La settimana delle obbligazioni: via libera al taglio dei tassi, ma non per tutti

La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
Con settembre si apre una serie di settimane in cui le Banche centrali saranno chiamate a riunirsi. Come capita spesso e volentieri le Banche centrali di tutto il mondo si riuniranno nell'arco di circa un paio di settimane, ma mai come stavolta le riunioni sono eventi particolarmente attesi. Questo perché i mercati sono oramai entrati nell'ottica che il contesto in cui ci si muoverà è quello di una riduzione del costo del denaro: se non a livello mondiale, perché ci sono anche delle eccezioni, perlomeno nelle maggiori aree economiche del globo, cioè zona euro e Stati Uniti.
La Banca centrale europea si riunirà la prossima settimana e in quest'ottica era molto importante il dato, seppur preliminare, sull'inflazione di agosto. Il dato parla di un +2,2% a livello annuale, dunque in linea con le attese e in rallentamento rispetto al +2,6% di luglio. Sempre in linea con le attese e in rallentamento, seppur in modo meno marcato, è anche il dato sull’inflazione di fondo, che passa da +2,9% a +2,8%. Con questi dati la possibilità tanto attesa dai mercati di un taglio dei tassi a settembre è sempre più reale. La Bce, successivamente, proseguirà con cautela, visto lo stato di salute del mercato del lavoro – il tasso di disoccupazione è sceso al 6,4% a luglio dal 6,5% di giugno, meglio delle attese.
Molto attesa sarà anche la riunione della Banca centrale americana. In questo caso è ormai scontato il taglio dello 0,25% da parte della Fed. Gli ultimi dati pubblicati e soprattutto le parole di due settimane fa del governatore Powell hanno, di fatto, sancito e annunciato che arriverà il primo taglio nei tassi di interesse negli Stati Uniti. Nel frattempo, sono arrivati dati sul Pil del secondo trimestre rivisto al rialzo e sull'inflazione delle spese personali dei consumatori, uno degli indicatori preferiti da parte della Fed, che a luglio ha fatto segnare +2,5% annuo (stabile rispetto a giugno e sotto le attese di +2,6%).
Non tutte le Banche centrali del mondo, però, hanno intenzione di tagliare i tassi di interesse. Il Giappone, per esempio, è uno di quei Paesi in cui la Banca centrale non esclude ulteriori rialzi nel costo del denaro. L'andamento dell'inflazione ancora oggi è in crescita e il dato sull'inflazione di Tokyo sembra confermare che questa dinamica proseguirà. Il carovita della capitale nipponica è molto importante, perché rappresenta un anticipatore dell'andamento dell'inflazione di tutto il Giappone, e ad agosto è stata pari al 2,4%, in accelerazione dal 2,2% di luglio che era anche il dato atteso dal mercato.
La Banca centrale brasiliana pubblica l’indice dell’attività economica, che è un buon indicatore dell’andamento del Pil: a giugno, questo indicatore è cresciuto dell’1,4%, battendo nettamente le attese di un +0,5%. Significa che l’economia brasiliana ha concluso il secondo trimestre in maniera molto vivace, ma questa crescita superiore alle attese non è una buona notizia per l’inflazione. Si aggiunge, così, un altro elemento di disturbo all’operato della Banca centrale. L'inflazione annuale a luglio è arrivata al 4,5%, che è il tetto massimo imposto come obiettivo dalla Banca centrale. Sul carovita pesano i costi dei servizi, ma è in rialzo anche l’inflazione di fondo – quindi escludendo energia e alimentari. La Banca centrale non ha certo nascosto la situazione difficile in cui si trova, definendo “scomodi” i dati sul carovita e affermando che per la riunione di settembre tutte le opzioni rimangono sul tavolo. Con questa espressione ha voluto far sapere che un aumento dei tassi è possibile, ma non ha voluto neppure dare delle indicazioni precise – quella che in termini tecnici viene chiamata “guidance” – sui tassi.
Infine, la scorsa settimana ha visto anche dati dal mercato immobiliare cinese e dal Pil del Canada.
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