La settimana delle obbligazioni: politiche monetarie divergenti
La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
Il taglio dello 0,25% da parte della Banca centrale europea è arrivato puntuale come da attese. I tassi sui depositi presso la Bce sono stati, infatti, abbassati dal 3,75% al 3,5%. Il tasso sui depositi è quello a più breve termine ed è quello che regola poi l'intera politica monetaria. I cosiddetti tassi ufficiali sono scesi al 3,65%, mentre fino alla riunione precedente erano al 4,25%. Questo taglio che sembra molto ampio è interamente dovuto alla rivisitazione dell'assetto operativo della Banca centrale europea, annunciato lo scorso marzo, con il quale l'Istituto di Francoforte ha deciso di rivedere come vengono determinati i tassi che vengono applicati alle diverse attività di rifinanziamento. Fino alla riunione precedente, il tasso di rifinanziamento principale, quello che poi viene chiamato anche tasso ufficiale, era maggiore dello 0,5% rispetto ai tassi sui depositi: la Bce ha deciso di rivedere al ribasso il differenziale tra questi due tassi allo 0,15%. Tralasciando questa questione più prettamente tecnica, ciò che interessava maggiormente ai mercati non era tanto la decisione della scorsa settimana, quanto le possibili indicazioni sulle mosse future. Sul punto la Bce è rimasta fedele all'approccio guidato dai dati e quindi non è stata data alcuna indicazione sui tassi futuri. La Bce non vuole dare un’anticipazione di come si muoverà sui tassi, ripetendo che per determinare livello e durata adeguati del costo del denaro si continuerà a seguire un approccio guidato dai dati; le decisioni verranno perciò definite di volta in volta proprio in base ai dati.
L’altra novità riguarda l’aggiornamento delle stime su inflazione e Pil. Come vedi in tabella, quelle sulla crescita economica sono state abbassate dello 0,1% per tutti gli anni (a causa di una domanda interna più debole), mentre quelle sull’inflazione sono rimaste inalterate. Questo porta a confermare le aspettative generali in fatto di tassi: costo del denaro fermo ad ottobre e taglio dello 0,25% a dicembre. Nel 2025 dovrebbero arrivare altri tre tagli.
DOPO LA BCE TOCCA ALLA FED
Questa settimana arriverà il taglio della Fed. I tassi dovrebbero essere ridotti dello 0,25% e portati quindi in un intervallo compreso tra il 5% e il 5,25%. Dopo i dati sull'inflazione di agosto pubblicati la scorsa settimana, infatti, l'opzione di un taglio pari allo 0,5% è diventata meno probabile. L’indice dei prezzi al consumo, a livello annuale, ha rallentato dal 2,9% al 2,5%, come da attese, ma quel che è più indicativo per la Fed è l'inflazione core, anche detta inflazione di fondo, quella cioè calcolata non considerando cibo ed energia. In questo caso, questo indicatore è rimasto stabile al 3,2%, che è lo stesso livello di luglio e lo stesso livello atteso dal mercato. C'è un “però” ed è dovuto al dato mensile dell'inflazione di fondo: quest'ultima è aumentata dello 0,3%, più delle attese fissate allo 0,2%. Questo rialzo fa temere un’inflazione persistente e questo timore potrebbe essere uno dei motivi principali che potrebbe rendere molto difficile giustificare un taglio di mezzo punto percentuale nella riunione di questa settimana. In particolare, ciò che ha rovinato un'ottima lettura sono i cosiddetti costi legati agli alloggi (shelter costs), cresciuti dello 0,5% ad agosto: si tratta di una delle maggiori cause del rialzo mensile dello 0,3%.
NORVEGIA: COSTO DEL DENARO ANCORA FERMO
La Banca centrale norvegese si riunirà questa settimana, ma i tassi saranno lasciati al 4,5%. I prezzi hanno rallentato ad agosto al 2,6%, dal 2,8% di luglio, battendo le attese del 3,5%, mentre l’inflazione di fondo, l’indicatore maggiormente osservato dalla Banca centrale norvegese, è sceso al 3,2% dal 3,3% di luglio, quando le attese della stessa Banca centrale norvegese erano per un 3,6%. I dati economici, come il calo della disoccupazione e prezzi delle case più alti, propendono tuttavia per la presenza di pressioni sui prezzi. Tutto ciò lascia pensare che la Banca centrale rimarrà ancora fedele, per questa riunione di settembre, all’approccio di lasciare i tassi fermi al 4,5% per qualche mese ancora. L'idea che emerge nelle attese di mercato dopo questi dati è la seguente: a settembre i tassi saranno lasciati fermi, e così sarà nelle riunioni successive; tuttavia, con un ulteriore calo dell'inflazione, la Norges Bank prenderà in considerazione una riduzione del costo del denaro entro fine 2024. Se così sarà, il primo taglio arriverà a dicembre ed eventualmente poi si proseguirà con il nuovo anno.
Sono poi arrivati anche dati, su cui abbiamo preparato analisi specifiche, da Cina, Giappone e Brasile.
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