DeepSeek deprime le cripto
DeepSeek ha fatto parlare molto di sé, ma stiamo a vedere: il flusso di notizie sarà presumibilmente rapido.
DeepSeek ha fatto parlare molto di sé, ma stiamo a vedere: il flusso di notizie sarà presumibilmente rapido.
DeepSeek è la nuova intelligenza artificiale made in China che sta facendo parlare di sé in questi giorni. Si tratta di una app gratuita che a pochi giorni dal suo lancio sta avendo un successo enorme negli store online della mela di Cupertino. Nata quasi in sordina da una piccola startup che probabilmente nessuno conosceva fino a qualche settimana fa, questa intelligenza artificiale sarebbe meno costosa delle intelligenze artificiali più blasonate made in USA oggi in uso. Insomma, ad un tratto sembra che un’azienda cinese sia riuscita a sviluppare qualcosa per certi versi più avanzato (nel senso dell’economia delle risorse usate) rispetto alla concorrenza americana. In che senso si parla di economia delle risorse usate? DeepSeek bisogno di microchip meno potenti di quelli di punta delle società americane, grazie a una ottimizzazione del software che si è resa necessaria dopo che gli Usa hanno bloccato l'esportazione di microchip avanzati in Cina.
Tutto questo ha fatto crollare perfino i prezzi dei principali produttori di microchip all'avanguardia. Alla lunga, però, potrebbe impattare negativamente anche sul settore elettrico, perché se fosse vero che si può ottenere un buon risultato con minori risorse in termini di data center, anche su questo fronte ci sarebbero da rivedere molte cose.
In realtà al momento non si sa ancora tantissimo. Ma soprattutto resta il fatto che i prodotti cinesi sono pur sempre sottoposti alle censure e alle maglie del governo di Pechino: difficile immaginare come un modello di intelligenza artificiale possa progredire in un mondo in cui la censura è ben funzionante. Al momento circolano osservazioni sul fatto che ricerche che riguardano temi caldi per la politica cinese (per es. Piazza Tien An Men) siano bloccate. Basterà ad affossare una novità?
Stiamo a vedere: il flusso di notizie sarà presumibilmente rapido.
E le criptovalute che c’entrano?
In tutto questo caos le criptovalute hanno avuto un momento di calo. Il BitCoin è ritornato sotto i 100.000 dollari (ma poi è risalito). Visto che non c’è un legame diretto evidente tra DeepSeek e le criptovalute questo fenomeno dovrebbe far pensare quanto siano sensibili le criptovalute a notizie esterne del mondo tecnologico. Ormai il tema è squisitamente psicologico (e slegato da fatti nuovi e tangibili): se gli operatori temono che il BitCoin sia arrivato alla fine del suo momento di bolla iniziato con l’elezione di Trump, ci potrebbe essere un assestamento di tutto il settore.
La grande incognita più che altro è se gli Usa si doteranno di una riserva di BitCoin come abbiamo detto in passato. Trump ha messo al vaglio questa iniziativa creando una commissione dedicata al tema (https://www.whitehouse.gov/presidential-actions/2025/01/strengthening-american-leadership-in-digital-financial-technology/), ma la vaghezza con cui ha preso per ora l’iniziativa ha lasciato con l’amaro in bocca il mercato delle criptovalute che, ovviamente, desiderava ancora di più.
Certamente, se invece ci fosse davvero lo sviluppo di una riserva nazionale la notizia potrebbe essere dirompente come quella che ormai un anno fa portò ai primi prodotti finanziari dedicati ai BitCoin con effetti di spinta sul mercato. Anche qui occorre seguire da vicino lo svolgersi delle attività in materia. Ribadiamo ora le considerazioni con cui chiudemmo il nostro articolo di novembre.
“Tra il dire e il fare c’è di mezzo molta acqua, ma certamente se lo Stato americano dovesse investire in BitCoin la promessa di una crescita del prezzo del BitCoin si autoavvererebbe, viste le grandi somme delle tasche dei contribuenti Usa che verrebbero riversate sul mercato. Il buon padre di famiglia non dovrebbe investire in criptovalute. Chi proprio volesse puntare sul fatto che il BitCoin un domani entri nelle riserve Usa […] lo fa a suo rischio e pericolo, ma almeno lo faccia con strumenti quotati (a Francoforte, Zurigo, Parigi e Amsterdam). Tenete conto che ai livelli attuali non sono certo escluse né una correzione, né prese di beneficio da parte di chi ci ha già investito.”
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