LA DECISIONE, LE ATTESE SULLE PROSSIME MOSSE E L’ACQUISTO DI TREASURY
La Federal Reserve ha annunciato il terzo taglio consecutivo dei tassi di interesse, con una riduzione dello 0,25%, portandoli in un intervallo compreso tra il 3,5% e il 3,75%. All’interno del comitato non sono mancate divisioni: tre membri hanno espresso dissenso, con due favorevoli a mantenere i tassi invariati e uno favorevole a un taglio più consistente, ma unendo le aspettative dei diversi componenti della Fed, nel 2026 è previsto un solo ulteriore taglio, segnale di un orientamento più prudente della politica monetaria. Un orientamento confermato anche dalle parole dello stesso Jerome Powell, che ha spiegato che l’attuale livello dei tassi è adeguato a sostenere l’occupazione e a mantenere sotto controllo l’inflazione, destinata a tornare verso il 2% una volta superato l’impatto dei dazi. Non solo, dopo questo taglio, Powell ha affermato anche che la politica monetaria si trova in una “buona posizione” per attendere e osservare l’evoluzione dell’economia prima di prendere ulteriori decisioni. Ha anche escluso la possibilità di un rialzo dei tassi fino al 2028, ribadendo che tra i membri del comitato le opzioni considerate riguardano il mantenimento dei livelli attuali o ulteriori tagli, di entità variabile. Nessun governatore, al momento della raccolta dei dati, immaginava per i prossimi tre anni tassi superiori al 3,75-4%, il livello di ottobre, ipotesi che potrebbe riflettere le posizioni dei due membri favorevoli a non modificare i tassi. Tradotto: ora ci sarà una pausa, la Fed aspetterà il momento per effettuare un altro taglio, ma questa non significa che poi sarà presto la volta di ornare ad alzare il costo del denaro.
Infine, la Fed ha deciso di avviare acquisti di titoli del Tesoro a breve termine (A due anni), qualora necessario, per mantenere un’ampia disponibilità di riserve dopo le recenti flessioni. Powell ha spiegato che questa iniziativa mira a garantire la stabilità dei tassi all’interno del corridoio di politica monetaria, in un periodo in cui si prevede un aumento della domanda di moneta e riserve. Si passa dunque ad una gestione della liquidità da una gestione della politica monetaria.
LE PREVISIONI ECONOMICHE
Nel frattempo, le previsioni macroeconomiche delineano un’economia in espansione: per il 2026 è attesa una crescita del 2,3%, superiore all’1,8% stimato in precedenza, mentre l’inflazione dovrebbe scendere al 2,4%. Questo scenario si inserisce in un contesto politico incerto, poiché Donald Trump si appresta ad annunciare il successore di Powell, alimentando timori sull’indipendenza della banca centrale. Le nuove proiezioni aggiornate rispetto a settembre indicano per il prossimo anno un PIL in crescita del 2,3%, seguito dal 2% nel 2027 e dall’1,9% nel 2028, con un obiettivo implicito di lungo termine pari all’1,8%. La Fed ritiene che l’attività economica continuerà ad espandersi, sostenuta da una politica fiscale espansiva e dagli investimenti in intelligenza artificiale.
Sul fronte del mercato del lavoro, la disoccupazione è prevista al 4,4% nel 2026, al 4,2% nel 2027 e stabile nel 2028. Powell ha tuttavia evidenziato alcune fragilità, legate alla debolezza sia della domanda sia dell’offerta di lavoro, che la Fed osserva con attenzione da mesi. Pur in un quadro di crescita sostenuta dai consumi, permane un elemento di squilibrio: gran parte della spesa è sostenuta dai cittadini con maggiori disponibilità economiche. Powell ha sottolineato che il terzo superiore della popolazione rappresenta una quota molto superiore a un terzo dei consumi totali, e ciò solleva interrogativi sulla sostenibilità di questo modello. La priorità della Fed resta garantire la stabilità dei prezzi e un mercato del lavoro solido.
Le previsioni sull’inflazione PCE indicano un calo al 2,4% l’anno prossimo, al 2,1% nel 2027 e al 2% nel 2028; l’unica revisione significativa riguarda il 2025, per il quale la stima è scesa dal 2,6% al 2,4%. Un’evoluzione simile si osserva per l’inflazione core, prevista al 2,5% il prossimo anno rispetto al 2,6% indicato a settembre.
LA REAZIONE DEI MERCATI E COSA FARE
I mercati finanziari hanno reagito con ottimismo: l’indice S&P 500 ha chiuso in progresso dello 0,67%, avvicinandosi ai massimi storici, mentre i rendimenti dei Treasury decennali sono scesi intorno al 4,15%. Particolare interesse ha suscitato il movimento dei Treasury a due anni, i cui rendimenti sono scesi sotto il 4%. A livello di portafoglio confermiamo le poste in dollari, sia a livello obbligazionario, sia a livello azionario. Il taglio dei tassi era atteso ed è arrivato puntuale. La disponibilità ad acquistare Treasury a due anni potrà fornire liquidità ai mercati e l’assenza di rialzi ai tassi d’interesse nel futuro sono segnali positivi per i mercati, che possono quindi proseguire, seppur con le incertezze del contesto in cui viviamo, nella tendenza rialzista. Se vuoi sfruttarlo, puoi usare la soluzione che trovi qui.