Cina, il pugno di ferro sulle terre rare

La Cina ha rafforzato il controllo sulla filiera con tracciamenti obbligatori, divieti di accumulo e nuove quote.
La Cina ha rafforzato il controllo sulla filiera con tracciamenti obbligatori, divieti di accumulo e nuove quote.
Negli ultimi mesi Pechino ha stretto la presa sul settore delle terre rare, confermando il loro ruolo centrale nell’economia e nella geopolitica. Ad aprile ha imposto licenze speciali per l’export di elementi come samario e disprosio, misura che ha subito allarmato le catene di approvvigionamento. A giugno è arrivato il sistema di tracciamento dei magneti: le aziende devono dichiarare volumi e clienti, aumentando il controllo governativo. Durante l’estate gli effetti sono stati immediati: ritardi nelle forniture, impennate dei prezzi e divieti di accumulo per le aziende straniere.
Il settore della difesa occidentale è tra i più colpiti, con commesse a rischio e costi in crescita. La Cina però non ha esitato a usare la leva in modo selettivo, concedendo licenze temporanee ai fornitori dei grandi costruttori americani. L’ultima stretta è arrivata in agosto con nuove quote su estrazione e importazioni, rafforzando il quasi monopolio di Pechino nella raffinazione mondiale. In pochi mesi è nato un sistema di governance rigido, con conseguenze già tangibili per l’occidente, che ora deve accelerare su riciclo e filiere alternative.
Alla luce degli sviluppi, appare evidente che l’accordo dell’11 giugno non ha prodotto quell’effetto stabilizzante che qualcuno si attendeva. Le mosse cinesi confermano una strategia coerente di dominio della filiera: le aperture restano tattiche, la linea di fondo è il consolidamento del potere.
Le tensioni spingono il mercato?
Per chi guarda al tema in ottica d’investimento, le considerazioni di giugno meritano un aggiornamento: l’Etf Vaneck Rare Earth and Strategic Metals (IE0002PG6CA6), che a metà giugno al momento della nostra analisi quotava 6,778 euro, a metà agosto oscilla su livelli più alti (10,12 al 25/8); WisdomTree Energy Transition Metals and Rare Earths Miners (IE000KHX9DX6), che a giugno stava a 26,355 euro è salito a 32,37 al 25/8, segno che le tensioni, diversamente da come sperato, iniziano a sentirsi anche sul mercato.
Che cosa fare? Per consigliare un investimento occorre avere una visione precisa di dove quell’investimento va a parare. E qui dobbiamo farci delle domande.
Sono sostituibili?
Le terre rare sono indispensabili per magneti, catalizzatori, elettronica e difesa, perché possiedono proprietà uniche. Non esistono veri sostituti: esistono solo soluzioni parziali, come motori a induzione o magneti in ferrite, batterie al litio-ferro-fosfato e catalizzatori a base di zirconio. Sono opzioni valide, ma con prestazioni inferiori. Più che sulla sostituzione diretta, le strategie puntano su riciclo, efficienza progettuale e diversificazione geografica, con nuove miniere in Australia, Canada e USA. La sostituzione totale resta lontana, affidata all’innovazione futura. Questo fattore dovrebbe sostenere i prezzi nel tempo, a patto ovviamente che l’economia continui a correre e con essa la domanda.
Una scommessa sulla rivalità Usa-Cina?
Le terre rare incarnano la sfida tra le due potenze. La Cina ne detiene il controllo e lo usa come leva geopolitica; gli Stati Uniti cercano alternative e sostengono produttori locali. Per gli investitori il settore può essere un “proxy” delle tensioni: più lo scontro cresce, più aumenta la percezione di scarsità e il potenziale di rialzo. Ma resta un comparto volatile, influenzato anche da domanda industriale e innovazione, quindi, adatto solo a chi accetta oscillazioni significative.
Morale della favola
Una scommessa sulle terre rare ci può stare se si pensa che la tensione tra Cina e Usa continui a salire e che le terre rare non siano facilmente sostituibili con nuove tecnologie o cicli importanti di riciclo, né con nuove miniere nel resto del mondo. Tuttavia, una scommessa sulle terre rare arriva attraverso prodotti che investono in società del settore, quindi in maniera abbastanza indiretta, e soprattutto conta molto su uno scenario di scontro commerciale tra potenze che né Usa, né Cina hanno interesse a far crescere. Il buon padre di famiglia che non vuole scossoni del suo portafoglio dovrebbe starsene alla larga. Quanto allo speculatore, pur vedendo le potenzialità delle terre rare, al momento preferiamo orientarlo su scommesse dal futuro meno nebuloso, come per esempio, giusto per restare nel settore delle materie prime, quella sul nucleare, senza dimenticare tutte le altre opportunità di cui parliamo sulla rivista.
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