Viviamo in un’epoca in cui il confine tra ciò che è sicuro e ciò che è vulnerabile è tracciato, in larga parte, dalla crittografia. Questo sistema invisibile ma essenziale protegge dati, identità, transazioni e comunicazioni. In particolare, il mondo delle criptovalute — con Bitcoin in testa — si basa interamente sulla fiducia nelle proprietà matematiche della crittografia moderna.
Ma questa fiducia, per quanto solida oggi, non è scolpita nella pietra. La vera variabile che potrebbe cambiare le carte in tavola è la potenza di calcolo. Più essa cresce, più si avvicina il giorno in cui gli algoritmi di cifratura che oggi riteniamo impenetrabili potrebbero essere violati.
In questa tensione tra crittografia e potenza di calcolo si inserisce anche la prossima rivoluzione: il calcolo quantistico. Una tecnologia che promette di moltiplicare le capacità computazionali in modo radicale. Ma che porta con sé, per Bitcoin, una minaccia concreta.
La crittografia come fondamento del Bitcoin
Bitcoin si fonda su alcuni pilastri crittografici che per un computer classico, è impresa impossibile violare, perché richiederebbe migliaia di anni. Ma cosa succederebbe se un computer potesse compiere in pochi minuti ciò che oggi richiede millenni?
La sicurezza della crittografia non è una condizione assoluta, ma relativa: dipende dalla quantità di risorse necessarie per rompere un algoritmo. E tali risorse non sono altro che potenza computazionale. Negli anni, ogni salto tecnologico nel mondo del calcolo ha reso obsoleti algoritmi considerati un tempo inattaccabili. È successo, ad esempio, con il DES (Data Encryption Standard, un algoritmo di cifratura risalente agli anni Settanta), che è stato violato nel 1998, e oggi potrebbe essere craccato da un normale computer portatile. Per proteggere le comunicazioni moderne, usiamo algoritmi più complessi, la cui sicurezza si basa sulla presunta difficoltà di certi problemi matematici
Ma tutti questi algoritmi condividono un presupposto: che la macchina che tenta di romperli sia classica. Se invece subentrasse un altro tipo di macchina, l’intero edificio potrebbe crollare. Ed è qui che entra in scena il quantum computing. Un computer quantistico non ragiona in bit, come i normali computer ma in qubit (vedi riquadro). Questo consente a un computer quantistico di esplorare molteplici soluzioni a un problema in parallelo, riducendo drasticamente i tempi di calcolo. Per Bitcoin, questo si traduce in una minaccia esistenziale.
Quanto siamo vicini a questo scenario? non troppo, ma…
Le principali aziende tecnologiche (Google, IBM, Intel, ma anche startup e laboratori cinesi) stanno già sviluppando prototipi di quantum computer, ma nessuno è ancora in grado di craccare le chiavi crittografiche dei BitCoin. Secondo alcuni questo potrebbe diventare tecnicamente possibile, però, entro il 2030, secondo altri ci vorranno 5 o 10 anni in più, sempre che non si prendano contromisure. Esistono, infatti, delle soluzioni crittografiche pensate per convivere con i computer quantistici, ma aggiornare i BitCoin a queste soluzioni è tutt’altro che banale, richiede degli interventi molto importanti. Il futuro del Bitcoin, dunque, dipenderà dalla capacità della sua community di anticipare l’arrivo di questa tecnologia e adottare in tempo nuove forme di protezione. Se ciò avverrà, Bitcoin potrebbe non solo sopravvivere, ma uscire rafforzato dal confronto con l’era quantistica. Se invece la transizione sarà lenta o frammentata, il rischio è quello di una crisi irreversibile. Il Bitcoin è stato finora un gigante dormiente, ma presto dovrà correre
C’è da preoccuparsi fin da ora?
Probabilmente no: come abbiamo visto si parla di rischi che dovrebbero concretizzarsi tra un po’ di tempo. E, infatti, l’andamento del BitCoin negli ultimi tempi sembra ignorare queste constatazioni che sono, comunque, note da tempo. Perché ne parliamo, allora? Ne parliamo per evidenziare come il paragone tra BitCoin e oro che spesso si fa sia del tutto fuorviante. L’oro è moneta da migliaia di anni, il BitCoin di anni ne ha 15 e se tra 100 anni probabilmente l’oro avrà ancora il suo valore, è più dubbio che lo abbia il BitCoin. C’è dietro della tecnologia e la tecnologia va sempre aggiornata o perde la sua corsa col tempo.
Per questo motivo continuiamo a vedere nel BitCoin più uno strumento per speculare sulle notizie a cui reagisce (inflazione, tassi, misure politiche di adozione del BitCoin come riserva…) che per avere delle certezze di lungo periodo.