COME SCEGLIAMO LE OBBLIGAZIONI DA CONSIGLIARE?
1. Il primo criterio che guida le nostre scelte di investimento è il rendimento offerto dall'obbligazione.
2. Inoltre, teniamo in considerazione anche il grado di affidabilità dell'emittente (nella graduatoria elaborata dalle principali società di rating, tra cui Moody, Standard&Poor e Fitch). Il rendimento, dunque, non è considerato in termini assoluti, ma in relazione al rischio.
3. Altro criterio fondamentale è la valuta in cui è espressa l'obbligazione. Oltre agli investimenti in euro, consigliamo di dedicare una parte dei risparmi anche in valute diverse dall'euro, scelte tra quelle attualmente sottovalutate nei confronti dell'euro: puntando su di esse potrete sfruttare a vostro vantaggio un loro eventuale apprezzamento (che noi prevediamo nei prossimi anni).
4. In terzo luogo, di fondamentale importanza è la durata dell'obbligazione. Di volta in volta analizziamo la curva dei tassi per trovare la scadenza che offre il miglior rendimento.
5. Tra i titoli che soddisfano i requisiti sopra descritti consigliamo quelli che, a parità di scadenza e grado di affidabilità, offrono i rendimenti maggiori.
COME CAMBIANO I GIUDIZI |
|||
INVESTMENT GRADE |
|||
S&P |
MOODY’S |
FITCH |
NOSTRO GIUDIZIO |
AAA |
Aaa |
AAA |
Eccellente |
AA+ |
Aa1 |
AA+ |
Ottima |
AA |
Aa2 |
AA |
Ottima |
AA- |
Aa3 |
AA- |
Buona |
A+ |
A1 |
A+ |
Buona |
A |
A2 |
A |
Buona |
A- |
A3 |
A- |
Discreta |
BBB+ |
Baa1 |
BBB+ |
Discreta |
BBB |
Baa2 |
BBB |
Sufficiente |
BBB- |
Baa3 |
BBB- |
Sufficiente |
SPECULATIVE GRADE |
|||
BB+ |
Ba1 |
BB+ |
Rischiosa |
BB |
Ba2 |
BB |
Rischiosa |
BB- |
Ba3 |
BB- |
Rischiosa |
B+ |
B1 |
B+ |
Alto rischio |
B |
B2 |
B |
Alto rischio |
B- |
B3 |
B- |
Alto rischio |
CCC+ |
Caa1 |
CCC |
Alto rischio |
CCC |
Caa2 |
Alto rischio |
|
CCC- |
Caa3 |
Alto rischio |
|
CC |
Ca |
CC |
Alto rischio |
C |
C |
Alto rischio |
|
D |
C |
D |
Alto rischio |
Il rating delle obbligazioni
Il rating è un giudizio sull'affidabilità di Paesi e società. Viene valutato da apposite agenzie - le più famose sono Moody, Standard & Poor e Fitch - che analizzano la capacità di una società di ripagare i suoi debiti. L'analisi viene effettuata sia sulla base di dati di tipo quantitativo che sulla base di dati di tipo qualitativo. Dopo il rilascio il rating viene comunque monitorato continuamente in modo da essere sempre aggiornato e affidabile.
I rating partono da AAA (tripla A, massimo dell'affidabilità) e scendono via via seguendo l'alfabeto fino alla D (situazione di default). Sulla base dei rating noi costruiamo a nostra volta il nostro giudizio di affidabilità.
Il rendimento delle obbligazioni
Il rendimento pubblicato sul sito è quello netto annuo. Teniamo conto di tutte le tasse, del rateo di cedola e di commissioni bancarie dello 0,5%.
Il prezzo delle obbligazioni
Il nostro sito internet riporta i prezzi rilevati sul circuito Reuters. Il prezzo è quello in modalità Best Execution, che corrisponde al miglior prezzo rilevato prendendo in considerazione tutti i mercati su cui quel bond è quotato.
