Un peggioramento rapido... e inarrestabile
La Russia sta fronteggiando il peso delle sanzioni occidentali, mentre l’Europa si sta preparando a fare a meno della Russia, con gravi conseguenze sulla sua crescita; proprio per questo abbiamo tagliato le nostre attese. L’impennata del prezzo del petrolio a cui stiamo assistendo è causata non da una riduzione dell'offerta russa, ma dal fatto che il mondo sta scegliendo di fare a meno del petrolio russo. Se ad agosto 2012 il brent al barile aveva raggiunto un massimo storico, superando i 92 euro al barile, oggi siamo ben oltre i 100 euro. Con ovvie ripercussioni sul potere d'acquisto delle famiglie.
Seppur meno clamoroso, l'aumento del gas naturale è ancora più preoccupante. Innanzitutto perché la dipendenza dell’Eurozona dal gas russo è maggiore di quella del greggio: rappresenta il 41% dei consumi totali (contro il 27% del petrolio). Inoltre, perché il gas russo è utilizzato non solo per il riscaldamento, ma anche per far funzionare le fabbriche. Certo, la Commissione europea ha annunciato delle misure che dovrebbero consentire all'Europa di poter tagliare la propria dipendenza dal gas russo di 2/3 entro la fine del 2022. Ma ciò comporterà un forte aumento del prezzo del gas: dai 70 euro al MWh (megawatt/ora) di fine 2021, i prezzi del gas si sono recentemente avvicinati ai 250 euro al MWh. Nei settori ad alta intensità energetica, come quello dell'alluminio o dello zinco, la produzione si è arrestata con ripercussioni sui prezzi di questi prodotti, aumentati vertiginosamente. Negli altri settori l'impatto dell’impennata del prezzo del gas sarà ancora maggiore e le famiglie europee dovranno fare i conti con ingenti aumenti per i trasporti, il riscaldamento e l’elettricità.
E non è finita: anche i prezzi dei prodotti agricoli, come cereali e gli oli vegetali, stanno salendo e ciò spingerà a un rialzo generale dei prezzi dei prodotti alimentari.
Anche le quotazioni di diversi metalli, come il nichel o il palladio, o gas, come il neon, sono alle stelle perché la Russia è un loro grande produttore. A tutto ciò si aggiungono i problemi di approvvigionamento per i settori che dipendono da questi materiali, ad esempio i produttori di semiconduttori, che stanno già fronteggiando serie difficoltà per soddisfare l'elevata domanda.
Una nuova realtà per l'Europa
Presi tutti insieme, è probabile che questi elementi mettano in ginocchio la crescita europea. Ma fino a che punto si spingerà la guerra in Ucraina? Nessuno lo sa, ma il Cremlino sta chiaramente scommettendo sul fatto che il popolo russo - abituato da tempo alle difficoltà e non potendo protestare - resisterà più a lungo dei popoli dell'Europa occidentale, poco abituati a vedere diminuire il proprio tenore di vita. È quindi probabile che il conflitto si protragga a lungo. Naturalmente, un cessate il fuoco in Ucraina resta possibile, oltrechè auspicabile. Ma è, comunque, improbabile che una tregua metta fine immediatamente alle sanzioni entrate in vigore. E comunque l’Europa non potrà tornare a breve a poter fidarsi della Russia per i suoi fabbisogni di materie prime.
Nel frattempo, i consumatori europei - devastati dagli eventi in Ucraina e dall’impennata dell’inflazione - inizieranno ad essere più pessimisti e quindi più prudenti nei loro acquisti. In questo contesto, gli acquisti di beni durevoli, come le automobili o gli elettrodomestici, sono destinati a scendere. Ancor prima di aver risolto i problemi di approvvigionamento, fronteggiati nel 2021, l'industria europea potrebbe dover fronteggiare una frenata della domanda.
Certo i fondi europei associati alla NextGenerationEU arriveranno, ma per favorire davvero la crescita ci dovrebbe essere una forte dose di fiducia del settore privato, che al momento appare poco probabile.
Questa situazione porterà a un aumento dei deficit pubblici (ossia le uscite supereranno le entrate nei bilanci degli Stati), e ciò porterà a un aumento del debito pubblico, costringendo la Banca Centrale Europea a sostenere il mercato obbligazionario per evitare che il debito diventi un problema ingestibile per alcuni degli Stati europei più esposti, come l’Italia. Un'Europa, il cui il debito si sta aggravando e che - nel bel mezzo della transizione energetica – dovrà fare a meno dell'energia più conveniente a sua disposizione, vedrà necessariamente indebolito il suo potenziale di crescita di lungo termine.
Che fare?
A inizio febbraio abbiamo ridotto la nostra esposizione alle azioni della zona euro, e non è detto che questo conflitto pesi su tutti i mercati azionari mondiali. Può essere, infatti, negativo per le economie del vecchio continente, ma può rappresentare un'opportunità per altri mercati. Il Canada, ad esempio, è ben posizionato per trarre vantaggio dalla carenza in Europa di grano, idrocarburi e altre materie prime, tanto che la sua Borsa sta guadagnando circa il 4% dall'inizio dell'anno, dopo un già brillante 2021. E anche alcuni Paesi emergenti ricchi di materie prime stanno andando bene. È il caso dell'Indonesia, in crescita di circa l'11% da inizio anno. Tutti esempi che mostrano quanto sia importante mantenere la calma, sfruttare le opportunità che si presentano e, soprattutto, diversificare. A tal proposito puoi consultare i nostri portafogli.
La Borsa canadese è presente per il 5% nel nostro portafoglio equilibrato e dinamico, in quest’ultimo è presente, al 5% anche la Borsa indonesiana.
L'economia americana è molto meno interconnessa con quella russa e ucraina rispetto all’Europa. Non dovrebbe, quindi, soffrire troppo e la sua crescita rimarrà probabilmente elevata, tra il 2,5% e il 3% nel 2022.
Infine, anche in Europa alcuni mercati potrebbero comportarsi bene, a partire dalla Borsa di Londra che non è cara e potrebbe essere avvantaggiata dall’impennata dei prezzi delle materie prime. La Borsa Usa e quella del Regno Unito sono presenti in tutti i nostri portafogli.