Caffè: la nuova corsa della commodity tra clima, logistica e regole europee

Il caffé viene da un periodo di rialzi, ma anche di turbolenze.
Il caffé viene da un periodo di rialzi, ma anche di turbolenze.
Negli ultimi mesi, il caffè è salito alla ribalta dei mercati internazionali delle materie prime (del cacao vi abbiamo parlato, invece, un paio di settimane fa). Da semplice ingrediente quotidiano a protagonista delle cronache finanziarie, l’oro nero in tazza si è trasformato in un asset volatile e conteso. Tra la fine del 2024 e la prima metà del 2025 i prezzi sono balzati ai massimi degli ultimi cinquant’anni, spinti da un cocktail di fattori: raccolti compromessi in Brasile e Vietnam, scorte ridotte, tensioni logistiche globali e nuove regole europee sulla sostenibilità. Dopo un temporaneo raffreddamento a metà estate, a settembre 2025 le quotazioni restano su livelli storicamente elevati, con movimenti giornalieri che riflettono l’estrema sensibilità del mercato a ogni notizia meteorologica o politica.
I numeri del boom
Il caffè si divide in due grandi famiglie: arabica, più pregiata e prodotta soprattutto in Brasile, e robusta, a maggior tenore di caffeina e proveniente in larga parte da Vietnam e Indonesia. Entrambe hanno conosciuto un’impennata notevole. L’arabica, quotata a New York, ha toccato valori che non si vedevano da decenni, mentre la robusta a Londra è balzata oltre soglie record, complice il calo dell’export vietnamita. A inizio 2025 i prezzi erano più che raddoppiati rispetto alla media degli anni precedenti, prima di ritracciare parzialmente a luglio. Da agosto in poi, però, i timori di gelate in Brasile e i ritardi nei flussi dal Sud-est asiatico hanno ridato fiato ai rialzi.
Il peso del clima
Il primo fattore da considerare è il clima, che incide in modo diretto sulla disponibilità di caffè. In Brasile, principale produttore mondiale, il 2024 è stato segnato da una siccità eccezionale che ha danneggiato le fioriture e compromesso i raccolti successivi. Gli analisti prevedono per la campagna 2025/2026 un calo della produzione complessiva tra il 3 e il 6%, con una flessione marcata dell’arabica. A compensare parzialmente potrebbe essere la varietà robusta brasiliana, il cosiddetto conilon, attesa su livelli record.
In Vietnam, invece, il fenomeno El Niño ha portato prima siccità estrema e poi piogge irregolari, riducendo l’offerta e costringendo molti esportatori a tagliare i contratti. Questo ha spinto i prezzi della robusta a livelli senza precedenti. Le previsioni per il 2025/2026 parlano di una possibile ripresa fino a circa 31 milioni di sacchi, ma l’incertezza resta alta: basta un nuovo shock climatico per azzerare queste attese.
Scorte ai minimi e speculazione
La combinazione di raccolti ridotti e domanda costante ha prosciugato le scorte mondiali. All’inizio del 2025 le riserve certificate di arabica alla borsa di New York erano ai minimi da anni. In queste condizioni, il mercato è diventato terreno fertile per la speculazione: i fondi e i grandi operatori hanno amplificato i movimenti, spingendo le quotazioni ancora più in alto. Il risultato è un’oscillazione continua, con giornate in cui il prezzo varia del 5–10% in poche ore.
Le rotte marittime e il nodo del Mar Rosso
Un elemento cruciale nel 2025 è il persistere della crisi nel Mar Rosso, che ha messo in difficoltà il commercio mondiale. Gli attacchi a cargo e petroliere da parte di milizie locali e la conseguente insicurezza hanno spinto molte compagnie a evitare il passaggio attraverso Suez, preferendo rotte alternative intorno al Capo di Buona Speranza. Ciò significa tempi di viaggio più lunghi, premi assicurativi più alti e costi maggiorati per carburante e noli.
Per il caffè robusta, che viaggia soprattutto dal Vietnam verso l’Europa, questo ha comportato ritardi e rincari, aggravando la scarsità percepita dai torrefattori e dagli operatori europei. Nonostante alcune tariffe di trasporto siano leggermente calate rispetto ai picchi del 2024, il quadro resta fragile: nel luglio 2025 si sono verificati nuovi attacchi a navi commerciali e grandi compagnie come CMA CGM hanno confermato l’intenzione di evitare l’area. La conseguenza è che il Mar Rosso, ben lontano dal tornare alla normalità, resta un fattore destabilizzante per le catene logistiche globali.