Le cause di una fluttuazione nelle quotazioni delle obbligazioni vanno ricercate nei tassi d'interesse
Il rialzo dei tassi riduce, infatti, il valore delle obbligazioni, mentre un ribasso dei tassi lo aumenta. Come? · Un piccolo esempio ci aiuterà a chiarirci le idee. Immaginiamo di aver acquistato un'obbligazione per un importo pari a 10.000 euro che dà un interesse del 5% - ossia 500 euro l'anno -, per una durata di dieci anni. Al termine di questi 10 anni riceveremo indietro i 10.000 euro del nostro investimento. · Immaginiamo che il giorno seguente l'acquisto del titolo i tassi salgano al 5,3%. Questo significa che sarebbe possibile acquistare un altro titolo di durata decennale che dà diritto a 530 euro l'anno, superiore ai 500 del titolo che avevamo portafoglio. Questa nuova obbligazione è più interessante della precedente.
Poniamo ora che decidiamo di vendere il titolo in nostro possesso per acquistare il nuovo titolo. Non ci verranno più corrisposti 10.000 euro, ma un il compratore può infatti decidere di acquistare l'altro titolo che rende un po' di più. Per rendere appetibile il titolo che stiamo vendendo dovremo concedere qualche cosa in termini di prezzo: lo potremo vendere a poco più di 9.771 euro. Al contrario se invece attendiamo la scadenza, rialzo dei tassi o meno, recupereremo i nostri 10.000 euro.
Il valore di un'obbligazione è influenzato dall'andamento dei tassi d'interesse nel mercato. Se questi salgono il prezzo si abbassa. Al contrario, se questi scendono, il prezzo cresce.
QUALI SONO LE NOSTRE FONTI INFORMATIVE?
Le nostre analisi sono svolte sulla base di una grande quantità di informazioni tratte da tantissime fonti diverse tra di loro e che in parte variano a seconda che si tratti di azioni, obbligazioni, fondi comuni, conti correnti e così via. Per le azioni parla la società, ma non solo ·
Per analizzare i dati di una società quotate le fonti principali del nostro lavoro sono le informazioni dell'investor relator della società stessa, come i comunicati stampa con cui la società annuncia decisioni, i dati di bilancio, i fatti salienti della vita aziendale. Accanto a questi ci sono le relazioni trimestrali e semestrali e i bilanci annuali. Visto che le società non sempre dicono tutto con i comunicati, teniamo d'occhio le notizie e le indiscrezioni che escono sulla carta stampata o su internet. Leggiamo i report degli uffici studi delle banche e seguiamo le novità pubblicate negli studi settoriali di istituti e associazioni di categoria – come gli studi di AC Nielsen sulla raccolta pubblicitaria quando studiamo il settore media, o i dati sulle immatricolazioni in Europa per quello auto e via dicendo...
In più gli stessi prezzi delle azioni sono in sé una fonte importante di informazioni: ad esempio una forte turbolenza nei prezzi di un titolo, pur in assenza di notizie sui giornali, è di per sé indicatrice del fatto che nell'aria ci sono novità. I prezzi li prendiamo da Datastream, una grande banca dati. · I nostri modelli di valutazione delle azioni tengono conto non solo dei dati relativi ai singoli titoli, ma anche di informazioni di carattere generale sulla crescita delle economie e dei singoli settori. Queste informazioni (ad esempio i tassi di crescita) le traiamo dalle pubblicazioni della Bce, dell'Istat e delle istituzioni internazionali, come l'Ocse, o il Fondo monetario internazionale. Obbligazioni, fondi comuni, e non solo...
Per quanto riguarda le obbligazioni troviamo i dati necessari alla nostra analisi (prezzi, nuove emissioni, rating...) principalmente attraverso quattro fonti: il circuito Reuters, la Borsa del Lussemburgo, la Borsa Svizzera e i siti internet delle principali agenzie di rating, come ad esempio www.standardandpoors.com, o www.moodys.com. ·
Per analizzare i fondi comuni la prima fonte sono i prospetti informativi e i regolamenti dei fondi, tuttavia l'analisi di questi prodotti ne comprende anche numerose altre. Tra queste citiamo i quotidiani finanziari (su cui troviamo i valori delle quote o dei dividendi staccati), la banca dati di Datastream (che ci fornisce tra l'altro i valori degli indici con cui confrontiamo l'andamento dei fondi), nonché il sito dell'associazione di categoria dei gestori dei fondi italiani www.assogestioni.it.
