Non solo Trump torna al potere, ma il Partito Repubblicano si rafforza al Senato e alla Camera. Là dove ci sono identità di vedute tra Presidente e Congresso c’è la possibilità che si proceda speditamente. E se c’è un fronte su cui Trump e il suo partito sono allineati è la volontà di abbassare il carico fiscale, con la conseguenza di aumentare il reddito delle famiglie e spingere la crescita. Inoltre, sono immaginabili minori interventi sul fronte normativo, con standard meno restrittivi per le imprese, cosa che dovrebbe avvantaggiare le Borse. Ma nessun pasto è gratis: la riduzione del carico fiscale si tradurrà in un peggioramento della situazione finanziaria dello Stato e questo spingerà verso l’alto i tassi d’interesse, penalizzando i prezzi dei titoli di Stato. È una brutta notizia per chi ha bond Usa, ma gli investitori europei che hanno investito in dollari potranno compensare il calo delle quotazioni dei bond con l’aumento di valore del dollaro sull’euro. Sul fronte energetico si prospetta una espansione della produzione americana e quindi un petrolio mediamente meno caro, cosa che potrebbe frenare il passaggio alle energie rinnovabili, che saranno relativamente più care se confrontate con il costo dell’oro nero. Capitolo a parte è quello che riguarda poi i dazi doganali, che peseranno su una delle poche via di crescita (le esportazioni verso il mercato Usa, che verranno ostacolate) ancora a disposizione delle aziende europee. Questo ci porta ad alcune considerazioni sul Vecchio Continente, che appare in questo frangente più fragile e disunito, in piena crisi di identità. Le recenti frenate dell’economia tedesca dicono che la Germania deve ripensare al proprio ruolo nel mondo (e in una crisi identitaria simile non è un caso l’ostilità verso l’acquisto della tedesca Commerzbank da parte dell’italiana Unicredit), ma il problema è anche francese, italiano e in generale dell’Eurozona nel suo complesso. Anche per questi motivi confermiamo la composizione dei nostri Portafogli e il peso importante destinato alle azioni Usa al loro interno. Stiamo ancora cauti su quelle europee, in attesa che le politiche di crescita diventino più definite anche qui da noi.
Alessandro Sessa
Direttore responsabile Investi
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