Petrolio: agosto tra tensioni e stabilità
 
                    Il vertice tra Donald Trump e Vladimir Putin in Alaska ha contribuito a ridurre le tensioni legate alle forniture russe.
 
                    Il vertice tra Donald Trump e Vladimir Putin in Alaska ha contribuito a ridurre le tensioni legate alle forniture russe.
Ad agosto il mercato del petrolio ha vissuto settimane di apparente calma, pur segnate da eventi che hanno inciso sul delicato equilibrio tra offerta e domanda. L’OPEC+ ha confermato l’aumento della produzione di 547.000 barili al giorno a partire da settembre, una scelta che anticipa la graduale fine dei tagli volontari introdotti per sostenere i prezzi negli ultimi anni. Questa decisione ha dato un segnale di fiducia sulla solidità della domanda globale, che tuttavia continua a mostrare andamenti incerti.
Parallelamente, il vertice tra Donald Trump e Vladimir Putin in Alaska ha contribuito a ridurre le tensioni legate alle forniture russe. L’incontro non ha portato a soluzioni concrete, ma ha alleggerito i timori di nuove interruzioni. Tuttavia, l'impatto sui prezzi è stato limitato, poiché il mercato aveva già metabolizzato le notizie sull'aumento dell'offerta. Brent e WTI si sono mossi in un range stabile, rispettivamente intorno ai 66–67 e ai 62–63 dollari al barile. Questioni come le possibili sanzioni secondarie contro India e Cina, che continuano a importare greggio russo, restano sul tavolo e potrebbero in futuro riaccendere pressioni rialziste.
Il mese ha registrato quindi una lieve flessione dei prezzi rispetto a luglio, con un andamento prevalentemente laterale compreso tra 65 e 70 dollari. Le stime sulla crescita della domanda sono apparse caute e leggermente inferiori alle attese, ma i consumi legati al traffico aereo e alla ripresa industriale in Asia lasciano intravedere prospettive di rafforzamento.
Agosto 2025 si chiude così con un mercato del petrolio che oscilla tra prudenza e aspettative, sostenuto dall’offerta in aumento ma ancora influenzato da fattori geopolitici difficili da prevedere.
Rispetto a giugno, quindi, c'è stato un consolidamento delle prospettive: prezzi sotto i 70 dollari, offerta in aumento e un rischio geopolitico che cambia volto, passando dall’Iran alla Russia. Le grandi paure di un Brent oltre i 100 dollari restano sullo sfondo, ma per ora non si sono materializzate: il mercato resta in equilibrio precario, con più fattori di pressione al ribasso che al rialzo. Vi confermiamo, quindi, quanto detto allora: per il 2025 manteniamo quindi le nostre stime di 65 dollari al barile per il brent, rispetto agli 81 dollari del 2024.
Per puntare sul settore energetico continuiamo a preferire preferisci una scommessa di lungo periodo sul nucleare, settore di cui siamo tornati a parlati anche di recente qui.
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