I dati su cui costruiamo la nostra strategia di portafoglio di fondi, analogamente a quanto avviene per il modello di valutazione delle azioni, li recuperiamo dalle pubblicazioni della Bce e di istituzioni internazionali, quali l'Ocse, e il Fondo monetario internazionale.
I prospetti informativi sono una fonte cruciale anche per esaminare polizze e prodotti assicurativi. Se è necessario poi fare delle simulazioni sui rendimenti futuri di questi prodotti ci serviamo anche delle serie storiche dei dati di mercato (che troviamo in Datastream).
COME VALUTIAMO LE VALUTE
Un solo prezzo ·
Per descrivere l'andamento dei tassi di cambio le principali teorie economiche si basano sulla legge del prezzo unico. Tale legge non è altro che un'astrazione del comportamento dei mercati e stabilisce che in assenza di costi di trasporto, dazi doganali, e altre limitazioni al commercio un singolo bene gli stessi beni venduti in Paesi diversi devono avere lo stesso prezzo (una volta che sono stati convertiti nella stessa moneta). Ad esempio se il prosciutto crudo in Italia costa circa 26 euro al chilo, visto che il tasso di cambio euro/dollaro è di circa 1,2, negli Usa un chilo di prosciutto crudo dovrebbe costare 26x1,2=31,2 dollari. Il motivo di questa affermazione sta nel fatto che se i prezzi fossero differenti, in assenza di costi di trasporto, dazi, etc, converrebbe comprare il prodotto dove costa meno e rivenderlo dove costa di più. Ad esempio se il prosciutto negli Usa costasse 24 dollari al chilo converrebbe importarlo in Italia guadagnano la differenza tra 26 e 20 euro dollari (=24 dollari/1,2). ·
Attenzione questa legge può essere letta anche in maniera inversa ossia che il tasso di cambio tra due valute dovrebbe essere uguale al rapporto tra il prezzo di un bene espresso in tali valute. Tornando al nostro prosciutto: se in Italia costa 26 euro e negli Usa 31,2 dollari, il tasso di cambio dollaro/euro deve essere pari a 31,2/26, ossia 1,2. Non si vive di solo prosciutto ·
Ovviamente visto che il prosciutto non è l'unico bene acquistabile, ma che ve ne sono diverse migliaia, per confrontare due valute, occorre confrontare il livello di prezzo di tutti i beni acquistabili in tali valute. In pratica occorre prendere un paniere standard di beni (che sia rappresentativo dei vari beni acquistabili) e misurare il suo costo nelle valute che andiamo a confrontare. Il rapporto tra i prezzi di questi panieri dovrebbe, quindi, essere, uguale ai tassi di cambio. ·
Da questa osservazione nasce la teoria della parità (assoluta) del potere di acquisto che dice che il tasso di cambio tra due valute eguaglia il rapporto tra i poteri di acquisto delle due monete. · La conseguenza di questa teoria è che se in un Paese aumenta il livello dei prezzi, la sua valuta dovrà perdere terreno rispetto a quella di un Paese in cui non avviene questo aumento in modo da mantenere allineati i prezzi tra i due Paesi. Poniamo ad esempio che il paniere di riferimento negli Usa costi 120 dollari, e che in Europa costi 100 con un cambio di 1,2 dollari per un euro. Se il suo costo negli Usa sale a 130, ma in Europa rimane pari a 100, il cambio dell'euro si dovrebbe apprezzare fino a far sì che ci vogliono 1,3 dollari (anziché 1,2) per ogni euro. ·
Tuttavia è possibile affinare ulteriormente questa teoria. Visto che vale sotto ipotesi ideali (niente dazi, nessun costo di trasporto, ma anche niente distorsioni di tipo fiscale, beni rappresentativi dei diversi Paesi in maniera identica) gli economisti hanno pensato bene di fornirne una formulazione "più leggera" prevedendo la cosiddetta teoria della parità (relativa) del potere di acquisto. Si dice relativa in quanto, anziché guardare tout court i prezzi di panieri di beni, va a guardare le variazioni percentuali dei livelli dei prezzi, a cui, nel lungo periodo, i tassi di cambio si devono adattare. ·
In questo modo si fa salva la diversità dei tenori di vita dei differenti Paesi: non ci si aspetta, in poche parole, che fare uno spuntino a pranzo in un bar a Zurigo, dove il tenore di vita è molto alto, debba costare (una volta effettuato il cambio dal franco all'euro) la stessa somma che si pagherebbe pranzando a tapas nel Sud della Spagna. · Tuttavia ci si aspetta che se l'inflazione in Svizzera superasse quella europea il franco si possa deprezzare e viceversa.
