Francia: che succede?

Di nuovo in preda a tumulti politici, la Francia preoccupa gli investitori e genera un'incertezza che non piace ai mercati. Facciamo il punto sulla situazione.
Di nuovo in preda a tumulti politici, la Francia preoccupa gli investitori e genera un'incertezza che non piace ai mercati. Facciamo il punto sulla situazione.
Il Primo Ministro François Bayrou ha annunciato un voto di fiducia per l'8 settembre e tutto fa pensare che non avrà il sostegno necessario per restare al potere. Naturalmente, se non ce la farà, il Presidente Macron potrà sempre nominare un nuovo governo, che sarà però inevitabilmente fragile viste le forze in gioco. Un altro possibile esito – e il più probabile, prima o poi – è lo scioglimento dell'Assemblea Nazionale e delle nuove elezioni, il cui esito sarebbe altamente incerto in una Francia profondamente divisa. In breve, la Francia si sta dirigendo verso un periodo di forte incertezza, che pesa sulle decisioni di investimento e sulla fiducia dei consumatori, e che preoccupa i mercati.
Il primo segnale dei problemi della Francia è che gli investitori richiedono rendimenti sempre più elevati per finanziare il Paese. E anche se la Bce (la Banca centrale europea) ha ridotto il tasso di rifinanziamento dal 3,15% al 2,15% da inizio anno, la Francia ne sta beneficiando poco, basti pensare che il tasso a 10 anni, che ha chiuso il 2024 a meno del 3,3%, si sta ora riavvicinando al 3,5%. Anche il tasso a 30 anni è risalito dal 3,8% al 4,4%.
E il contrasto è ancora più evidente quando si confronta la Francia con altri Paesi. Certo, durante la crisi del debito sovrano in Europa, Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda e soprattutto la Grecia sono state costrette ad adottare misure fiscali e di bilancio pesanti e dolorose. Ma queste hanno alla fine permesso loro di riconquistare la fiducia dei mercati. La Francia, al contempo, ha registrato una serie di sforamenti di bilancio, con un deficit (le uscite che superano le entrate) in media pari a 4,7% del PIL (tutta la ricchezza prodotta nel Paese) nell'ultimo decennio, ben lontano dal 3% raccomandato dal Patto di stabilità e crescita dell’Unione europea. Il debito pubblico francese (la somma dei deficit passati) ha raggiunto così il 113% del PIL a fine 2024, rispetto al 96% del decennio precedente. A causa di questo persistente peggioramento dei conti pubblici francesi, a più di un decennio dalla crisi, i PIIGS (Fondi di investimento e previdenza sociale francesi) si finanziano, senza eccezione, a tassi di interesse inferiori a quello francese, almeno per quanto riguarda il tasso decennale, che rappresenta il parametro di riferimento per i mercati del debito.
Il deterioramento delle finanze pubbliche francesi è legato alla mancanza di competitività e produttività del Paese. Costantemente sollecitato a fornire assistenza a vari settori dell'economia, il governo francese ha avuto un peso eccessivo, ha indirizzato male la spesa pubblica e ha finito per spendere troppo. Non per nulla nel 2024 la spesa pubblica francese ha rappresentato il 57% del PIL, un livello ben al di sopra di quello di Germania e Italia, entrambe intorno al 50%. Per evitare un'ulteriore spirale di deficit, i governi che si sono succeduti hanno aumentato la pressione fiscale, al punto che in Francia è la più alta nell'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). E, se a questo si aggiungono la mancanza di una strategia globale, di un piano per il futuro e la perdita di competitività di alcune dei principali gioielli di questa economia, si comprende bene il malessere che attanaglia la Francia.
Per uscire da questa impasse, l'OCSE raccomanda la riduzione della spesa pubblica, la ristrutturazione del sistema fiscale e l’adozione di riforme per stimolare la crescita. Tra le ricette concrete dell’OCSE figurano gli incentivi ai lavoratori più anziani per rimanere più a lungo nel mercato del lavoro, la formazione continua per l'intera forza lavoro (strumenti digitali), una migliore distribuzione degli aiuti concessi per la digitalizzazione dell'economia (in particolare alle PMI) e anche una semplificazione delle procedure per favorire gli investimenti e incoraggiare la creazione di imprese e l'innovazione.
Indubbiamente i francesi sono poco entusiasti all'idea di rivedere in profondità i loro rapporti con lo Stato e il mercato del lavoro. Certo tali riforme sarebbero più facilmente accettabili se l'economia fosse in buona salute e disponesse di altre fonti di crescita, mentre Parigi cerca di non inimicarsi l'opinione pubblica.
Con tutta probabilità le riforme saranno quindi adottate con grande difficoltà. Nel frattempo, di fronte alle prospettive molto incerte sul fronte politico, fiscale e del commercio estero, le imprese esitano a investire, e i dazi statunitensi e l'avanzata del protezionismo un po' ovunque nel mondo non migliorano certo la situazione. Tutto ciò porta a credere che le esportazioni resteranno deboli e che anche il mercato interno, in un clima di incertezza, resterà fiacco. Rimangono le spese pubbliche, chiamate ancora una volta in soccorso, ma ciò finirà per gravare ulteriormente sui conti pubblici. Su questo fronte, ogni possibilità di ritorno all'equilibrio sembra quindi illusoria, tanto più che la crescita rimarrà debole e le spese militari sono destinate ad aumentare.
Gli investitori diventano sempre più riluttanti ad investire in Francia, che sta diventando il più grande “malato” d'Europa. E il settore finanziario francese (13% del mercato azionario) - molto esposto al debito francese, all'attività economica interna e ai timori sulla stabilità politica – attraversa un periodo difficile.
Nonostante il difficile clima economico, sia a livello nazionale che in termini di commercio estero, il mercato azionario francese vanta, comunque, diverse di alta qualità, ben consolidate a livello globale e propense a cercare opportunità di crescita ovunque si trovino. Tra queste ti consigliamo all’acquisto alcune azioni che trovi qui.
Volendo focalizzare l'attenzione, il Ministro delle Finanze francese Eric Lombard ha dichiarato che, in caso di collasso del governo, sussiste il rischio che il debito francese vada fuori controllo e che il FMI intervenga in Francia. Il ricordo della crisi del debito sovrano è ancora fresco e la possibilità di un intervento di questa istituzione, insieme alla Bce, desta preoccupazione. Tuttavia, dobbiamo tener presente la realtà: una cosa era venire in aiuto della Grecia o del Portogallo, Paesi il cui debito pubblico all'epoca ammontava a poche centinaia di miliardi di euro, mentre sarebbe una sfida completamente diversa venire in aiuto del Paese più indebitato dell'eurozona, il cui debito supera i 3.300 miliardi di euro. A questi livelli, il debito della Francia è di gran lunga superiore a quello dell'Italia (circa 3.000 miliardi di euro) o della Germania (poco meno di 2.700 miliardi di euro) e doppio rispetto a quello della Spagna. In caso di un allarme importante, Parigi potrebbe però trovare nelle condizioni imposte dal FMI e dalla BCE gli argomenti per imporre riforme molto impopolari ma necessarie e, quindi, salvarsi da sola. D’altronde lo abbiamo visto anche da noi ai tempi della crisi del 2011 sul debito italiano: l’allarme è servito per rimettere i conti prospetticamente a posto. Ricordatevi comunque di diversificare anche nei vostri investimenti obbligazionari, senza dare un peso eccessivo a qualunque singolo emittente. In soldoni:
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