La rinnovata passione per il nucleare

Si torna a parlare di nucleare
Si torna a parlare di nucleare
La diffidenza nei confronti dell’energia nucleare nasce dal disastro di Chernobyl del 1986 ed è stata poi rafforzata dalla tragedia di Fukushima nel 2011: come vedi nel grafico Una passione ritrovata, salvo una fiammata nel 2007, il prezzo dell’uranio, materia prima essenziale per il nucleare, non ha mai dato particolari soddisfazioni (piatto o in costante calo). Negli ultimi tempi, però, il clima nei confronti di questa fonte energetica sembra essere tornato a essere positivo. Il presidente francese Macron ha annunciato un piano di investimenti da 1 miliardo di euro su piccoli reattori nucleari di nuova generazione, da sviluppare in tempi brevi, ma anche il Governo britannico sta procedendo con interventi per agevolare gli investimenti nel nucleare. Non per nulla, il prezzo dell’uranio ha iniziato a riprendersi: se prima dello scoppio della pandemia viaggiava poco sotto i 25 dollari Usa per libbra, oggi siamo a circa 47 dollari per libbra (circa +90%), con un picco poco sopra i 50 dollari per libbra a metà settembre 2021.
Una libbra equivale a circa 0,45 chilogrammi. Inoltre, un dollaro vale oggi circa 0,86 euro. Significa che il prezzo dell’uranio, oggi, viaggia sui 18 euro al chilo. I prezzi dell’uranio (U3O8) riportati nell’articolo sono quelli forniti dalla società The Ux Consulting company (vedi nota seguente).
Le motivazioni di un nuovo amore
Diverse sono le motivazioni che hanno determinato questa nuova corsa dei prezzi dell’uranio. In primo luogo, c’è la forte domanda di energia per le ripartenze dopo la pandemia: è un fenomeno che sta spingendo in alto il prezzo di diverse materie prime, compreso quello dell’uranio. In secondo luogo, c’è la necessità, avvertita da diversi Paesi, soprattutto europei, di diversificare le fonti energetiche – vedi i tagli delle forniture di gas dalla Russia registrati a inizio ottobre. In terza battuta c’è il fatto che l’energia nucleare è considerata una fonte di energia “verde”, meno inquinante di altre dai combustibili fossili – sulla sua sostenibilità, però, il tema è ancora dibattuto e te ne parliamo nell’ultimo paragrafo. Infine, come spesso accade, c’è dietro la mano della finanza. In estate è stato lanciato il primo fondo d’investimento sull’uranio – compra fisicamente partite di uranio e le conserva; il mercato può comprare quote di questo fondo. Ora il più grande produttore di uranio al mondo sta sostenendo il lancio di un ulteriore fondo d’investimento dello stesso tipo: questi fondi, acquistando uranio anche solo per costituire un patrimonio iniziale, contribuiscono a far crescere la domanda della materia prima e, dunque, dei loro prezzi.
Di solito i prezzi delle materie prime si aggiornano ogni secondo in quanto legati all’andamento di strumenti finanziari chiamati future. Ebbene, nonostante siano stati ufficialmente creati, i future sull’uranio non sono mai decollati. Questo ha due conseguenze. Primo: il prezzo dell’uranio non si forma su mercati “pubblici”, ma deriva dagli scambi effettivi che fanno gli operatori – e quindi sono rilevati e annunciati da operatori specializzati. Secondo: investire direttamente sull’uranio è sempre stato difficile (non ci sono Etc come quelli sul petrolio).
Le basi di una speculazione
Dopo la corsa registrata nel corso delle ultime settimane, il prezzo dell’uranio è destinato ancora a salire? Se gli investimenti nell’energia nucleare dovessero continuare e, soprattutto, se fosse ufficialmente considerata come una fonte sostenibile, il prezzo potrebbe salire: la domanda aumenterebbe a fronte di investimenti in estrazione che dovrebbero mantenersi moderati almeno per i prossimi due anni.