Conti con la realtà ·
Ovviamente questi discorsi valgono nel lungo periodo, poi giorno dopo giorno, sui mercati, il livello dei tassi di cambio fluttua sulla base delle notizie economiche: cambiamento dei tassi di interesse, percezione della crescita dell'economia e via dicendo. Molte sono, infatti, le forze che presiedono le variazioni dei cambi nella loro globalità al di là di quello che la teoria economica (e l'osservazione del comportamento delle valute) dicono per il lungo periodo.
Sulla base delle teorie che abbiamo esaminato è, infatti, possibile indicare solamente un valore di equilibrio a cui, nel lungo periodo, il livello del tasso di cambio, si dovrebbe adeguare.
Questo ha, dunque, due conseguenze: la prima è che è comunque impossibile prevedere un tasso di cambio dato una volta per tutte, in secondo luogo che non è escluso che il cambio tra la valuta A e la valuta B possa passare da un livello di sottovalutazione della valuta A un livello di sopravvalutazione di A senza fermarsi più di un ora sul livello di equilibrio.
In poche parole il livello di equilibrio tra due valute rimane il punto gravitazionale intorno a cui gravitano i tassi di cambio, ma non è da intendersi come il livello a cui le valute si fermano.
COME VALUTIAMO LE AZIONI
A Maggio 2021 la nostra metodologia di valutazione delle azioni è cambiata. Quella attualmente in uso la trovi qui
Quando l’inefficienza è un vantaggio
Un mercato è efficiente se rispetta una serie di condizioni (numero elevato di investitori razionali, numero elevato di transazioni, informazioni disponibili simultaneamente per tutti gli investitori...). Nella realtà, tuttavia, i mercati azionari non sempre riescono a garantire queste condizioni; di conseguenza, non sempre le azioni quotano al loro prezzo “giusto”. Da qui, l’importanza della scelta delle singole azioni in cui investire.
Il nostro modello di valutazione, in sostanza, cerca di identificare e sfruttare le differenze tra il prezzo “giusto” e il prezzo di mercato di un titolo. L’ipotesi di fondo, cioè, è che prima o poi il prezzo di mercato di un titolo tende a tornare verso il livello teoricamente “giusto”: se al momento il prezzo è più basso è un’occasione per acquistare, se invece il prezzo di mercato è più alto è il momento di vendere. Ma come determinare il prezzo “giusto”?
Gli elementi base
Innanzitutto, nelle nostre valutazioni consideriamo solo valori prospettici (quelli relativi all’esercizio in corso e agli esercizi futuri), non i valori storici. I mercati, infatti, “guardano avanti” e sono più interessati alle prospettive di una società piuttosto che alla sua storia. Il passato, casomai, è utile come base per ipotizzare l’andamento futuro, ma non può essere l’unico fattore considerato. · Quali sono le fonti informative che utilizziamo? Tutte quelle a nostra disposizione per conoscere la società e il suo andamento: alcuni di questi documenti provengono dalla società stessa (bilanci, relazioni semestrali e trimestrali, budget previsionali e piani strategici, comunicati stampa...) altri da fonti “esterne” (stampa specializzata, internet, studi di settore...).
