Il Dogecoin è una criptovaluta nata nel 2013. Tutto è iniziato per gioco, a partire dal “meme” (una immagine umoristica che si propaga per condivisione) di uno shiba inu (una razza di cani compagnia giapponesi) che guardava storto l’uomo che stava per avvicinarsi a toccarlo. L’idea dei creatori di questa criptovaluta era di creare una criptovaluta “divertente e amichevole” su imitazione del BitCoin di cui voleva essere una presa in giro. Il progetto (qui il manifesto: https://foundation.dogecoin.com/manifesto/), però, è sfuggito di mano ai suoi creatori nel senso che ha attirato una serie di appassionati e ben presto si è formata intorno una comunità. In poche parole Dogecoin è diventata una criptovaluta seria che nel 2021 è arrivata a capitalizzare addirittura 70 miliardi di dollari, salvo poi scendere su livelli relativamente modesti di 10 miliardi di dollari nel corso del 2023 e tornate sui 20 miliardi nei primi mesi del 2024.
Dal punto di vista tecnico c’è un tetto massimo di criptomonete che possono essere prodotte ogni anno, ma non c’è un anno in cui praticamente tutte le criptovalute potranno essere emesse, come nel caso del BitCoin, quindi il Dogecoin potrà crescere (in teoria) all’infinito, a patto di durare un numero infinito di anni.
Il fatto che il Dogecoin sia nato per gioco, ma abbia avuto un grande successo affermandosi tra le prime dieci criptovalute al mondo, ci spinge a ricordare ancora una volta che una moneta è tale se ha tre funzioni: numerario (cioè serve per prezzare i beni, per esempio un chilo di pane vale cinque euro), riserva di valore (serve per accumulare ricchezza), mezzo di pagamento (ci compri il pane). Queste tre funzioni sono spesso convenzionali, ma ci sono convenzioni che durano da millenni (è il caso dell’oro) e convenzioni ch esono sostenute dalle leggi degli Stati oltre che dall’affidabilità di istituti chiamati Banche centrali (è il caso delle monete cosiddette fiat, cioè euro, dollari, sterline…). Nel caso delle criptovalute siamo di fronte a soldi del monopoli. E il caso dei Dogecoin, nati per gioco, lo dice in maniera evidente. Però finché tutti ci credono il mondo delle criptovalute sta in piedi. Certo come strumento di pagamento lasciano un po’ desiderare (non è facile comprare beni in Dogecoin), come numerario, ancora di più (non si prezzano i beni in Dogecoin), e come riserva di valore c’è forse chi ci crede (e ne accumula), ma resta il fatto che il loro valore ballerino nel tempo non è di aiuto per parlare di riserva. Basta che guardi il grafico nel nostro convertitore di criptovalute che trovi qui e che selezioni Dogecoin nel menu a tendina, vedrai che il suo prezzo è troppo ballerino per essere un buon mezzo di pagamento e un buon numerario. Quanto alla riserva di valore non lo è più di una azione speculativa. Per questo invitiamo alla prudenza prima di “giocare” con le criptovalute.
A differenza di altre criptovalute presenti nel nostro dossier, tra l’altro, Dogecoin non ha prodotti dedicati quotati su mercati regolamentati. Insomma, anche questo è un segnale da non sottovalutare.