Una passione ritrovata
I prezzi dell’uranio (in dollari Usa per libbra) hanno ritrovato slancio nel corso degli ultimi tempi: siamo, però, ancora lontanissimi dai picchi del 2007, ma anche dai valori precedenti alla tragedia di Fukushima. I dati usati nel grafico sono quelli rilevati dalla società The Ux Consulting company. Il fornitore dei dati nell’analisi è Refinitiv.
Attenzione: ci sono posizioni critiche nei suoi confronti e potrebbero emergere resistenze a una sua adozione. Non solo, i prezzi dell’uranio possono essere molto ballerini anche per via del lancio di possibili nuove tecnologie – la Cina ha lanciato una prima forma di produzione nucleare che non prevede l’utilizzo di uranio. Morale, se la ritieni conforme ai tuoi principi etici o di sostenibilità, una scommessa sull’uranio e sul nucleare si può fare, ma è riservata solo agli speculatori: metti in conto scivolate pesanti e potresti aspettare anni per vedere i ritorni della scommessa.
L’investimento sull’uranio e sull’energia nucleare non è adatto a un buon padre di famiglia. In generale, gli investimenti diretti sui prezzi delle materie prime sono tra i più complessi e rischiosi per un piccolo risparmiatore.
Fondi ed Etf su uranio e nucleare
Per scommettere direttamente sui rialzi dei prezzi dell’uranio, l’unico modo al momento è provare a comprare il fondo Sprott physical uranium (14,34 dollari canadesi; Isin CA85210A1049) – come ti dicevamo prima, compra partite reali di uranio che conserva in magazzini di operatori del settore. Non a caso, però, abbiamo usato il condizionale: il fondo è tecnicamente un “fondo chiuso”, non armonizzato UE (possibili complicazioni di natura fiscale) e quotato praticamente solo sulla Borsa di Toronto. Per un piccolo risparmiatore italiano è quasi impossibile da acquistare – noi abbiamo provato con diverse piattaforme e non ci siamo riusciti. Puoi, però, investirci indirettamente comprando quote dell’Etf North Shore global uranium mining (89,89 Usd; Isin US3015057157) sulla Borsa di New York: l’Etf punta su circa 35 azioni di società che lavorano sull’estrazione dell’uranio, ma dedica anche poco meno dell’8% del portafoglio (tanto, è la terza posta in ordine d’importanza al momento di questa analisi) proprio al fondo Sprott physical uranium. I punti di forza dell’Etf sono due: le società su cui investe sono tutte specializzate nell’estrazione dell’uranio, mentre non sono presenti azioni di società che lavorano anche con altre materie prime (“sporcherebbero” un po’ la scommessa) e le quote sono facilmente acquistabili. Anche i punti a cui fare attenzione sono due: tendenzialmente le azioni delle società che estraggono uranio tendono a moltiplicare, nel bene e nel male, le oscillazioni dei prezzi della materie prime (quindi l’investimento è rischioso) e anche questo Etf è “non armonizzato” – paghi, quindi, potenzialmente tasse più elevate rispetto ad altri investimenti perché devi inserire i guadagni sull’Etf nella dichiarazione dei redditi.
È previsto il lancio di un altro fondo dedicato agli acquisti di uranio: si chiama ANU Energy OEIC, è sponsorizzato, tra gli altri, dalla compagnia statale kazaka dell’uranio, ma ancora non ha quote acquistabili (e non è detto che saranno acquistabili in futuro da un piccolo risparmiatore).
Inserendo i proventi degli Etf “non armonizzati” – in genere tutti quelli che compri a New York – in dichiarazione dei redditi paghi tasse allineate alla tua aliquota marginale Irpef, quindi potenzialmente superiore al 26% dell’imposta che paghi su altri Etf quotati, invece, a Piazza Affari.