Per ogni Borsa, la valutazione del singolo titolo si basa sul raffronto con un campione di azioni rappresentativo del mercato. In particolare, valutiamo quattro elementi: il rapporto prezzo/utile, il rapporto prezzo/cash flow, il rapporto prezzo/valore contabile, ma soprattutto il rendimento atteso del titolo messo in relazione con il suo rischio e con il tasso di rendimento per investimenti privi di rischio. Il rapporto prezzo/utile
Nel rapporto prezzo/utile prendiamo in considerazione l’utile di competenza del gruppo. Viene quindi esclusa la parte di utile che spetta ai soci di minoranza delle società che, pur rientrando nei conti del gruppo, non sono controllate al 100%. · Consideriamo l’utile al netto delle tasse, ma senza tener conto degli elementi straordinari (consideriamo cioè l’utile corrente). · Infine, questo valore va diviso per il numero di azioni, in modo da poterlo rapportare al prezzo di Borsa. Ma quale numero di azioni? Escludiamo le azioni proprie detenute dalla società, e consideriamo solo parzialmente le azioni emesse nel corso dell’anno. Prezzo/cash flow e prezzo/valore contabile ·
Il cash flow è il flusso di liquidità generato dall’attività. Lo determiniamo in modo analogo all’utile: consideriamo cioè il cash flow corrente, di competenza del gruppo, al netto delle tasse. Anche il calcolo del numero di azioni è analogo. ·
Il valore contabile, invece, è il valore “di libro” della società, cioè quello risultante dalla valutazione di bilancio delle sue attività, una volta detratti i debiti. Consideriamo il patrimonio risultante a fine anno, di competenza del gruppo, dopo la distribuzione del dividendo e senza considerare le azioni proprie. Il numero di azioni per il quale viene diviso è pari al numero complessivo di azioni in circolazione, meno le azioni proprie.
Il rendimento atteso
Il rendimento di Borsa di un titolo è il tasso che rende il prezzo di mercato del titolo uguale al valore attuale di tutti i dividendi futuri. Per calcolarlo, stimiamo in maniera puntuale i dividendi dei prossimi 3 anni seguenti; per il periodo successivo (fino a 15 anni) applichiamo una stima del tasso di crescita del settore (vedi riquadro), mentre per il periodo da 15 a 30 anni stimiamo che la crescita si avvicini in maniera graduale al tasso di crescita dell’economia a lungo termine (per la quale utilizziamo le previsioni dell’OCSE e del Fondo Monetario Internazionale).
Dall’insieme di tutti i rendimenti teorici dei titoli possiamo calcolare un valore teorico “medio” per ogni livello di rischiosità (indicata dal coefficiente beta, che indica la tendenza del titolo ad amplificare o ridurre gli alti e bassi del mercato in generale). Confrontando questo valore con il rendimento di Borsa del titolo, possiamo stabilire se l’azione è sopravvalutata (quando il rendimento di Borsa è inferiore a quello teorico) o sottovalutata (quando il rendimento di Borsa è superiore a quello teorico). Tiriamo le somme! · Per ognuno dei quattro parametri (prezzo/utile, prezzo/cash flow, prezzo/valore contabile, rendimento atteso) dividiamo i titoli in cinque gruppi, a cui attribuiamo un punteggio da 1 a 5: al gruppo “migliore” (ad esempio quello con un rapporto prezzo/utile più basso, oppure con un rendimento atteso più alto) diamo il punteggio 1. Al gruppo successivo diamo il punteggio 2, e così via.
Riuniamo poi i quattro punteggi ottenuti da ogni titolo in un’unica valutazione complessiva del titolo. Come? Facendo una media ponderata. I quattro elementi, infatti, non hanno tutti la stessa importanza nel valutare il titolo: il rendimento atteso è quello a cui attribuiamo un peso maggiore. · A questo punto, manca solo un ultimo passaggio: rettifichiamo la valutazione del titolo tenendo conto del rendimento e della rischiosità delle altre Borse e dei mercati obbligazionari (applichiamo una correzione, positiva o negativa, in base al mercato di appartenenza). Da qui la valutazione finale.
E il rischio?
Oltre alla valutazione (cara, correttamente valutata, conveniente...) per ogni azione forniamo ogni settimana anche un indicatore di rischio (da una a cinque stellette). Da dove deriva? · L’elemento di base è la “volatilità” storica, cioè l’ampiezza degli “alti e bassi” registrati fino a oggi dal prezzo del titolo. Questo non è tuttavia sufficiente: come per la valutazione, il passato è solo una base e deve essere “corretto” in base alle prospettive future. Per questo motivo, prendiamo in considerazione anche altri elementi, che possono portare a un livello di rischio più alto.
Innanzitutto, valutiamo il rischio di fallimento della società, a breve ma anche a medio termine. Per farlo, teniamo conto del livello attuale dei debiti e di altri fattori, come le cause giudiziarie in corso. · Il secondo elemento che consideriamo è il tipo di attività: consideriamo perciò il grado di specializzazione o di diversificazione, il potenziale tasso di crescita, la presenza di rischi giudiziari...
