due anni di iter parlamentare, l’ADVANCE act, una legge (approvata col favore sia dei Repubblicani sia dei Democratici) che intende favorire la ricerca nucleare abbattendone i costi e facilitando le autorizzazioni.