Casa: meglio l’acquisto o l’affitto?

Gli italiani tendenzialmente amano abitare in una casa di proprietà, ma l’investimento in un immobile è tra uno dei più impegnativi.
Gli italiani tendenzialmente amano abitare in una casa di proprietà, ma l’investimento in un immobile è tra uno dei più impegnativi.
L’investimento in un immobile è tra uno dei più impegnativi. Gli italiani tendenzialmente amano abitare in una casa di proprietà, ma ora che i tassi di interesse sono saliti e che i mutui sono diventati più cari rispetto a qualche anno fa, soprattutto per i più giovani il dilemma tra acquistare o affittare la prima casa non è escluso, e anche tra chi abita già in una abitazione di proprietà può pesare nella scelta di una casa vacanze.
Se ti fai un giro in rete troverai senz’altro molti video che ti parlano della “regola del 5%” (o del 4% o anche del 3%), un sistema semplice per scegliere tra comprare casa o affittarla. Vediamo cosa dice: quando compri o affitti casa ci sono spese che non sono recuperabili, spese che non sono investimenti. Nel caso dell’affitto c’è solo il costo dell’affitto. Nel caso dell’acquisto sono diverse: spese notarili, tasse, interessi sul mutuo (se lo accendi), costi di manutenzione straordinaria mancati guadagni da un investimento finanziario del capitale che usi per comprare casa. La “regola del 5%” dice che questi costi sono intorno al 5% annuo calcolato sul costo dell’immobile (un 3% di mutuo e mancato investimento in titoli dei soldi impiegati per l’acquisto, 1% annuo di manutenzione, 1% tasse). Quindi se la casa vale 300.000 euro devi calcolare 300.000 x 5%= 15.000 euro l’anno. Pertanto, sempre seguendo questo esempio, se affittare casa ti costa meno di 15.000 euro l’anno, andare in affitto è finanziariamente più conveniente che affittare. Se ti costa più di 15.000 euro l’anno è meno conveniente e conviene acquistare. Questo ragionamento funziona? È una regola a spanne: già il fatto che a volte sia declinata con diverse percentuali dice che è approssimativa. Se nell’esempio citato facciamo 4% si scende a 12.000 euro di costi annui e si abbassa del 20% la soglia per cui conviene andare in affitto. Perché questa Babele? I motivi principali sono almeno quattro.
La scelta di una casa dipende anche dalle necessità |
Una giovane coppia si può accontentare di una casa piccola, poi può avere necessità di fare spazio ai figli e successivamente può tornare un nucleo di due persone. Con l’affitto adattare le dimensioni della casa alle esigenze familiari è un’abitudine consolidata, con l’acquisto c’è il rischio di ritrovarsi a un certo punto con una casa sovradimensionata e, quindi, un capitale non sfruttato, ma vincolato da abitudini e ricordi. Allo stesso tempo, la casa di proprietà può costituire una risorsa estrema da sfruttare in tarda età vendendone la nuda proprietà. |
Oggi il costo medio annuo di un mutuo a tasso fisso a 30 anni è poco sopra il 3%, ma in passato è stato sia molto più basso, sia più alto. Oggi se metti 100.000 euro nella casa rinunci a investire, per esempio, in Titoli di Stato. Quindi a rendimenti netti dal 3% in su (ma in passato i titoli di Stato rendevano anche meno dell’1%).
La prima casa in Italia gode di agevolazioni fiscali e, a parte le tasse di registro quando l’acquisti costa praticamente zero in termini di Imu. La seconda casa, invece, paga fior di tasse, quindi tra l’acquisto di una prima abitazione e quello di una casa al mare c’è differenza sostanziale. E non è finita qui, vedi riquadro.
