La lezione di YZY sul mondo delle criptovalute

Autorità e analisti sottolineano i rischi legati a progetti di criptovalute con poca trasparenza e forte esposizione mediatica.
Autorità e analisti sottolineano i rischi legati a progetti di criptovalute con poca trasparenza e forte esposizione mediatica.
Negli ultimi giorni Kanye West, noto come Ye, ha fatto parlare di sé anche nel mondo delle criptovalute con il lancio del memecoin YZY, parte di un progetto più ampio chiamato YZY Money, che comprende anche un sistema di pagamenti (“Ye Pay”) e una carta dedicata (“YZY Card”). L’annuncio, diffuso tramite X (ex-Twitter), ha generato un’ondata immediata di entusiasmo tra i trader: in poche ore la capitalizzazione del token ha raggiunto valori altissimi, prima di subire un rapido crollo di circa due terzi del suo valore.
Secondo i dati della società di analisi blockchain Nansen, il volume di scambi ha superato i 740 milioni di dollari, mentre le perdite per gli investitori al dettaglio avrebbero superato i 20 milioni. Un andamento molto volatile, che richiama dinamiche già viste con altri memecoin promossi da personaggi noti.
La distribuzione dei token, tra l’altro, ha sollevato interrogativi: solo il 20% è stato messo sul mercato, mentre circa il 70% risulta controllato da Yeezy Investments LLC, una società registrata nel Delaware. Alcuni movimenti strani, come acquisti consistenti seguiti da vendite immediate, hanno alimentato ipotesi di possibili utilizzi di informazioni privilegiate.
L’episodio si inserisce in un dibattito più ampio negli Stati Uniti sulla regolamentazione delle criptovalute, in particolare quelle legate a campagne promozionali di celebrità. Autorità e analisti sottolineano i rischi legati a progetti con poca trasparenza e forte esposizione mediatica.
Alcune considerazioni da tenere a mente
Il lancio del token YZY, non può essere visto come un episodio isolato, ma si inserisce in un modello ormai ricorrente nel panorama delle criptovalute, dove la popolarità di una celebrità diventa un potente strumento finanziario. È paradossale che lo stesso artista, in passato critico verso i memecoin, abbia deciso di lanciare il proprio. Questa contraddizione ha moltiplicato l’attenzione mediatica e, di conseguenza, l’interesse speculativo attorno al progetto.
Uno dei primi elementi a colpire è stata la rapida crescita della capitalizzazione di mercato, arrivata a sfiorare i 3 miliardi di dollari. Un numero che, seppur tecnicamente corretto, risulta ingannevole: non misura infatti la reale liquidità disponibile, ma solo il prezzo unitario moltiplicato per l’offerta totale. In un mercato così poco stabile, bastano poche vendite consistenti per far crollare i valori, come puntualmente avvenuto. La capitalizzazione diventa così più un fatto di marketing che un indicatore di solidità.
Altro nodo cruciale riguarda la distribuzione: circa il 70% dei token risulta concentrato nelle mani di una singola entità. Una scelta che stride con i principi di decentralizzazione propri del mondo crypto, creando uno squilibrio di potere.
A sostenere il progetto è stata presentata la narrativa di un intero ecosistema, YZY Money, con l’idea di un sistema di pagamento e di una carta collegata. Tutto ciò offre una patina di utilità futura. Nella realtà, però, il token ha avuto lì per lì una natura quasi esclusivamente speculativa: la promessa di usi reali rimane, per ora, da concretizzarsi.
Infine, alcune analisi hanno evidenziato che un ristretto gruppo di portafogli ha ottenuto profitti elevati nei primi scambi. Questo dato rafforza i timori che in questi casi non siamo di fronte a un’opportunità equamente distribuita, ma di un meccanismo dove i piccoli investitori, attratti dall’hype e dalla notorietà del promotore, finiscono per alimentare i guadagni dei primi arrivati.
Insomma: il mondo delle cripto è ampio e complesso, e per evitare disavventure è sempre meglio stare attenti ai fenomeni mediatici che talora ci sono costruiti intorno.
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