Tasso variabile

Che cosa significa tasso variabile?

Il concetto di tasso variabile è centrale nel mondo della finanza e degli investimenti. Il tasso variabile – in inglese floating rateè un tasso di interesse che non rimane fisso per tutta la durata di un contratto, ma può cambiare nel tempo, influenzando il rendimento di un investimento o il costo di un finanziamento. A differenza di un mutuo a tasso fisso, ad esempio, in cui l’interesse concordato all’inizio rimane lo stesso per ogni rata, un mutuo a tasso variabile è legato a un indice di riferimento stabilito dal mercato in base al quale le rate cambiano.

Quando viene usato

Il tasso variabile è utilizzato principalmente in questi strumenti:

- Mutui a tasso variabile: rappresentano una scelta molto diffusa in Italia. Le banche lo propongono come alternativa al mutuo a tasso fisso e spesso viene preferito perché, almeno nei primi anni, gli interessi sono più bassi rispetto ad altre tipologie di finanziamento.  
Questa convenienza iniziale, però, è strettamente legata all’andamento dell’indice di riferimento: ogni volta che quest’ultimo cambia, anche la rata mensile viene ricalcolata. Da qui nasce una caratteristica peculiare dei mutui a tasso variabile, cioè l’imprevedibilità dell’importo delle rate. Questo può rendere la gestione del mutuo più incerta, ma al tempo stesso consente di approfittare di fasi di mercato favorevoli, in cui i tassi restano bassi.

- Obbligazioni a tasso variabile: in questo caso, parliamo di titoli di debito emessi da società o enti pubblici che, invece di garantire cedole fisse, offrono rendimenti che seguono l’andamento di un indice di riferimento. L’investitore non sa con certezza quanto riceverà a ogni scadenza cedolare, perché l’importo varia in funzione del mercato. Ciò significa che i flussi di reddito generati da queste obbligazioni possono crescere o ridursi nel tempo. 

- Linee di credito e prestiti personali: alcuni finanziamenti a breve termine per le imprese, come i fidi bancari, possono essere indicizzati a un parametro variabile. In questi casi, il costo del denaro che l’azienda paga alla banca varia in funzione dell’andamento dei tassi di mercato, esattamente come accade per le rate di un mutuo. 

- Conti deposito e prodotti simili: alcuni conti deposito possono prevedere una remunerazione legata all’andamento dei tassi di mercato. In questi casi, gli interessi riconosciuti al correntista non sono fissi per tutta la durata del vincolo, ma possono crescere o diminuire in linea con gli indici di riferimento. Oltre ai conti deposito, logiche simili si ritrovano anche in alcuni certificati di deposito e libretti di risparmio.

- Contratti derivati: il tasso variabile compare anche in strumenti finanziari un po’ più complessi, che servono soprattutto alle banche o alle grandi aziende. Un esempio sono i cosiddetti contratti swap. In pratica si tratta di accordi in cui due soggetti decidono di scambiarsi i pagamenti degli interessi: uno paga sempre un tasso fisso, mentre l’altro paga un tasso variabile che cambia nel tempo seguendo l’andamento del mercato. In questo modo ciascuno può gestire meglio il rischio legato ai movimenti dei tassi di interesse e proteggersi da oscillazioni troppo forti. 
Altri contratti derivati che fanno uso del tasso variabile sono i futures sui tassi di interesse, le opzioni sui tassi di interesse, i forward rate agreement (FRA) – strumenti che assomigliano agli swap – e diversi altri ancora. 

In base a cosa varia il tasso

Il tasso variabile non si muove in modo casuale, ma segue parametri ben stabiliti dal mercato. Alla base c’è sempre un tasso di riferimento, che cambia a seconda dello strumento finanziario e della formula prevista nel contratto. 

I principali indici utilizzati sono:

- Euribor (Euro Interbank Offered Rate): è l’indice di riferimento più comune per i mutui a tasso variabile nell’area euro, ma è molto utilizzato anche nelle obbligazioni a tasso variabile e nei contratti derivati. Viene calcolato in base ai tassi a cui le principali banche europee si prestano denaro tra loro. 