Come interpretare i nostri consigli
I nostri consigli di investimento sono basati su una “scala” a tre livelli: acquistare, mantenere e vendere. Anche se il loro significato può apparire ovvio, ci sono alcuni aspetti che meritano un approfondimento. · Innanzitutto, a quale orizzonte temporale si riferiscono? I nostri consigli sono indirizzati all’investitore “di lungo periodo”, disposto ad aspettare alcuni anni per vedere il risultato dei propri investimenti. L’investimento in azioni è (in media) più redditizio rispetto a altri, ma solo a condizione di aver pazienza; tenete comunque presente che il maggior rendimento è anche legato al maggior rischio degli investimenti azionari (volatilità dei prezzi, nessuna garanzia di recuperare il capitale investito).
Partiamo dal consiglio “acquistare”: per un lettore che non ha ancora il titolo nel proprio portafoglio, significa che quel titolo è una buona opportunità per investire un eventuale capitale a sua disposizione. Se invece il titolo fa già parte del proprio portafoglio, può darsi che sia meglio puntare su altre azioni: occorre valutare il peso della singola azione nel complesso dei propri investimenti, tenendo anche conto di eventuali “sovrapposizioni” (ad esempio altri titoli appartenenti allo stesso settore o allo stesso gruppo). Se il peso è già significativo, meglio mantenere il titolo ma orientare “verso altri lidi” i nuovi acquisti.
Quanto al consiglio “mantenere”, deve essere interpretato in questo modo: per nuovi investimenti c’è sicuramente di meglio, per cui chi non ha il titolo non lo acquisti. Chi invece lo ha già, lo può conservare nel proprio portafoglio: il mercato valuta infatti in maniera corretta le prospettive della società, riflesse nel prezzo. Non è quindi il caso di precipitarsi a vendere per investire nelle azioni all’acquisto, tenendo anche conto dei costi (commissioni di acquisto e vendita) che dovreste sostenere “saltando” in continuazione da un titolo all’altro. · Infine il consiglio “vendere”: chi ha il titolo se ne liberi e investa altrove, chi invece non lo ha... continui a stare alla larga. Stare alla larga in tutti i sensi: non consigliamo cioè di speculare nemmeno al ribasso, ad esempio attraverso strumenti derivati come le opzioni.
IL TASSO DI CRESCITA SETTORIALE
Una delle determinanti della valutazione di un titolo è il tasso di crescita del settore a cui la società appartiene. Come lo determiniamo? Abbiamo individuato i principali fattori che contribuiscono “all’attrattività” di un settore: tasso di crescita atteso per le vendite, dimensioni del mercato, redditività attuale, intensità della concorrenza, barriere all’entrata, grado di regolamentazione. Per ognuno dei settori esaminati abbiamo attribuito un punteggio (da 1 a 10) a ogni fattore, per indicare quanto possa pesare sullo sviluppo del settore. Abbiamo infine confrontato il punteggio finale (media ponderata dei punteggi di ogni fattore) con la crescita economica, per determinare la sovra o sottoperformance del settore rispetto alla Borsa.
Questo tasso settoriale può cambiare in base alla regione in cui la società opera (abbiamo individuato tre aree: Europa, Nord America, Mondo). In alcuni casi, infine, applichiamo un’ulteriore correzione quando riteniamo che la società esaminata sia in grado di “battere” sistematicamente il settore (o al contrario faccia sempre peggio). · Un terzo test riguarda la qualità degli utili: per questo esaminiamo le principali voci che hanno portato alla composizione dell’utile, facendo una distinzione tra elementi di “cassa” e scritture meramente contabili come accantonamenti e ammortamenti.
Infine, non possiamo prescindere dalla qualità del management della società: l’esperienza passata, e la disponibilità o meno di liquidità per operazioni “azzardate”, sono altri elementi da noi considerati per valutare il livello di rischio del gruppo.
COME VALUTIAMO I FONDI
La nostra metodologia di valutazione dei fondi è cambiata a maggio 2020. Qui trovi tutti i dettagli.
COME VALUTIAMO I FONDI PENSIONE
La nostra metodologia di valutazione dei fondi pensione è cambiata a marzo 2022. Qui trovi tutti i dettagli.