le tasse sono importanti |
Il fisco è un elemento cruciale per la convenienza di un investimento. Lo sapevi, per esempio, che a parità di prezzo è spesso più conveniente comprare una casa “usata” che una casa dal costruttore? Il motivo è semplice: nel primo caso le tasse di registro si calcolano sulle rendite catastali, nel secondo caso si paga l’Iva sul valore di mercato (solitamente molto più alto delle rendite catastali). Lo sapevi che se compri casa con un mutuo nella seconda metà dell’anno ti conviene? Essendoci un tetto massimo alle detrazioni che puoi fare, rischi meno di saturarlo con gli interessi sul mutuo e puoi più facilmente infilarci anche le spese notarili. Lo sapevi che ai fini Isee i primi 50.000 euro investiti in BTp non contano? Se usi quei soldi investiti BTp per comprare casa rischiano di peggiorare la tua situazione Isee. Per conoscere di più sulla tassazione dell’acquisto di un immobile puoi andare qui. Per saperne di più sulla tassazione dell’affitto di un immobile il link è questo. |
Il loro calcolo delle spese straordinarie è molto “a spanne”. L’1% annuo (che nel nostro esempio è pari a 3.000 euro) può benissimo significare che per un dieci anni non si fa nulla, poi c’è una botta improvvisa da 30.000 euro perché si rifanno i balconi o il tetto. Ma 30.000 euro tra 10 anni dal punto di vista finanziario valgono meno di 3.000 euro ogni anno (tenendo conto di un 2% annuo di inflazione, per esempio, valgono 24.600 euro contro i 27.500 di 3.000 euro annui per 10 anni). In secondo luogo, i costi straordinari da un lato sono influenzati da molte variabili (vetustà dell’immobile, bontà delle rifiniture…) che dipendono dal singolo immobile, da un altro lato, visto che i costi di materiali e manodopera non variano sensibilmente tra un immobile in periferia e uno in centro città, mentre il valore dello stesso dipende anche dalla sua posizione, si presume che impattino in maniera diversa. Esempio pratico: 100 metri quadri di appartamento e 30.000 euro di spese di rifacimento tetto. Se l’immobile è in centro città e vale 5.000 euro al metro quadro in percentuale è un costo pari a 30.000/500.000=6%. Se l’immobile è in periferia e vale 2.000 euro al metro è un costo pari a 30.000/200.000 = 15%. Cambia non poco.
Il quarto è che qualsiasi risultato si ottenga da questi conteggi poi bisogna fare i conti con la rivalutazione (o il deprezzamento) dell’immobile. E qui non è possibile rifarsi al passato (i prezzi delle case dal 1950 a oggi sono cresciuti) o al fatto che gli immobili solitamente resistono al carovita (quindi ipotizzare una rivalutazione annua almeno pari all’inflazione). Ma le cose si fanno molto più complesse. Torniamo al nostro esempio di casa da 300.000 euro. Se tra 8 anni (il tempo di un contratto d’affitto 4+4) il suo valore sarà salito a 350.000 euro, è abbastanza ovvio che non basta più confrontare 15.000 euro di costi annui non recuperabili con un affitto da 10.000 euro l’anno per dire che non conviene comprarla. Viceversa, se il suo valore sarà scivolato a 260.000 euro, non è più detto che un affitto da 16.000 euro non sia competitivo rispetto all’acquisto.
La “regola del 5%” offre un’euristica affascinante e semplice per capire se sia finanziariamente meglio andare in affitto o comprare casa, ma non è affatto risolutiva. È meglio avere almeno una idea dell’evoluzione dei prezzi degli immobili nella zona dove si va ad acquistare, che può determinare la reale convenienza di un acquisto in termini finanziari.
UN ESEMPIO PRATICO |
Un appartamento di 120 metri quadri a Milano in zona semicentrale (Corso Vercelli) può costare sui 600.000 euro (siamo nella fascia bassa dei prezzi offerti). Nella stessa zona un affitto viene sui 1.900 euro al mese (22.800 l’anno). Con la regola del 5% abbiamo 30.000 euro di costi non recuperabili della casa e 22.800 di affitto. Pertanto, converrebbe andare in affitto. Ipotizziamo si tratti di una prima casa e che rinunci a investire 120.000 euro in un BTp che scade nel 2040 e accendi un mutuo di 25 anni per 480.000 euro. Rinunci a circa 110.000 euro di guadagni netti sul Btp e paghi 225.000 di interessi. Tenuto conto del valore del tempo (1.000 euro oggi con tassi al 3% valgono meno di 500 euro tra 25 anni) abbiamo in 25 anni un costo medio del capitale intorno al 3,3% annuo. Quindi 600.000 x 3,3%= 19.800 euro l’anno. Con la prima casa le tasse sono quasi zero (vedi pagina precedente). Restano i costi di manutenzione straordinaria. Ma non abbiamo considerato ancora almeno tre punti rilevanti. Il primo è che l’affitto diventerà più caro nel tempo. Il secondo è come evolverà il prezzo dell’immobile, se è destinato a salire il gioco torna a favore dell’immobile. Infine, c’è un terzo punto, che è un vincolo. L’affitto è 1.900 euro al mese, il mutuo 2.350. Il reddito familiare può sopportare 450 euro di spese mensili in più? O diventa insostenibile? Come vedi, anche a livello pratico rimane da affrontare una crescente complessità. |
Attendi, stiamo caricando il contenuto