- Tasso della BCE: è il tasso ufficiale con cui la BCE presta denaro alle banche. Le decisioni della Banca centrale condizionano direttamente l’andamento dei mercati e dell’Euribor, ma in alcuni casi viene usato come parametro “puro” per determinare gli interessi, ad esempio in alcuni mutui, conti deposito a tasso variabile e libretti di risparmio.

- Eurirs (Euro Interest Rate Swap): è più diffuso per i mutui a tasso fisso, ma compare anche in mutui misti o ibridi e nei contratti swap, dove serve a calcolare la parte fissa di uno scambio di interessi.

Oltre a questi tre parametri principali, esistono anche altri tassi di riferimento che in alcuni casi vengono utilizzati: 

- SOFR (Secured Overnight Financing Rate): è oggi il principale indice di riferimento per i mercati internazionali in dollari, nato per sostituire il Libor. Viene usato soprattutto in contratti derivati, prestiti denominati in dollari americani e obbligazioni corporate o governative emesse sul mercato americano.

- €STR (Euro Short-Term Rate): riflette il costo dei finanziamenti overnight tra le banche. Viene sempre più usato come base per derivati, contratti di finanziamento indicizzati e in prospettiva anche per titoli obbligazionari a tasso variabile.

Il meccanismo è analogo indipendentemente dallo strumento: che si tratti di mutui, obbligazioni, conti deposito o derivati, il tasso di riferimento è la base su cui viene calcolato l’interesse effettivo da pagare o da incassare.

Ogni prodotto a tasso variabile specifica sempre nel contratto quale indice di riferimento utilizza e con quale frequenza verrà aggiornato. Questo consente al cliente o all’investitore di sapere in anticipo quale parametro influenzerà il costo o il rendimento dello strumento e di prendere decisioni più consapevoli. 

Esempi

Tasso variabile nelle rate mutui

Per chi sceglie un mutuo a tasso variabile, l’effetto principale si manifesta sulla rata mensile, la quale è composta da una quota capitale e da una quota di interessi, che varia in base all'indice di riferimento.

Questo significa che l’importo delle rate può cambiare anche più volte durante la durata del mutuo, rendendo la pianificazione delle spese meno prevedibile rispetto a un mutuo a tasso fisso.

Esistono diverse varianti: 

- Mutuo a tasso variabile puro: il più semplice, legato direttamente all’andamento dell’Euribor o del tasso BCE. 

- Mutuo a tasso variabile con cap: prevede un tetto massimo oltre il quale il tasso non può salire. Rappresenta una forma di protezione contro rialzi eccessivi. 

- Mutuo a rata costante e durata variabile: qui la rata mensile resta fissa, ma varia la durata complessiva del mutuo in base all’andamento dei tassi.

Queste formule cercano di bilanciare il vantaggio di tassi inizialmente bassi con strumenti di contenimento del rischio.

Tasso variabile nelle obbligazioni

Le obbligazioni a tasso variabile funzionano in modo simile ai mutui. Invece di garantire cedole fisse e predeterminate, offrono interessi che cambiano nel tempo e che vengono ricalcolati periodicamente sulla base di un tasso di riferimento.

Per chi investe, questo significa che quando i tassi di mercato aumentano, anche le cedole diventano più ricche, permettendo di ottenere un rendimento più elevato. Se invece i tassi scendono, l’importo delle cedole si riduce e l’investimento diventa meno conveniente.

Per saperne di più, ti consigliamo di consultare la voce di glossario obbligazione a tasso variabile.

In sintesi, i mutui e le obbligazioni a tasso variabile sono solo due esempi tra i molti strumenti in cui questo meccanismo si applica. Come abbiamo visto, l’andamento dei tassi può generare vantaggi o svantaggi diversi a seconda del contesto: per il mutuatario può significare rate più leggere o più pesanti, per l’investitore cedole più ricche o più ridotte.

Il tasso variabile va considerato non come “buono” o “cattivo” in assoluto, ma come una scelta che richiede consapevolezza e valutazioni accurate.