Fine anno di umore cupo?

Il bilancio a fine settembre era positivo, ma poi è scoppiato l’inferno in Medio Oriente.
Il bilancio a fine settembre era positivo, ma poi è scoppiato l’inferno in Medio Oriente.
A settembre le Borse mondiali han perso l’1,4% (in euro, considerando pure i dividendi), portando il loro bilancio da inizio anno a un +10,3%. I titoli di Stato mondiali, dal canto loro, hanno avuto un calo dello 0,6% (-2,5% da inizio anno) per via del diffuso rialzo dei tassi. Dopo oltre un anno di guerra in Ucraina e nel bel mezzo di una fiammata inflazionistica che non si vedeva da anni era difficile aspettarsi di meglio. Tuttavia ogni ottimismo rischia di venire ora spazzato via dal conflitto in Medio Oriente. Era dai tempi della guerra dello Yom Kippur (6-25 ottobre 1973) che Israele non era colto di sorpresa dal nemico in maniera così massiccia. E quella guerra ebbe ripercussioni importanti anche sull’economia mondiale. Portò a una impennata del prezzo del petrolio e alla crisi petrolifera che contribuì alla fine del boom degli anni Cinquanta e Sessanta. C’è da dire, però, che si trattò di un contributo, ma che non è corretto attribuire a un solo fattore (la crisi petrolifera) le difficoltà di quegli anni. I Paesi occidentali più arretrati avevano oramai colmato il divario di produttività con quelli più avanzati avvicinandosi alla frontiera tecnologica e questo aveva portato a minori spazi di crescita in una fase in cui lo Stato sociale si era espanso assorbendo sempre più risorse. Non da ultimo le Banche centrali non erano ancora in grado di frenare la crescita dei prezzi. Insomma se pure la guerra dello Yom Kippur non ha lasciato bei ricordi (neanche alle Borse, vedi grafico alla pagina successiva) non occorre pensare che le cose andranno per forza nella stessa maniera. Molti Paesi Arabi oggi hanno oggi rapporti diplomatici con Israele o comunque non conflittuali come allora, per cui un embargo petrolifero come quello deciso nel ’73 dall’Opec non sembrerebbe in vista. Inoltre, la dipendenza dal petrolio come forma di energia non è più quella di un tempo. Perché, allora riandare a quei fatti? Perché ci forniscono un dato interessante offrendoci probabilmente il peggior caso possibile di come potrebbero andare le cose se tutto andasse storto. E facendolo ci ricordano che anche nel peggior caso possibile, se si investe in modo corretto, tenendo conto dell’orizzonte temporale (che nel caso dei portafogli che indichiamo è di 10 anni), fatti tragici e (purtroppo, perché se lo fossero avremmo evitato molti morti) non prevedibili in anticipo come quelli che stiamo vivendo ora, possono fare male ai risparmi per un certo periodo, ma non per sempre. Anche dopo quegli anni tragici, infatti, mercati si ripresero. Nel giro di 5 anni i prezzi delle Borse tornarono sopra i livelli pre crisi e in 10 anni recuperarono il potere d’acquisto. Questo, ovviamente, non significa che occorre restare immobili, ma che bisogna avere sangue freddo e attendere.
LA GUERRA DELLO YOM KIPPUR E CIÒ CHE VENNE DOPO
In grassetto l’indice Msci World in dollari Usa (solo prezzi, senza dividendi, base 100) descrive l’andamento delle Borse mondiali negli Anni ’70 e primi anni ‘80. La linea sottile indica l’evoluzione del valore di 100 dollari del 1969 investiti in tale indice sommando i dividendi incassati, ma a parità di potere d’acquisto (quindi sottraendo l’inflazione). La linea verticale indica quando c’è stata la guerra dello Yom Kippur. Fonte Refinitiv.
