Gli ultimi indicatori dell'area dell'euro incominciano a mostrare i segni di “contagio” della questione ucraina, soprattutto quelli che si riferiscono al mese di aprile, che recepiscono oramai più di un mese di guerra.
L’indice Zew, che rappresenta la fiducia degli economisti tedeschi, dopo il crollo storico di marzo, ad aprile ha conosciuto un ulteriore peggioramento, sebbene inferiore alle attese. L’indice si è infatti attestato a -41 punti da i-39,3 di marzo, mentre le attese erano per un calo fino a -48 punti. Si tratta comunque di un livello storicamente molto basso: solo in pochi casi (marzo 2020 con lo scoppio della pandemia oppure luglio 2008 dopo il crack Lehman) l’indice ha segnato un valore ancora più basso. Cala inoltre il giudizio sulla situazione attuale, con il corrispondente indice che fa segnare -30,8 punti, dai -21,4 di marzo (le attese erano per un -35).
Questi dati riassumono le convinzioni degli esperti, che presumono che l'attuale situazione economica sia negativa e continuerà a deteriorarsi. C'è infatti ancora la prospettiva di una stagflazione nei prossimi sei mesi.
Non bisogna dunque farsi ingannare da altri dati provenienti dalla zona euro e che sembrerebbero poi così negativi. Per esempio, l’indice PMI composito di S&P, che misura l'attività delle società dell'area dell'euro, è ancora sostenuto dall'allentamento delle restrizioni associate alla pandemia nei vari Paesi e quindi rallenta solo leggermente, raggiungendo i 54,9 punti a marzo dai 55,5 di febbraio. Tuttavia, la fiducia delle imprese ha subito un duro colpo, scendendo al minimo degli 17 mesi. Le aziende sono preoccupate per la guerra, per l'aumento dei prezzi dell'energia e delle materie prime e per il ritorno dei problemi di approvvigionamento, in particolare nel caso dell'industria.
Per quanto riguarda le vendite al dettaglio di febbraio, ancora poco impattate dall'invasione dell'Ucraina avvenuta solo il 24 di quel mese, riportano un leggero miglioramento dello 0,3% rispetto al mese precedente, e del 5% su base annua. Un aumento però da ridimensionare visto che, non a caso, le spese che stanno crescendo di più sono quelle legate ai carburanti (+12%). La crescita delle vendite al dettaglio non è quindi legata ad alcun miglioramento dal tenore vita delle persone, ma piuttosto da un aumento dei prezzi di cui i consumatori avrebbero fatto bene a meno.
Dunque, i dati non devono trarre in inganno anche se mostrano una certa resilienza dell’economia della zona euro. Infatti, si tratta principalmente di dati che fanno riferimento a periodi non impattati ancora dalla guerra: la maggior parte dell'impatto della guerra in Ucraina sull'economia dell'eurozona sarà amplificato nei prossimi mesi e trimestri, poiché le sanzioni messe in atto per indebolire l'economia russa a loro volta avranno un impatto sulle nostre economie. Ti ricordiamo che le azioni europee non sono più nei nostri portafogli.