Le scommesse secche su due colossi
Se non ti va di avere complicazioni fiscali, l’unica soluzione è fare una scommessa secca acquistando azioni di una società che estrae e vende uranio. Ovviamente il rischio della scommessa sale ulteriormente rispetto all’acquisto dell’Etf visto prima. L’ideale sarebbe comprare azioni della società statale kazaka Kazatomprom (43,5 Usd; Isin US63253R2013), le cui azioni sono quotate anche alla Borsa di Londra: è il maggior produttore di uranio al mondo, con una quota di mercato del 22%. Ha costi estrattivi contenuti, tanto che ha una redditività industriale superiore a quella di molti concorrenti, e offre rendimenti da dividendi interessanti (atteso circa il 5% annuo lordo). Attenzione a due aspetti: primo, è controllata al 75% dal fondo sovrano kazako (gli scambi delle azioni non sono frequenti e c’è il rischio che venga condizionata da vicende politiche del Paese), secondo, non è un’azione facile da acquistare (dai nostri test è stato possibile solo con BG Saxo). Se proprio non riesci a comprare la Kazatomprom, puoi ripiegare sulle azioni Cameco (31,45 Cad; Isin CA13321L1085): è una società canadese tra i colossi del settore (6% della produzione mondiale) proprietaria dei diritti esplorativi sul giacimento di uranio più grande del mondo (Cigar Lake nel Saskatchewan). La società ha costi di produzione più elevati della collega/rivale kazaka, tanto che negli anni scorsi, complici i prezzi bassi dell’uranio, ha dovuto bloccare diversi progetti di estrazione. Inoltre, alla fine del primo semestre 2021, registrava ancora risultati in perdita come nello stesso periodo dell’anno precedente. Se, però, gli Usa dovessero progressivamente aprirsi a maggiori investimenti sul nucleare, la Cameco potrebbe beneficiarne più di altre società del settore.
Il prezzo delle Kazatomprom, pur quotate sulla Borsa di Londra, è espresso in dollari americani.
Attenzione: poco dopo la chiusura di queste pagine sia Kazatomprom, sia Cameco daranno aggiornamenti sull’andamento delle attività. Le azioni potrebbero ballare ma non ci aspettiamo novità tali da modificare il consiglio speculativo.
Ma il nucleare è sostenibile?
Le discussioni sull’energia nucleare sono ancora accese. Da un lato c’è chi sottolinea che comporta basse emissioni di carbonio ed è essenziale per raggiungere gli obiettivi di riduzione dei gas serra, dall’altro c’è chi dice che non può essere considerata “verde” visto l’elevato consumo di acqua e il rischio di contaminazione legato a eventuali problemi nello smaltimento delle scorie. La partita chiave si gioca a livello europeo, per quella che è la “tassonomia verde”: in sintesi, è il documento ufficiale che definisce cosa si può considerare sostenibile o no. Al momento dieci Paesi, tra cui la Francia, hanno firmato una richiesta affinché l’Europa faccia rientrare il nucleare tra le fonti di energia sostenibile, ma ce ne sono altri, Germania in testa, che premono perché non avvenga – in Italia ci sono state interrogazioni parlamentari per sposare la posizione tedesca. Cosa accadrà? Dicci la tua e cosa ti auguri: puoi scriverci all’indirizzo borsa@altroconsumo.it.
Il Paese con più risorse di uranio, stimate, al mondo è l’Australia, seguita da Kazakistan e Canada.
Sono circa 20 anni che la domanda globale di uranio è stabile/in fase di calo. Se il nucleare dovesse essere inserito nella “tassonomia verde” dell’Unione europea questa tendenza storica potrebbe cambiare, a tutto vantaggio dei prezzi dell’uranio e delle azioni delle società che lo estraggono.
Società dell’uranio alla prova
Nel breve periodo dalla sua quotazione, il fondo Sprott physical uranium (linea sottile; base 100) ha offerto risultati peggiori sia di quelli delle azioni della Kazatomprom (grassetto), sia di quelli delle azioni Cameco (linea di peso intermedio), confermando la tendenza di queste ultime ad amplificare i movimenti dell’uranio. I dati riportati nel grafico sono in dollari Usa e tengono conto degli eventuali dividendi staccati nel corso del periodo considerato.
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