La settimana delle obbligazioni: il panorama dei tassi

La settimana delle obbligazioni: il punto, presente e futuro, sui tassi d'interesse
La settimana delle obbligazioni: il punto, presente e futuro, sui tassi d'interesse
Il panorama delle scelte delle Banche centrali mondiali inizia a essere frammentato. Per molto tempo ci siamo abituati a vedere decisioni di politica monetaria che andavano tutte nella stessa direzione, con tempistiche pressoché analoghe. All’inizio ci furono i tagli ai tassi d’interesse e poi i piani di acquisti di obbligazioni per aiutare le economie; successivamente ci sono stati gli ampi e rapidi aumenti del costo del denaro per combattere un’inflazione arrivata anche in doppia cifra in alcuni Paesi – e dove non l’ha fatto ci è comunque andata vicina. Ora le cose stanno un po’ cambiando, soprattutto in termini di tempistiche. Seppur con qualche eccezione, la volontà generale è quella di iniziare a tagliare i tassi d’interesse, ma sul punto ci sono ancora parecchie incertezze e per molte Banche centrali sarà determinante la Fed, la Banca centrale Usa.
La Fed, infatti, dopo la sua ultima riunione vede con certezza un solo taglio nei tassi d’interesse quest’anno, per il secondo non si sa. Il taglio potrebbe arrivare a settembre (ci sono due terzi di possibilità che accada) oppure, con maggior certezza (78% di possibilità) a novembre. Dalla Fed dipendono anche le decisioni di diverse Banche centrali, che sono molte attente alla stabilità e a non far indebolire in maniera eccessiva le proprie valute. Questo vale per la Banca centrale indonesiana e per quella della Corea del Sud.
La Bank of Indonesia, nel lasciare i tassi fermi al 6,25% la scorsa settimana, ha fatto intendere che c’è qualche spazio per considerare un taglio futuro dei tassi, ma a patto di non indebolire la rupia, la cui stabilità è requisito fondamentale per controllare l’inflazione – e delle mosse sui tassi prima della Fed peserebbero sulla rupia.
Anche una mossa della Banca centrale sudcoreana in fatto di costo del denaro prima di un eventuale taglio della Fed sembra improbabile, perché questo potrebbe pesare eccessivamente sulla debolezza del won e quindi mettere a rischio anche gli obiettivi in termini di inflazione. La Banca centrale ha, però, tagliato le stime sull’inflazione, alzando quelle sulla crescita: una situazione ottimale per pensare a un taglio del costo del denaro. Considerando che entro novembre la Fed dovrebbe aver provveduto a tagliare, a fine anno anche la Banca centrale della Corea del Sud dovrebbe provvedere ad abbassare il proprio costo del denaro (oggi è al 3,5%).
Rimanendo in tema di chi non ha ancora tagliato i tassi, c’è anche la Banca centrale norvegese. L'economia norvegese si sta riprendendo e la crescita quest’anno comporterà maggiori pressioni sui prezzi. Questo significa che il percorso dell'inflazione verso l'obiettivo del 2% proseguirà in maniera più lenta. La conseguenza di tutto ciò è la necessità di lasciare i tassi di interesse invariati al 4,5%, che è stata la decisione della scorsa settimana, e di mantenerli su questo livello fino alla fine dell'anno. È stato infatti questo il messaggio della Norges Bank.
Tra chi non ha ancora tagliato i tassi c’è, però, chi si avvicina a farlo: è la Banca centrale inglese. Il rallentamento dei prezzi e la disoccupazione in aumento portano a pensare che le pressioni inflazionistiche saranno minori in futuro e quindi le attese di mercato iniziano a stimare una maggiore probabilità di un taglio dei tassi già in estate. Dopo il mantenimento dei tassi al 5,25% durante la riunione della scorsa settimana, secondo i mercati ci sono ora il 50% di possibilità che un primo taglio avvenga già nella riunione di agosto.
C’è poi il blocco di chi i tassi li ha già tagliati. Di questo gruppo fa parte la Banca centrale canadese, che ha provveduto a ridurre il costo del denaro questo giugno, perché più fiduciosa nei confronti dei progressi dell’inflazione per giungere al 2% e, se i futuri dati confermeranno ulteriori cali e progressi, ci saranno ancora tagli. L’Istituto canadese ha, infatti, detto che non ha intenzione di mantenere una politica restrittiva se non è necessaria; c’è perciò da attendersi almeno un altro taglio nel 2024.
