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Gender Employment Gap: tanta strada da fare e in Italia va ancora peggio

Gender Employment Gap

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Data di pubblicazione 28 dicembre 2023
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Gender Employment Gap

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Il divario occupazionale è ancora ampio in Europa, seppur con grandi differenze tra Paese e Paese e tra regioni dello stesso Paese. Ci sono anche situazioni di eccellenza, ma molte sono le situazioni di forte disparità. E l'Italia è purtroppo molto presente tra chi è ancora molto indietro...

Il divario di genere continua ad essere non solo presente, ma anche particolarmente accentuato. È una tematica di cui ti parliamo spesso e su cui riportiamo i dati che vengono pubblicati dalle diverse fonti. L’esistenza del gender gap è certificata ogni anno dal World Economic Forum con il Global Gender Gap Report, resoconto annuale con il quale sappiamo che a livello mondiale il divario di genere è stato colmato al 68,4% e si stima che, di questo passo, ci vorranno 131 anni per colmarlo al 100%. Se l’indice elaborato dal World Economic Forum è una sintesi di quattro diverse variabili, partecipazione economica e opportunità, risultati scolastici, salute e sopravvivenza ed emancipazione politica, ci sono poi altri indicatori su singole tematiche che mostrano come il gender gap è un fenomeno trasversale. C’è la Commissione europea che attraverso il “Gender gap in pension income”, che altro non è che un indice usato dalla stessa Commissione per calcolare se e di quanto è un differenziale di genere nei trattamenti pensionistici nell’Unione europea, mostra come in Italia la differenza tra le pensioni degli uomini e delle donne è al 35,6% contro il 29,5% della media europea.

E non finisce qua. Di recente Eurostat ha pubblicato il Gender employment gap – il divario occupazionale di genere, definito come la differenza tra i tassi di occupazione degli uomini e delle donne di età compresa tra 20 e 64 anni. Il risultato? Nell’Unione europea questo divario è al 10,7%. Ovviamente si tratta di un dato medio, con molte di differenze, e di rilievo, non solo tra i diversi Stati, ma addirittura all’interno dei singoli Stati e l’Italia, purtroppo, non ne esce bene.

Andiamo con ordine: sono solo due regioni, una in Lituania e una in Finlandia, in cui l’occupazione femminile è più alta di quella maschile e sempre in un’altra regione finlandese i tassi di occupazione sono uguali tra uomini e donne. In tutte le altre regioni dell’UE il divario di genere persiste, con tassi di occupazione più elevati per gli uomini.

L’Unione europea ha fissato l’obiettivo di dimezzare il divario di genere entro il 2030. Una regione su cinque ha già raggiunto l’obiettivo fissato al 5,8% e sono così distribuite: 14 regioni in Francia, 7 in Germania, in Finlandia (tutte e 5 le sue regioni sono già allineate), 4 sia in Svezia e Portogallo, 2 in Lituania (entrambe le sue due regioni), 1 in Lettonia e Estonia (ne hanno una sola). Nessuna regione italiana ha già raggiunto l’obiettivo fissato al 2030.

Se invece si vanno a guardare le situazioni peggiori, l’Italia è purtroppo presente, e anche molto. Sono 20 le regioni in cui il divario occupazionale di genere è di almeno 20 punti percentuali nel 2022. La metà di queste era in Grecia, mentre il resto era concentrato in Italia (ben 7 regioni) e Romania (3 regioni). I divari occupazionali di genere più elevati in assoluto, poi, sono stati registrati nella regione della Grecia centrale (Sterea Elláda, 31,4%) e nella nostra Puglia (30,7%).

Si tratta di una situazione su cui ancora c’è molto da fare. Anche gli investimenti sono interessati a questa tematica: qui trovi un approfondimento.