Chiariamolo subito: in tempi come questi, qualunque sostegno per far ripartire l’economia è il benvenuto. Ma da qui a considerare il decreto appena annunciato come soluzione a tutti i mali… di strada ce ne corre.
Primo: l’elicottero non è decollato
Complice anche il nome, le misure varate dal decreto liquidità potrebbero far pensare che, a breve, 400 miliardi di euro arriveranno direttamente nell’economia e nelle casse delle imprese italiane. Purtroppo, non è così. Non si tratta di “contanti”, ma di garanzie sui prestiti che le imprese chiedono in banca. In altre parole, il presupposto è che, avendo alle spalle la garanzia statale, le imprese otterranno più facilmente nuovi prestiti dalle banche: è questa la nuova “liquidità” promessa dal decreto, quella che verrà, forse, dalle banche e non dallo Stato. Ben altro effetto avrebbe avuto un’immissione di liquidità vera e propria nelle casse delle imprese, magari azzerando gli interessi che stanno pagando e pagheranno.
Secondo: tempi incerti
Si può pensare che la garanzia statale renda almeno più veloce l’erogazione del prestito. Questo è vero solo in parte. Nella maggior parte dei casi la garanzia dello Stato non copre tutto il prestito, ma solo una parte, e la banca vorrà accertarsi che tu sia in grado di ripagare la parte che resta a tuo carico. Solo in pochi casi, come per prestiti fino a 25.000 euro, la garanzia è al 100% e il finanziamento sarà erogato senza la consueta istruttoria. Ma se non sei una micro-impresa, 25.000 euro sono briciole.
Terzo: la beffa delle commissioni
Se non come vantaggio sui tempi, avere alle spalle la garanzia statale potrebbe aiutare a ridurre il costo del prestito. Anche questo è vero solo in parte. La banca corre meno rischi e sarà disposta ad abbassare il tasso di interesse rispetto a quello che avrebbe chiesto alla stessa impresa senza la garanzia statale. Ma in cambio della garanzia, l’impresa deve pagare delle commissioni a SACE! Per le piccole e medie imprese, il costo della garanzia va dallo 0,25% il primo anno fino all’1% al sesto, per le imprese più grandi le percentuali raddoppiano. In tempi di tassi bassi come questi la commissione rischia di mangiarsi tutta, o in buona parte, la differenza di interesse da pagare con o senza garanzia statale. Tant’è che nel decreto ci si è premurati di specificare che le commissioni non possono superare questo spread…
Con il “cura-Italia” si era parlato di 350 miliardi per piccole e medie imprese, il che porta il totale a 750 miliardi, garanzie e non contanti. Per approfondire clicca qui.
Quarto: l’incognita europea
Ultimo, ma non ultimo, un articolo del decreto che non è finito sotto i riflettori, ma che è fondamentale. Tutto “l’impianto” delle garanzie previsto dal decreto è subordinato all’approvazione della Commissione Europea, insomma, non deve violare le norme comunitarie sugli aiuti di Stato. Magari è solo un ostacolo teorico e il via libera arriverà senza problemi, ma vista l’aria tesa che circola nel dibattito tra MES e coronabond… non si sa mai.
Tutte le misure del decreto liquidità sono qui.
Come funziona la garanzia
Dopo il decreto “cura-italia”, che concede garanzie statali sui prestiti di piccole/medie imprese, il “decreto liquidità” estende questi aiuti alle medio/grandi imprese. Per i nuovi prestiti concessi dalle banche da qui a fine dicembre, le imprese possono chiedere che la sace (gruppo cassa depositi e prestiti) garantisca la restituzione. Ma ci sono delle condizioni da rispettare: l’impresa deve essere stata, finora, una “buona pagatrice”, il prestito deve avere una durata massima di 6 anni, l’importo non può superare una certa cifra parametrata al fatturato e al costo del personale. Inoltre, la garanzia di sace non è totale, ma su una quota che va dal 90% al 70% (al crescere delle dimensioni dell’azienda) del prestito concesso dalla banca. L’impresa deve rispettare alcune condizioni, tra cui quella di non distribuire dividendi.