Aveva raggiunto picchi oltre i 10.000 dollari a tonnellata attirando l’attenzione degli investitori per la sua corsa durante il mese di maggio, facendo parlare molto di sé. Ora sembra avere invertito la sua rotta e, attualmente, è poco sopra i 9.000 dollari a tonnellata.
Alla base del calo dei prezzi sta la situazione in Cina che vede, comunque, una crescita della produzione di rame a fronte di una domanda non particolarmente vivace. Inoltre, il recente congresso del partito comunista cinese che solitamente contribuisce ad aggiornare le previsioni sulle mosse future di Pechino non ha aperto la strada a entusiasmanti prospettive di crescita.
Dunque, le prospettive del rame sono cambiate radicalmente? No: le fonderie cinesi sembrano già decise a porre un rimedio tagliare la produzione di rame a causa del calo della redditività. E questo potrebbe ribilanciare il rapporto tra domanda e offerta.
Non dimentichiamo che si tratta di ribilanciamenti tipici di ogni economia capitalista e concorrenziale in cui i prezzi forniscono ai produttori informazioni importanti su quanto produrre: se i prezzi scendono troppo la produzione si adegua e poi i prezzi risalgono.
Tutto questo conferma, semmai, le osservazioni sull’andamento di breve periodo del metallo rosso (con i conseguenti consigli) che abbiamo condiviso alcune settimane fa in un contesto che vede comunque immutate le prospettive di lungo periodo per cui si conferma l’idea che da qui al 2030 il rame prodotto del mondo non basterà a soddisfare la domanda.
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