STRATEGIE IMMUTATE, MA CON ATTENZIONE AL FUTURO
Questo mese le nostre strategie non cambiano. I calcoli che ci han condotto a questo sono stati fatti prima degli accadimenti in Israele, quindi non tengono conto della scia emotiva di questi giorni (ci torneremo appena si sarà depositato il primo fumo dei cannoni). Per il Portafoglio Equilibrato i modelli ci dicono di vendere le azioni svizzere, messicane e coreane a favore di bond Usa, azioni indonesiane e sudafricane. Non accogliamo nessuna di queste indicazioni. Di Messico e Corea abbiamo parlato rispettivamente nel n° 1526 e nel n° 1521 e la nostra visione è positiva. Inoltre, rimuovere i titoli messicani vuol dire ridurre di fatto l’esposizione agli Usa che, visti i tempi attuali, ci pare, invece, un elemento di sicurezza in un mondo instabile. Ci sono più dubbi riguardo ai titoli svizzeri e stiamo studiando la possibilità di separarcene (vedi n° 1525), ma è prematuro. Tra i suggerimenti forniti dal modello, ci piace, invece, l'Indonesia (è già nel portafoglio dinamico, per ora ci limitiamo a quello), ma siamo molto meno entusiasti del Sudafrica (per saperne di più vedi qui). Nei Portafogli Dinamico e Difensivo la situazione è abbastanza simile e anche qui abbiamo preferito mantenere invariata la nostra strategia e attendere.
Cosa significa un orizzonte temporale di 10 anni?
Non significa che devi per forza attendere 10 anni perché i tuoi investimenti ti diano delle soddisfazioni. Si tratta, “solamente” (ma sappiamo che non è poco) del lasso temporale per cui tu ritieni di poter non aver bisogno del denaro che hai investito. In questo modo porti la probabilità di avere un investimento soddisfacente su livelli alti. In altri termini, dai per scontato che i soldi investiti avranno degli alti e bassi, ma conti sul fatto che nel lungo periodo gli alti mediamente prevalgano sui bassi, portandoti in guadagno. Questo fenomeno è (semplificando molto) frutto della crescita economica. L’orizzonte temporale minimo per fare un investimento è tanto più alto, quanto più elevato il rischio: nel caso delle Borse può essere anche di ben 20 anni (è più o meno il tempo che avrebbe dovuto attendere chi avesse investito ai massimi del 1929 per rientrare in possesso dei suoi soldi). Questo orizzonte temporale si riduce man mano che l’investimento diviene un mix di azioni e bond. Questi ultimi, se scelti opportunamente, possono abbassare l’orizzonte temporale.
Le Borse mondiali sono care?
Gli indici di convenienza delle Borse mondiali (che funzionano come il prezzo al chilo della frutta, più basso è, meglio è) sono 16,9 per il rapporto prezzo/ utili, 1,9 per il rapporto prezzo/ valore contabile e 14,8 per il rapporto prezzo / utili calcolato non sulla base dei dati attuali, ma delle attese degli analisti finanziari (fonte date Refinitiv). È tanto, è poco? Vediamo i dati (su base mensile) dal gennaio 1990 a oggi. Il rapporto prezzo/ utili è stato mediamente pari a 18,8, con un minimo di 9,4 e un massimo di 30,5. Il dato attuale è poco sotto la media. Il rapporto prezzo/ valore contabile medio è stato di 1,9 con un minimo di 1 e un massimo di 3,5. Qui siamo in media. Quanto alle previsioni degli analisti: la media è 15,7, il minimo 8,8 e il massimo è 24,6. Anche in questo caso siamo poco sotto la media. Possiamo dire che il dato complessivo mostra Borse che secondo questo criterio sono correttamente valutate.
Un altro punto di vista può essere quello del rendimento da dividendo (qui, invece, più alto è e meglio è). Il dato attuale è 2,4%, la media storica dice 2,3%, il massimo è stato a 4,3% e il minimo 1,2%. Siamo ancora una volta in linea con gli ultimi 30 anni.
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