Dazi: Trump lo aveva promesso e l'ha fatto

Trump annuncia i dazi su Europa e resto del mondo
Trump annuncia i dazi su Europa e resto del mondo
Il 10% è il livello minimo per i dazi reciproci annunciati da Donald Trump nei confronti del resto del mondo. L'idea di base è quella di “tassare” i diversi Paesi per circa il 50% di quanto questi già “tassano” le importazioni dagli Usa; una formula quantomeno discutibile. È difficile, infatti, quantificare in modo semplice, oltre ai dazi, gli altri costi, come le imposte non doganali, legati a normative che penalizzerebbero, secondo Trump, i prodotti made Usa. Il livello minimo al 10% è una sorta di imposta per il privilegio di accedere all'immenso mercato americano, ma è riservato a quei Paesi che, secondo la Casa Bianca, impongono poche barriere al libero scambio.
Tra i Paesi soggetti ai dazi più bassi, il 10%, c’è il Regno Unito, che esporta relativamente poco negli Stati Uniti, ma c’è anche il Brasile. Limitando al 10% i dazi sui prodotti agricoli e siderurgici brasiliani, forse si vuole limitarne l'impatto sui prezzi dei prodotti alimentari, offrendo in tal modo al colosso sudamericano un bel vantaggio competitivo. Pechino è la pecora nera: le sono imposti nuovi dazi del 34% che, sommandosi a quelli al 20% già in vigore, arrivano al 54%. Un livello sì elevato, ma che potrebbe essere rinegoziato perché la Cina è uno dei pochi Paesi che ha argomenti solidi per alzare la voce. Non per nulla il mercato azionario cinese ha risposto meglio all’annuncio dei dazi americani della maggior parte delle altre Borse asiatiche. Infatti, i dazi del 46% e del 49% imposti rispettivamente a Vietnam e Cambogia mettono a dura prova le strategie di diversificazione di molte aziende alla ricerca di un'alternativa economica alla Cina.
Con dazi al 20%, l'Unione Europea se la cava meglio di altri e guadagna un leggero vantaggio competitivo rispetto a “concorrenti”, come Giappone (dazi al 24%), Corea del Sud (25%) o Svizzera (31%). Anche in questo caso non possiamo escludere che a breve ci saranno trattative: l’esclusione della difesa statunitense dal programma di riarmo europeo potrebbe rivelarsi una carta importante nelle negoziazioni. Anche se restano critiche le condizioni delle imprese europee che contavano sulla domanda americana per sopperire alla debolezza di quella europea. Peggio va però a Giappone e Corea del Sud, che hanno una domanda interna debole, e soffrono anche per le restrizioni imposte dagli Stati Uniti alle loro esportazioni verso la Cina.
È possibile, tuttavia non è certo il settore industriale che rende gli Stati Uniti una potenza mondiale. La sua forza risiede più nella capacità di innovazione e nei suoi giganti della tecnologia.
Sul piano industriale, i dazi riducono la concorrenza, con possibili ripercussioni sulla capacità di innovazione e qualità di vita degli americani, che dovranno accontentarsi di prodotti domestici meno efficienti e più costosi. Quel che sembra molto probabile è che nei prossimi mesi ci saranno turbolenze sui mercati, con trattative a livello politico e, cosa altrettanto importante, con il mondo degli affari che si sforzerà di adattarsi al meglio a questa nuova realtà.
Tutto ciò avrà, senza dubbio, un impatto, almeno nel breve termine, sugli utili delle aziende e sul prezzo delle loro azioni. Chi investe in un’ottica di medio-lungo termine, può continuare a seguire le nostre strategie, che ti confermiamo. Ci sono, però, anche diverse strategie che puoi adottare per far fronte alle turbolenze dei mercati.
Ma al di là del tema degli investimenti, quello che sta succedendo sul fronte dei dazi mette ancora più in evidenza l'importanza della creazione di un mercato unico e di una vera integrazione a livello europeo: su questo tema, puoi leggere l'opinione del direttore e le richieste di Altroconsumo.
Leggi anche l'intervista al professor Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente dell'università Bocconi di Milano, sui probabili effetti di contro-dazi europei verso gli Stati uniti.
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