Il Bitcoin vola sperando nell’Etf Usa
 
                    Resta alta la speranza che il BitCoin entri definitivamente nel salotto buono della finanza americana.
 
                    Resta alta la speranza che il BitCoin entri definitivamente nel salotto buono della finanza americana.
In questi giorni, improvvisamente, il BitCoin (34.165 dollari al 26/10), che a metà ottobre valeva ancora meno di 27.000 dollari, un livello medio-basso se confrontato con le sorti altalenanti degli ultimi mesi, è balzato oltre quota 34.000 dollari guadagnando circa un quarto del suo valore nel giro di pochi giorni. A mettergli le ali ai piedi è stata la notizia (poi in qualche modo rientrata) dell’arrivo del ticker per identificare il primo Etf sul BitCoin sui mercati americani (in particolare si parla del Nasdaq). Ora, per te che sei un europeo, il fatto che possano esistere prodotti dedicati alle criptovalute non è una novità, ma se ci segui da tempo sai che la quotazione negli Usa di un prodotto sui BitCoin è un evento atteso da anni. Adesso molti sono convinti che Blackrock sia lì lì per farcela e che presto anche gli investitori Usa potranno investire in criptovalute con la comodità di un prodotto finanziario. È una notizia che potrebbe sostenere il valore del BitCoin (e delle principali criptovalute che lo seguono a ruota) nelle settimane a venire. C’è però una lezione di fondo: i mercati si sono mossi sulla scia di notizie in cui speravano da tempo. Ad aver spinto i prezzi non è una forza intrinseca dei BitCoin (come sarebbe, per esempio, per una società la notizia di utili oltre le attese), ma solo la speranza che l’entrata del BitCoin nel salotto buono della finanza sostenga gli acquisti di tutte le criptovalute. Insomma, anche se il risultato è positivo, è una ulteriore conferma del fatto che sotto il BitCoin non c’è nulla e che si tratta di un prodotto speculativo e men che meno un bene rifugio (vedi riquadro).
| In principio il BitCoin nella testa di tutti era un bene rifugio: soggetto a limiti di produzione (massimo 21 milioni di pezzi), a crescita lenta, era paragonato all’oro e una speranza deflazionista per chi temeva che le Banche centrali stampassero troppa moneta dopo il Crack Lehman e la crisi greca, spingendo verso l’alto i prezzi. Quando, finalmente, l’inflazione è arrivata (molto più tardi di quanto temuto) si era nella seconda metà del 2022 e il BitCoin in quei mesi ha vivacchiato intorno ai minimi del biennio come se nulla fosse stato. In realtà nessun valore capace di passare dai 60.000 dollari ai meno di 20.000 nel giro di pochi mesi come ha fatto in passato il BitCoin può essere considerato un bene rifugio. L’illiusione si è, quindi, dissolta. | 
Nei giorni che hanno preceduto questa novità tutta americana è uscita in Italia la notizia che la società Cripstina (si occupa di crediti fiscali) pensa alla creazione di una nuova criptovaluta detta Coliseum CMAX collegata a un portafoglio di crediti cartolarizzati, in particolare crediti fiscali. L’idea si lega all’esigenza di monetizzare crediti d’imposta come il superbonus del 110% che oggi non sono liquidi e quindi di difficile utilizzo. Per ora stiamo parlando solo di un progetto a cui la stampa ha dato molta evidenza; si vedrà quel che ne verrà. Tuttavia è interessante notare come, dopo la tokenizzazione di alcuni fondi (vedi riquadro sotto), si parli sempre di più di usare le criptovalute come strumenti finanziari veri e propri alla base dei quali starà, però, non dimentichiamolo un rapporto giuridico. Pertanto al di là della questione informatica che appassiona i più, in futuro quando capiterà di scoprire una nuova criptovaluta sarà sempre più importante capire anche gli aspetti giuridici sottostanti, per esempio se sarà legata a un diritto di proprietà, a una licenza, a un servizio, a un credito. Anche se al momento sono in secondo piano questi temi in futuro potrebbero fare la differenza. Non dimentichiamo, infatti, che molto del successo dei mercati finanziari attuali sta nella standardizzazione dei prodotti il cui significato giuridico è chiaro (le azioni sono forme di proprietà, i bond sono dei prestiti che facciamo…), ma qui siamo in un mondo che rischia di farsi complesso.
| Lo scorso luglio era uscita la notizia della tokenizzazione delle quote di un fondo da parte di Mediobanca e dedicato ad alcuni clienti di CheBanca! Un po’ di tempo prima una notizia simile era venuta da Azimut a proposito di un fondo domiciliato in Lussemburgo, un’idea volta a rendere pià facile il trasferimento di quote tra investitori. La domanda vera, tuttavia è: se ne sente davvero l’esigenza? La sensazione è che al momento si tratti più che altro di sperimentazioni slegate da reali esigenze dell’investitore medio, ma molto calate nella moda del momento. Il problema per il piccolo investitore resta nel fatto che comportano più che altro nuove realtà da capire e nuovi concetti da apprendere. | 
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