Il settore che riempie i pacchi sotto l’albero.
I beni di consumo di prima necessità sono un settore difensivo.
I beni di consumo di prima necessità sono un settore difensivo.
Negli ultimi mesi il mondo degli investimenti legati ai beni di consumo ha vissuto una fase di cambiamento, che vale la pena spiegare. Parliamo di un settore che riguarda tutti, perché include ciò che compriamo ogni giorno al supermercato, ma anche gli acquisti meno frequenti come l’abbigliamento, l’arredamento, gli elettrodomestici e i prodotti di lusso.
Beni di uso quotidiano
Iniziamo dai beni di consumo più essenziali, quelli di uso quotidiano. Negli ultimi mesi si è visto chiaramente come molte grandi aziende dei beni di consumo stiano cercando di semplificarsi e diventare più solide. Un esempio concreto è quello di Unilever, che a dicembre ha completato la separazione del business dei gelati per concentrarsi maggiormente su prodotti per la cura della persona e della casa, considerati più stabili e redditizi nel tempo. Anche Nestlé, nelle ultime settimane, ha confermato la scelta di ridurre o vendere alcune attività meno profittevoli per puntare su marchi forti e su categorie che le famiglie continuano a comprare anche quando fanno più attenzione alle spese. Questo tipo di decisioni viene apprezzato dagli investitori perché rende le aziende più facili da gestire e meno esposte agli imprevisti. In pratica, si preferiscono imprese ben organizzate, con nomi conosciuti e prodotti che riescono a mantenere i prezzi senza perdere troppi clienti. Per questo motivo questi titoli sono spesso considerati una scelta prudente, adatta a chi cerca sicurezza e continuità piuttosto che guadagni rapidi ma incerti.
Ciò che non è essenziale: il divario tra ricchi e poveri
Allo stesso tempo, però, si sta muovendo molto anche il mondo degli acquisti non essenziali, quelli che dipendono di più dalla fiducia delle famiglie e dall’andamento dell’economia. Qui il segnale è doppio. Da un lato, chi ha redditi più alti continua a spendere, soprattutto nei periodi festivi come il Natale. Dall’altro, molte famiglie fanno più attenzione alle spese, rimandano gli acquisti o scelgono alternative più economiche. Questo crea forti differenze tra un’azienda e l’altra: alcune vanno bene, altre faticano.
Il settore del lusso merita davvero un discorso a parte. Dopo anni di crescita molto veloce, negli ultimi mesi si è entrati in una fase di rallentamento. Questo non vuol dire che il lusso sia in difficoltà, ma che non corre più come prima. Negli tempi diversi grandi marchi hanno confermato che le vendite continuano, soprattutto grazie ai clienti più ricchi, ma che i guadagni crescono più lentamente. Per esempio, gruppi come LVMH e Kering hanno segnalato risultati solidi ma senza grandi balzi, spiegando che oggi i consumatori sono più selettivi e riflettono di più prima di spendere. Proprio per questo le aziende del lusso stanno puntando sempre di più sull’esperienza di acquisto: negozi rinnovati, spazi più curati, servizi personalizzati e maggiore attenzione all’immagine del marchio. Un esempio recente è l’apertura o il rilancio di grandi negozi nelle capitali europee e asiatiche, pensati non solo per vendere, ma per far vivere al cliente un’esperienza speciale. In un contesto più difficile, convincere il consumatore passa sempre meno dal prezzo e sempre più dalla qualità percepita e dal valore del marchio.
L’usato di alta qualità spiazza il lusso?
Un fenomeno che sta crescendo molto è quello dell’usato di alta qualità, soprattutto nel settore del lusso. Diverse piattaforme specializzate hanno comunicato un aumento degli acquisti di borse, abiti e accessori firmati già utilizzati, ma controllati e garantiti. Un esempio è The RealReal, che ha registrato risultati migliori del previsto grazie a clienti che vogliono prodotti di marca spendendo meno rispetto al nuovo. Questo tipo di acquisto risponde a due esigenze sempre più diffuse: da un lato il desiderio di risparmiare, dall’altro una maggiore attenzione a non sprecare e a riutilizzare oggetti di valore. Anche gli investitori guardano con interesse a questo mercato, perché rappresenta un modo diverso di fare affari nel lusso, che fino a poco tempo fa era legato quasi solo al nuovo e all’esclusività. Oggi, invece, il valore di un marchio passa anche dalla sua capacità di durare nel tempo e di essere rivenduto, offrendo un’alternativa più accessibile a un pubblico più ampio.
