Terre rare: la mossa strategica della Cina

Le nuove mosse della Cina hanno fatto ripartire il settore.
Le nuove mosse della Cina hanno fatto ripartire il settore.
La Cina, principale attore mondiale nel settore delle terre rare, ha recentemente rafforzato il proprio controllo introducendo nuove restrizioni sull’esportazione di tecnologie e materiali legati all’estrazione e alla raffinazione di questi metalli strategici.
Le nuove regole prevedono che le aziende cinesi debbano ottenere licenze specifiche per esportare processi e apparecchiature impiegate nella separazione e purificazione dei metalli rari — tra cui olmio, erbio, europio, tulio e itterbio.
Pechino ha motivato la stretta con esigenze di sicurezza nazionale e tutela tecnologica, ma molti analisti la interpretano come una risposta diretta alle restrizioni statunitensi sull’export di semiconduttori avanzati verso la Cina. Il risultato immediato è stato un rialzo dei prezzi dei metalli rari e un balzo in Borsa per le aziende cinesi del comparto, come China Northern Rare Earth Group e Shenghe Resources, entrambe presenti tra le principali componenti dell’ETF VanEck Rare Earth and Strategic Metals.
Sebbene la quota cinese di estrazione delle terre rare si attesti oggi intorno al 65-70 % del totale mondiale, la sua posizione nella raffinazione resta quasi monopolistica: oltre l’85-90 % delle capacità globali di lavorazione è concentrato in Cina. Ciò conferisce a Pechino un’influenza determinante sulle catene di fornitura globali, in particolare nei settori difesa, mobilità elettrica e intelligenza artificiale.
La risposta dell’Occidente
L’inasprimento delle politiche cinesi ha accelerato la controffensiva industriale di Stati Uniti ed Europa per ridurre la dipendenza da Pechino.
Negli Stati Uniti, Washington ha intensificato gli investimenti pubblici e partnership strategiche con aziende minerarie e di raffinazione interne. Tra i casi più rilevanti abbiamo i seguenti. MP Materials, che gestisce l’unica miniera di terre rare attiva su larga scala in Nord America (Mountain Pass, California), ha ottenuto contratti pluriennali con il Dipartimento della Difesa per sviluppare magneti a uso militare. Lithium Americas ha ricevuto un prestito da 2,26 miliardi USD dal Department of Energy per finanziare il giacimento di Thacker Pass (Nevada), la più grande riserva di litio del continente. Trilogy Metals e altri gruppi minori sono stati oggetto di partecipazioni azionarie e prestiti federali destinati a progetti strategici in Alaska e Arizona.
Parallelamente, il governo USA ha lanciato un piano per sviluppare una catena di fornitura domestica di magneti permanenti, finanziando ricerca, riciclo e riconversione di impianti industriali.
In Europa, la risposta è rappresentata dal Critical Raw Materials Act, entrato in vigore nel 2024. Il regolamento mira a rafforzare l’intera filiera delle materie prime critiche sul suolo europeo, con obiettivi precisi entro il 2030: estrarre almeno il 10 % del fabbisogno annuo dell’UE, raffinare il 40 %, riciclare il 15 % e garantire che non più del 65 % di una singola materia prima strategica provenga da un unico Paese terzo.
L’Unione Europea, inoltre, sta negoziando un accordo di cooperazione con gli Stati Uniti e i partner G7 per una risposta coordinata alla stretta cinese.
Come investire con cautela
A fine agosto avevamo affrontato il tema con molta prudenza e avevamo chiuso con queste parole.
“Una scommessa sulle terre rare ci può stare se si pensa che la tensione tra Cina e Usa continui a salire e che le terre rare non siano facilmente sostituibili con nuove tecnologie o cicli importanti di riciclo, né con nuove miniere nel resto del mondo. Tuttavia, una scommessa sulle terre rare arriva attraverso prodotti che investono in società del settore, quindi in maniera abbastanza indiretta, e soprattutto conta molto su uno scenario di scontro commerciale tra potenze che né Usa, né Cina hanno interesse a far crescere. Il buon padre di famiglia che non vuole scossoni del suo portafoglio dovrebbe starsene alla larga. Quanto allo speculatore, pur vedendo le potenzialità delle terre rare, al momento preferiamo orientarlo su scommesse dal futuro meno nebuloso.”
Evidentemente eravamo troppo ottimisti sulla possibilità che Cina e Stati Uniti avrebbero fatto calare la loro litigiosità. Le notizie di questo inizio ottobre mostra un andamento in senso contrario e cambiano la prospettiva, per cui pensiamo che per chi desidera esporsi al comparto dei metalli strategici, uno strumento accessibile come l’ETF VanEck Rare Earth and Strategic Metals (13,27 euro al 13/10; Isin IE0002PG6CA6) possa valere una piccola scommessa.
Tuttavia, l’investimento presenta rischi elevati: la volatilità dei prezzi dei metalli rari e dei materiali per batterie può essere estrema; molte aziende del settore, specialmente le junior miners, non sono ancora redditizie; l’ETF ha forte esposizione alla Cina, il che lo rende sensibile a shock geopolitici e regolatori; la liquidità del comparto è ridotta rispetto ad altri settori delle commodity. Inoltre, le quotazioni stanno già salendo e occorre fare attenzione quando un investimento sembra essere “di moda”, a che la moda non sia passeggera. In questo caso non lo sarà nella misura in cui ci sarà conflittualità, potrebbe smettere di esserlo se si torna a fasi meno conflittuali.
Insomma, il comparto delle terre rare può essere interessante solo in ottica di lungo periodo e come diversificazione marginale del portafoglio, destinandovi una quota assai limitata di capitale.
Se sei interessato alle materie prime ti ricordiamo anche la nostra scommessa sul nucleare.
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