Una domanda che spesso viene posta riguarda che cosa succede al fondo pensione, o meglio, ai soldi versati nel fondo pensione, in caso di decesso. Bisogna distinguere se il decesso avviene durante la fase di accumulo - o adesione del fondo pensione - oppure nella fase di decumulo, cioè quando l'aderente è andato in pensione e sta percependo la rendita.
DECESSO DURANTE LA FASE DI ACCUMULO
Se il decesso sopraggiunge durante la fase di adesione al fondo, dunque quando l'aderente sta ancora versando, tutto quanto accumulato nel fondo può essere riscattato dai soggetti designati dall'iscritto. Quando si aderisce al fondo pensione bisogna infatti indicare chi sono gli eventuali eredi in caso di decesso durante la fase di accumulo. Se questa eventualità accade, la persona o le persone che sono state designate come destinatarie potranno riscattare quanto accumulato nel fondo. In assenza di designazione esplicita, la posizione viene liquidata agli eredi, legittimi o testamentari, seguendo esattamente le stesse regole per ogni tipo di successione.
Dunque, quanto accumulato nel fondo non va perso: l’importante è che vi sia un erede, designato oppure un erede legittimo secondo la legge. Solo e solamente nel caso in cui non ci fosse nessuno, un po’ come avviene nel caso di un’eredità a cui non c’è nessuno a cui lasciarla, allora la posizione viene devoluta a finalità sociali secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Nei fondi chiusi la posizione resta acquisita al fondo stesso, determinando un aumento delle posizioni individuali degli aderenti.
DECESSO DURANTE LA PENSIONE
Se invece il decesso avviene durante la fase di decumulo, le sorti dipendono dal tipo di prestazione scelta dall’aderente al fondo pensione. Abbiamo infatti approfondito il tema delle rendite, mostrando che ce ne sono di diverse.
Se è stata scelta la rendita reversibile, in caso di decesso la rendita continua ad essere pagata finché il beneficiario della reversibilità è in vita. Se è stata scelta la rendita con restituzione del capitale residuo (controassicurata), al momento della morte dell’aderente, il beneficiario o gli eredi riceveranno il montante residuo, al netto della rendita già corrisposta, sotto forma di capitale, dunque in un’unica soluzione. Se invece il montante residuo non esiste, perché sotto forma di rendita è già stato erogato tutto o più di quanto accumulato, non ci sarà nulla. Se invece è stata scelta la rendita certa per 5 o 10 anni, nel caso in cui l’aderente muoia entro 5/10 anni, la rata viene comunque corrisposta per i 5/10 anni prestabiliti al beneficiario o, laddove non indicato, agli eredi.
Dunque, solo e solamente se si è scelto per la rendita vitalizia pura, in caso di morte non andrà nulla agli eredi. In tutti gli altri casi, invece, una eredità c’è e non si perde quanto accumulato. Ovviamente, è scontato che la parte erogata sotto forma di capitale, essendo stata liquidita al momento della pensione era già entrata a far parte del patrimonio dell’aderente.
Infine, nel caso di morte dell’aderente nel corso dell’erogazione della R.I.T.A, il capitale residuo corrispondente alle rate non ancora erogate è riscattata dai beneficiari designati dall’iscritto. In assenza di un’espressa indicazione, la posizione viene liquidata agli eredi (legittimi o testamentari), come visto in precedenza.