Dall'inflazione turca arriva un dato che conferma un’eventualità che circolava da qualche tempo sui mercati: la Banca centrale turca non potrà procedere con il primo taglio dei tassi in questo 2024. L'inflazione turca, infatti, ad ottobre è scesa, ma l'ha fatto meno delle attese: ora si attesta al 48,6% annuale virgola in calo dal 49,4% di settembre, ma le attese erano per un 48,2%. Anche il dato mensile, che è un indicatore preferito dalla Banca centrale turca soprattutto in questo periodo di elevato caro vita, ha rallentato rispetto a settembre, ma meno delle attese: dal 2,97% al 2,88% (le attese erano per un 2,6%).
I tassi sono fermi al 50%, il che significa che i tassi reali sono sempre più in territorio positivo e quindi la politica monetaria diventa sempre più restrittiva e questo lascia ben sperare in termini di lotta al carovita. La Banca centrale si aspetta un'inflazione annuale che si attesterà attorno al 42% a fine anno e si tratta del limite superiore dell'intervallo obiettivo che si era posta l'Istituto centrale per quest'anno.
Un dato positivo dalla lettura del mese di ottobre arriva dall'inflazione dei servizi che è una delle maggiori pressioni inflazionistiche: il dato è passato dal 4,9% all'1,95% in un solo mese. Si tratta di un rallentamento molto accentuato che fa ben sperare per una riduzione del carovita. Tra le maggiori e influenti pressioni inflazionistiche ci sono anche i salari ed entro fine dicembre dovrebbe essere annunciato il nuovo livello del salario minimo, che sarà rivisto al rialzo. Se il ritocco al rialzo da parte del governo sarà superiore a quanto atteso, allora questo avrà un impatto negativo in termini di prezzi.
La lotta all’inflazione, dunque, è ancora in atto e non solo è lontana dall'essere vinta, visto il livello a cui si attesta attualmente, ma è ancora troppo presto anche per poter procedere con un allentamento monetario. Come si fa ad investire in Turchia? Non puntare su azioni od obbligazioni in lire turche: posizionati in maniera diversificata anche sui bond turchi attraverso l'Etf sui bond dei Paesi emergenti.