Regolamentazione europea: il fattore EUDR
A complicare il quadro si aggiunge il fronte normativo. L’Unione Europea ha inserito il caffè tra le commodity coperte dal Regolamento sulla deforestazione (EUDR), che vieta l’importazione di prodotti legati alla distruzione delle foreste. L’applicazione, inizialmente prevista per il 2025, è stata rinviata di un anno, offrendo una temporanea boccata d’ossigeno ai Paesi esportatori. Tuttavia, la prospettiva di controlli più stringenti resta all’orizzonte e potrebbe ridurre ulteriormente l’offerta disponibile per il mercato europeo. Molti coltivatori, soprattutto piccoli, rischiano di essere esclusi dalle catene di approvvigionamento se non saranno in grado di adeguarsi agli standard richiesti.
La domanda non si ferma
Nonostante tutto, la domanda mondiale continua a crescere. L’Asia e l’America Latina trainano i consumi, mentre in Europa e Stati Uniti si osservano solo lievi segnali di rallentamento. Il caffè è un prodotto profondamente radicato nelle abitudini quotidiane e difficilmente sostituibile. Questa rigidità della domanda crea una base solida che mantiene il mercato in tensione anche nei momenti di rincaro.
Prospettive: incertezza e volatilità
Guardando avanti, gli scenari sono contrastanti. Da un lato, la prospettiva di un raccolto vietnamita in ripresa nel 2025/2026 e di un’espansione della robusta brasiliana potrebbero alleviare la scarsità. Dall’altro, i rischi climatici restano elevati, soprattutto in Brasile, dove ogni gelata o siccità può avere effetti immediati. Anche il fattore logistico è tutt’altro che risolto: finché la rotta del Mar Rosso resterà instabile, i costi continueranno a pesare. Infine, il nodo regolatorio europeo tornerà presto al centro del dibattito, con potenziali ripercussioni strutturali sull’offerta.
Il mercato del caffè si trova oggi in un equilibrio precario: domanda resiliente, offerta fragile, clima incerto, logistica ostacolata e nuove regole in arrivo. Dopo l’impennata del 2024–2025, è possibile assistere a ulteriori correzioni, ma la volatilità rimarrà elevata. Ogni notizia meteo in Brasile o in Vietnam, ogni cambiamento normativo o ogni tensione sulle rotte commerciali può scatenare nuove ondate di rialzi. In questo contesto, più che mai, il caffè va considerato non solo una bevanda quotidiana, ma una delle commodity più sensibili e complesse del panorama globale. Per il 2026 gli scenari restano divergenti. In uno scenario rialzista, siccità in Brasile e Vietnam, logistica fragile e regole UE stringenti potrebbero mantenere l’arabica sui 3,3–3,8 $/lb e la robusta sui 4.000–4.600 $/ton, cioè sugli attuali massimi storici ma con rischio di nuovi picchi. Al contrario, raccolti abbondanti e trasporti normalizzati potrebbero riportare i prezzi su 1,9–2,3 $/lb e 2.400–2.900 $/ton. Più probabile una via di mezzo, con valori ancora elevati ma meno estremi.
Dal punto di vista dell’investitore quotati a Milano ci sono due prodotti: Wisdomtree Coffee (57,18 euro; Isin JE00BN7KB557) e Wisdomtree Coffee - Eur Daily Hedged (7,74 euro; Isin JE00B6TK3K31) che è come il primo, ma con protezione del rischio di cambio euro dollaro.
Entrambi hanno avuto un 2024/25 vivace, con impennate e crolli. Per esempio Wisdomtree Coffee a novembre 2024 valeva meno di 40 euro, a febbraio 2025 ha lambito quota 70 euro più volte, poi è ricrollato a luglio fino a prezzi intorno ai 44 euro e ora è risalito oltre 55 dopo punte di 65. È chiaro, quindi che si tratta di strumenti che puntano su un mercato molto ballerino, adatto più a un mordi e fuggi (sulla scia, come abbiamo visto, delle notizie climatiche, di per sé ballerine), che a un investimento di lungo periodo.
Al di là dei problemi che abbiamo più volte esposto circa i prodotti che, come questi, hanno per sottostanti i futures, non vediamo alcuna occasione interessante per investirci.
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