E ancora, c’è non solo chi ha già tagliato una volta, ma lo ha fatto anche una seconda e lo farà forse addirittura una terza volta nel 2024. Si tratta della Banca centrale svizzera, che la scorsa settimana, con una mossa a sorpresa, ha deciso di tagliare una seconda volta i tassi, dopo quanto fatto a marzo. E non è finita: a dicembre potrebbe arrivare la terza sforbiciata.
La Banca centrale messicana ha tagliato i tassi a febbraio (dall’11,25% all’11%), ma successivamente si è fermata. Nel frattempo, ha di recente alzato le sue stime di inflazione, vedendo il raggiungimento del suo obiettivo, il 3%, nel quarto trimestre del 2025, anziché nel secondo trimestre dello stesso anno. Il peso è stato molto volatile negli ultimi tempi, anche a causa della decisione della Fed di ritardare il taglio dei tassi. Un taglio nella prossima riunione sembra difficile, anche se dalla Banca centrale messicana parlano di “spazi” per abbassare il costo del denaro.
Finora ti abbiamo parlato di Banche centrali che stanno ragionando se tagliare o meno i tassi per la prima volta oppure se procedere con un’ulteriore riduzione. C’è poi chi è sempre andato in controtendenza: la Banca centrale giapponese. La Bank of Japan lasciava i tassi in territorio negativo quando tutte le colleghe mondiali li alzavano, mentre ora che il resto del mondo cerca di capire quando tagliare, l’Istituto di Tokio ragiona su quando alzare, nuovamente, i tassi d’interesse. I dati di maggio sul carovita – vedi a lato – mostrano un quadro un po’ frammentato, ma nella riunione di luglio la Bank of Japan annuncerà la riduzione degli acquisti di bond e c’è chi punta su un secondo rialzo del costo del denaro.
Se in Giappone, indipendentemente dalle tempistiche, la strada è quella del rialzo dei tassi, c’è un’altra Banca che rimane aggressiva in fatto di politica monetaria. È la Banca centrale australiana, che non esclude nulla e che rimane vigile sull’inflazione, che definisce persistente e sopra il livello obiettivo. Le sue dichiarazioni sono dunque orientate su un tono aggressivo e ciò significa che un possibile rialzo dei tassi non può ancora essere escluso. Sono, invece, da escludere tagli in questo 2024.
Infine, c’è la Banca centrale brasiliana, che è stata tra le prime al mondo ad alzare i tassi d’interesse per contenere l’inflazione e successivamente tra le prime a ridurre il costo del denaro. Ora si pone come la prima Banca centrale che potrebbe fermarsi: la scorsa settimana i tassi sono rimasti al 10,5% e sembra profilarsi un prolungato periodo di tempo di tassi fermi.
Tra le Banche centrali che hanno già tagliato e che ragionano sulle prossime mosse c’è, ovviamente, anche la Banca centrale europea. La Bce non vuol dare una tabella di marcia prestabilita in fatto di tassi d’interesse e continua a ripetere che non c’è alcun automatismo: aver tagliato a giugno non implica alcun obbligo a farlo di nuovo a luglio oppure a settembre. Le decisioni verranno prese di volta in volta. L’orientamento, comunque, è di non tagliare nella prossima riunione di luglio, questo è certo, e procedere con un secondo taglio a settembre. I mercati puntano anche a un terzo taglio a dicembre.
Infine, la Cina fa storia un po’ a sé. Gli spazi di manovra sui tassi sono ristretti per difendere lo yuan, ma il vero dibattito per il gigante asiatico sono gli stimoli che il Governo dovrebbe mettere in campo per sostenere la crescita.
COME SONO ANDATI I PRODOTTI IN SETTIMANA?
Ubs Japan Treasury 1-3y (+0,7%)
Nordea 1 norwegian bond BP (+1,5%); Wisdomtree Long Nok Short Eur (+1,2%)
iShares $ High Yield Corp Bond (+1,2%)
Xtrackers II High Yield Corporate Bond 1D (-0,4%)
iShares China CNY Bond (-0,1%)
Vanguard USD Treasury Bond Ucits Etf Dis (+2%); Xtrackers II US Treasuries Ucits Etf 1D (+2,2%)
Ishares Eu Govt Bond 5-7y Ucits Etf Dist (+0,8%)
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