Medio Oriente, una sfida di troppo per l’economia globale?

Asset allocation
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Gli effetti economici di un eventuale conflitto in Medio Oriente dipenderanno da quanto e da quali Paesi ne saranno coinvolti. Se vi partecipasse anche un attore come l’Iran (responsabile di circa il 4% della produzione mondiale di petrolio), i prezzi dell’oro nero ne risentirebbero e di conseguenza l’economia globale si ritroverebbe in difficoltà. Dovremmo aspettarci una carenza di petrolio sui mercati mondiali con un impatto negativo in primis sull’Europa.
Se nel 2011-2014, durante le ultime sanzioni contro l’Iran, il prezzo di un barile di Brent si è assestato intorno ai 110 dollari al barile (non così lontano ai 90 dollari attuali) è anche vero che all’epoca c’era la produzione russa per compensare l’assenza di quella iraniana. Oggi non è più così.
Gli Stati Uniti sono, infatti, vicini all’autosufficienza energetica e con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali non ci sorprenderebbe se mettessero delle restrizioni alle esportazioni di idrocarburi allo scopo di garantire ai consumatori americani l’accesso all’energia a prezzi accessibili. Mentre la Cina investe molto nella produzione di energia e potrà comunque avere petrolio a buon mercato dalla Russia. Sarebbe quindi l’Europa, insieme a Giappone e Corea del Sud, a farne soprattutto le spese e a dover cercare l’energia altrove.
In ogni caso, che ci sia un allargamento o no del conflitto, il prezzo del petrolio è alto e ci aspettiamo forti oscillazioni del prezzo, come detto su Investi 1529. Se il prezzo del petrolio dovesse continuare a salire ciò si tradurrebbe anche in una ripresa dell’inflazione. E anche in questo caso, l’Europa sarebbe la più colpita, in primo luogo perché è quella che avrebbe più difficoltà di approvvigionamento e poi perché l’inflazione è già più alta nell’Unione Europea (4,9%) e nell’Eurozona (4,3%) rispetto agli Stati Uniti (3,7%); mentre la Cina, al contrario, è quasi sull’orlo della deflazione (0,0%).
Uno scossone di troppo?
Finora il 2023 ha retto bene trainato dalla spesa pubblica, da un mercato del lavoro in ottima forma e dai risparmi molto importanti dopo la pandemia, che hanno consentito alle famiglie di attutire lo shock inflazionistico e limitare la perdita del potere d’acquisto. Anche senza questo nuovo conflitto, le sfide non mancavano - tanto che l’Fmi ha già ridotto le stime che pur non tengono ancora conto di un eventuale allargamento del conflitto. Una nuova guerra, anche se da sola può non portare il mondo in recessione, è perciò un ulteriore elemento negativo che si somma al panorama incerto di cui sopra, e i cui effetti, se dovesse allargarsi, saranno via via peggiori. Cosa fare? Diversificare, solo così puoi tutelarti il più possibile da questa situazione, e per farlo puoi farti aiutare dalle nostre strategie di portafoglio.Attendi, stiamo caricando il contenuto