La settimana delle obbligazioni: difesa, piani di rilancio e rendimenti…

La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
Le decisioni dell'amministrazione Trump hanno avuto una serie di ripercussioni che vanno dall'ambito politico a quello dei mercati finanziari - sia azionari, sia obbligazionari e anche valutari. La decisione di far scattare i dazi su Messico e Canada, per poi fare marcia indietro e rimandarli di un mese, e di alzare quelli sulla Cina, hanno avuto delle ripercussioni sull'andamento delle valute e, per quanto riguarda la Cina, ha avuto anche un riflesso dal punto di vista delle politiche fiscali. Le decisioni di ritirarsi dal fornire aiuti militari all'Ucraina, sempre da parte degli Stati Uniti, hanno avuto anch'esse delle ripercussioni, prima di tutto dal punto di vista politico, con la decisione da parte dell'Unione europea di dare vita ad un piano di investimenti per la difesa comunitaria. In Germania l'annuncio dei due partiti principali della nuova coalizione di Governo di voler aumentare la spesa pubblica per stimolare gli investimenti sulla difesa e sulle infrastrutture ha come motivazione principale, ovviamente, quella di rilanciare l'economia, ma in parte è anche dovuta alle decisioni che arrivano dagli Stati Uniti. Non solo, anche la minaccia dei dazi sui beni europei, con una Germania forte esportatrice, ha influito sulla decisione da parte del Paese teutonico di allentare i cordoni della spesa pubblica. Tutto questo ha inevitabilmente avuto un riflesso sui mercati. Principalmente sui mercati delle obbligazioni, ma anche sull’euro.
I rendimenti della zona euro sono, infatti, aumentati nell’ultima settimana: come puoi vedere in tabella, si sono registrati aumenti consistenti, il tutto durante una settimana in cui la Bce, seppur la decisione era scontata, ha tagliato i tassi. Perché sono aumentati i rendimenti? L'offerta di titoli di Stato europei sui mercati è destinata ad aumentare e la prima reazione è quindi quella di far abbassare i prezzi dei bond e far alzare, di conseguenza, i rendimenti degli stessi. Perché aumenterà l’offerta di titoli obbligazionari?
L’aumento della spesa per il settore della difesa, voluto dalla Commissione europea, determinerà un aumento delle emissioni di obbligazioni, anche se non si sa se questo avverrà attraverso titoli europei, come avvenuto per finanziare il Recovery fund, oppure se dovranno pensarci gli Stati con i propri titoli. Inoltre, c’è anche il piano della Germania di allentare i vincoli di bilancio aumentando il proprio debito pubblico.
LA RISPOSTA DELLA CINA
La risposta della Cina ai dazi americani non si è fatta attendere. Il colosso asiatico, nel comunicare l’obiettivo di crescita del 5% per il 2025, ha anche annunciato un massiccio piano di stimoli. Dopotutto, la Cina si trova ad affrontare una serie di sfide: l’inasprimento dei dazi americani, la crisi del settore immobiliare, la deflazione e una domanda interna ancora debole. In un contesto insidioso come questo, per centrare una crescita del 5% erano fondamentali stimoli economici. Per contrastare gli effetti negativi dei dazi e stimolare la crescita, la Cina ha così deciso di aumentare il proprio deficit di bilancio al livello più alto degli ultimi trent'anni. Il Governo cinese ha, infatti, fissato per il 2025 un obiettivo di deficit fiscale pari a circa il 4% del Pil. Per finanziare questo deficit, Pechino prevede di emettere 1300 miliardi di yuan (166 miliardi di euro) in obbligazioni sovrane speciali a lungo termine, superando i 1000 miliardi emessi l'anno scorso. Inoltre, sono stati stanziati 300 miliardi di yuan (38 miliardi circa di euro) per sostenere l’acquisto di auto e beni per la casa. Questo programma, raddoppiato rispetto al 2024, mira a rafforzare la spesa dei consumatori, che il Governo ha indicato come una priorità assoluta per la prima volta dal 2012.
C’È STATA ANCHE LA BCE
La decisione di tagliare i tassi da parte della Bce era scontata. Più interessante era capire cosa succederà da qui in avanti: il percorso futuro dei tassi da oggi diventa più incerto. Tra le divisioni interne alla Bce, con diversi esponenti che iniziano a mettere sul tavolo l’ipotesi di quando porre fine al taglio dei tassi, i dati sull’inflazione che rallenta, ma che lo fa meno delle attese, le stime della Bce sul carovita più alte per questo 2025 rispetto a quanto previsto a dicembre e, soprattutto, con il piano di spesa della Germania per difesa ed infrastrutture che potrebbe avere effetti sulla crescita economica e quindi anche sull’inflazione, la dinamica futura del costo del denaro diventa più incerta. L’incertezza è prima di tutto sulla velocità del taglio dei tassi. Data l’elevata incertezza del periodo, potrebbero verificarsi scenari in cui la Bce sarà costretta a muoversi velocemente – per esempio se i dazi americani peseranno sull’economia a tal punto da farla contrarre, ma anche scenari in cui alla fine i tagli porteranno il costo del denaro comunque al 2%, ma più lentamente. La Bce, infatti, potrebbe anche decidere di fare delle pause, non tagliando, in altri termini, i tassi in tutte le riunioni. Ci sono però anche incertezze, maggiori rispetto al passato, sul numero totale di tagli. Se i piani di riarmo e di spesa sia tedesco sia europeo stimoleranno la crescita, creando così nuove pressioni inflazionistiche, portare il costo del denaro fino al 2% potrebbe non essere possibile. I mercati, infatti, iniziano a stimare un costo del denaro finale non per forza al 2%, ma al 2,25%.
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