La Cina rimane incerta
Un altro fattore molto importante è la situazione internazionale, in particolare quella della Cina. Sono arrivati diversi segnali che mostrano come i consumi in quel Paese stiano crescendo meno del previsto. I dati ufficiali sulle vendite nei negozi hanno deluso le attese e molte grandi aziende europee hanno spiegato che i clienti cinesi oggi spendono con più cautela. Questo ha avuto un effetto soprattutto sui marchi del lusso, che in passato contavano molto sulla crescita cinese. Alcuni gruppi hanno raccontato che i negozi continuano a vendere, ma senza l’entusiasmo di qualche anno fa, e che i turisti cinesi all’estero sono ancora meno presenti. La Cina resta comunque un mercato fondamentale, perché ha una popolazione enorme e molti consumatori benestanti, ma ormai non è più una garanzia di crescita facile e veloce. Per le aziende, e quindi anche per chi investe, significa dover fare i conti con uno scenario più incerto e con risultati meno scontati.
Un giudizio contrastato
In sintesi, il messaggio che arriva dagli ultimi mesi è chiaro: non esiste più una direzione unica. I beni di consumo essenziali restano un punto di riferimento per chi cerca sicurezza. I consumi non essenziali offrono opportunità, ma solo scegliendo con attenzione. Il lusso continua a essere un settore importante, ma richiede pazienza e una visione di lungo periodo. In questo contesto restiamo abbastanza prudenti. Ti ricordiamo che la nostra valutazione più recente per il settore dei beni di consumo vede all’interno del settore dei beni di consumo ciclici giudizi diversi, ma non particolarmente incoraggianti: auto e distribuzione di beni e vendita al dettaglio hanno giudizio pari a “neutro”, beni di consumo durevoli e servizi ai consumatori hanno giudizio “non interessante”. Sul fronte dei beni di consumo di prima necessità, abbiamo un “neutro” per la distribuzione, un “non interessante” per cibo e bevande e un “da evitare” per i prodotti personali e per la casa. Sia chiaro, questo è il portato dei meri algoritmi di calcolo legati alle nostre metodologie, poi va costruita sopra una analisi, ma come abbiamo visto dai fatti indicati per le ultime settimane siamo in una fase comunque delicata per il settore in entrambe le sue declinazioni, quella ciclica e quella non ciclica che non ci spingono a ribaltare il giudizio dei nostri modelli.
Resta il fatto che i beni di consumo di prima necessità sono un settore difensivo e che quindi in un’ottica di lungo periodo prestano interessanti per chi cerca un investimento azionario, ma vuole limitare l’ansia. Non acquistate, ma mantenete pure sia Xtrackers Msci world consumer staples (44,18 euro al 15/12; IE00BM67HN09), sia Invesco Consumer Staples S&P US Select Sector (597,60 euro al 14/12; Isin IE00B435BG20) che sono comunque sotto i massimi.
Per il lusso è interessante questa crescita del lusso di seconda mano. In generale siamo in un’epoca in cui l’acquisto di indumenti di seconda mano è di gran voga, si pensi che il colosso Vinted, purtroppo non quotato, è stato stimato del valore di 8 miliardi di dollari giusto qualche settimana fa. Che il lusso piaccia di seconda mano è al contempo segno di interesse che non cala per il lusso, ma anche segno che fatica ad allargare la platea per via dei costi, e questo non aiuta molto i grandi player del settore, soprattutto ora che l’economia cinese va al rallentatore. Pertanto neanche qui consigliamo un acquisto generalizzato, ma chi ha comprato l’Etf Amundi S&P global luxury (216,18 euro al 15/12; Isin LU1681048630) in un’ottica di lungo periodo lo può mantenere.