Borsa di Mumbai: +33% da inizio anno!

Analisi
Analisi
La Borsa indiana ha offerto una performance eccezionale negli ultimi due mesi. Gran parte di questa performance è la continuazione della ripresa che è seguita a un inverno e a una primavera devastanti a causa della pandemia. Anche se è un dato che colpisce a prima vista, ci sembra, tuttavia difficile giustificare l'entusiasmo per i titoli indiani. I fondamentali economici e le prospettive del Paese non sono poi così buone come si potrebbe credere. Le riforme sono impantanate e il primo ministro Narendra Modi sembra incapace di tirarle fuori dal pantano e neppure disposto a impegnarsi molto al loro riguardo. Anche i fondamentali del debito del Paese sembrano malmessi, con la Bank of India che è intervenuta per stabilizzare la rupia e finanziare lo Stato (si parla in questi giorni sui giornali indiani della India debt resolution company una bad bank che dovrebbe occuparsi di crediti deteriorati). In questo contesto le nostre attese sul futuro sviluppo dell’economia indiana sono comunque generose e vedono una crescita della ricchezza del 9,5% quest’anno (era crollata del 6% l’anno scorso, quindi il saldo è intorno a un più misero 3% tra 2020 e 2021) con un +7,5% per il 2022, un 5,5% nel 2023 e un +4% nel 2024. Può sembrare tanto se pensiamo alle nostre crescite europee, ma possiamo vedere in un confronto tra giganti asiatici emergenti che non è così straordinario: per la Cina prevediamo un +8,4% quest’anno (ma non era crollata, bensì cresciuta dell’1% nel 2020 con un saldo complessivo su 2 anni che è oltre tre volte quello indiano), mentre si assesterà a un +5,5% nel 2022, un +5,3% nel 2023 per poi calare al +4% nel 2024. Insomma: quella indiana è sì una buona crescita, ma tipica dell’area emergente (quindi non fuori dall’ordinario) e controbilanciata da altri problemi. In primo luogo, la rupia indiana oggi risulta sopravvalutata rispetto all’euro di circa un 25% e grazie a una inflazione più alta che da noi (7% nel 2021, 4,7% nel 2022, 4,5% nel 2023… quando noi europei raggiungiamo quest’anno a malapena il 2% e saremo sotto negli anni a venire) promette solo di svalutarsi sull’euro. In secondo luogo, anche i dati di convenienza del mercato azionario non sono un gran che. Il mercato indiano risulta più caro delle Borse mondiali, sia in termini di rapporto prezzo/utili (27,9, contro 20 delle Borse mondiali) che in termini di prezzo/valore contabile (3,77 contro 2,61 delle Borse mondiali); se ciò non bastasse il rendimento del dividendo è basso (1,14% contro 1,9% delle Borse mondiali). Per questo, troviamo difficile raccogliere un entusiasmo per i titoli indiani: non comprare né i bond che soffrono il deprezzamento della rupia, né le azioni che, come visto, non sono a buon mercato.
Narendra Modi (classe 1950) è primo ministro dell’India dal 2014 ed è stato riconfermato nel 2019.
I rapporti prezzo/utili e prezzo/ valore contabile sono come il prezzo al chilo delle azioni: più sono bassi e meglio sono. Discorso opposto vale per il rendimento da dividendo che è come il ragù sulla pasta che più è condita, più risulta buona.
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