La settimana delle obbligazioni: si sta convincendo?

La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
Quella appena trascorsa è stata una settimana che ha avuto come filo conduttore la pubblicazione dei dati sull'inflazione. Il carovita, in questo particolare momento storico, è una variabile fondamentale da monitorare perché è uno dei fattori più rilevanti per le scelte di politica monetaria. Addirittura, in certi casi è più importante della decisione stessa delle Banche centrali, perché se i dati macroeconomici, ma soprattutto quelli sull'inflazione, si sono mossi in un certo modo per un determinato periodo di tempo, si arriva al giorno delle riunioni delle Banche centrali dove la decisione è praticamente scontata.
USA: DATI FINALMENTE INTERESSANTI
L’inflazione più attesa era quella americana, e il dato di giugno è quello che serve per convincere la Fed a tagliare i tassi di interesse. I diversi indicatori dei prezzi hanno infatti conosciuto un rallentamento. L'indice generale dei prezzi è passato dal 3,3% al 3%, battendo le attese che vedevano una frenata al 3,1%. L'inflazione di fondo ha rallentato dal 3,4% al 3,3%, quando le attese erano invece per un dato stabile. Molto importante è anche il calo di altri indicatori e di altre voci all'interno del bollettino sull'inflazione. Finalmente c’è un rallentamento dei costi legati al settore immobiliare, che nei mesi scorsi sono stati i maggiori responsabili di un aumento dei prezzi o di dati deludenti. Anche l'inflazione dei servizi ha conosciuto per il secondo mese consecutivo un rallentamento. Come sempre si è detto, un solo dato non potrà cambiare gli equilibri e il presidente della Federal Reserve ha indicato che l'inflazione sta tornando su un percorso discendente, sebbene abbia affermato che all'inizio di luglio i funzionari avevano bisogno di più prove prima di abbassare i tassi di interesse.
Ovviamente nella riunione di fine luglio non ci saranno tagli nei tassi, questo era scontato prima e rimane certo anche ora. Il mercato considerava probabile un taglio a settembre: ora, dopo i dati sull’inflazione, per i mercati è diventato pressoché certa la prima diminuzione del costo del denaro a settembre: c’è infatti circa il 96% di probabilità. Inoltre, entro fine anno c’è il 94% di possibilità, sempre secondo il mercato, che il costo del denaro sia almeno tra il 4,75% e il 5%: tradotto, si scontano con quasi assoluta certezza due tagli dei tassi.
BCE: 2% ENTRO FINE 2025
Dell’inflazione, pur in assenza di dati, si è parlato anche in Europa. Dalla Bce fanno sapere che le stime prevedono un carovita che convergerà al 2% entro la fine del 2025 – ma potrebbe avvenire anche prima. Si è dunque convinti che alla fine del prossimo anno l'obiettivo sarà raggiunto. Vuol dire che, siccome avremo quasi un anno e mezzo ancora con un'inflazione sopra il 2%, non si avranno più tagli nei tassi? No. Non è necessario che l'inflazione arrivi al 2% per continuare a tagliare i tassi. L'importante è che la disinflazione continui. Un continuo rallentamento della crescita dei prezzi consente di rendere progressivamente meno restrittiva la politica monetaria. Tagliare i tassi dello 0,25% e portarli dall’attuale livello del 4,25% al 4%, per esempio, allenta le condizioni monetarie, ma lascia ancora la politica monetaria in un territorio restrittivo e tale da frenare i prezzi. Oltre a questo, bisogna sempre ricordare che gli effetti della politica monetaria si materializzano sui mercati e nell'economia a distanza di tempo. Inoltre, bisogna tenere conto anche dell'effetto cumulato delle decisioni di politica monetaria. Significa che un periodo prolungato di tempo di tassi a livelli elevati produrrà degli effetti ritardati sull'economia, ma col tempo gli effetti si sommano in termini di efficacia e quindi questo consente di poter continuare a tagliare i tassi di interesse, perché c'è ancora l'eredità di quanto fatto in precedenza che aiuta a frenare l'inflazione. Detto questo, nella riunione di questo giovedì 18 non ci sarà alcun taglio nei tassi.
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CINA: ZAVORRA IMMOBILIARE
La settimana cinese è stata ricca di dati, ma tutti hanno mostrato un rallentamento dell’economia. Il Pil del secondo trimestre è cresciuto del 4,7% rispetto al trimestre precedente ed è dunque risultato nettamente più lento delle attese a +5,1% e rallentando rispetto al 5,3% del primo trimestre del 2024. Dati in rallentamento sono arrivati anche dalla produzione industriale, sebbene meno delle attese, e dalle vendite al dettaglio, che sono cresciute al tasso più lento da fine 2022. La debolezza della domanda si è palesata anche dal carovita, dato che a giugno, a livello mensile, i prezzi sono scesi dello 0,2%, mettendo così a segno il secondo mese consecutivo con un'inflazione negativa (a maggio i prezzi avevano fatto -0,1%). Tuttavia, la vera zavorra per l’economia rimane il settore immobiliare. A tutti i dati cinesi abbiamo dedicato un approfondimento qui.
BRASILE: I TASSI FERMI FUNZIONANO
L’inflazione brasiliana a giugno è salita meno delle attese, facendo segnare +4,23% rispetto all'anno precedente, al di sotto della stima del 4,32% del mercato. Il dato di giugno può essere una prima indicazione, non certo però una prova, che mantenere i tassi fermi al 10,5% e non allentare ulteriormente la politica monetaria può consentire di tenere sotto controllo l'inflazione. Dopotutto, per quanto sotto le attese, il carovita è comunque aumentato rispetto a maggio.
NORVEGIA: RALLENTA IL CAROVITA, MA LA NORGES BANK…
A giugno il carovita in Norvegia ha rallentato, e lo ha fatto nettamente più delle attese. Il dato di giugno però non è sufficiente per cambiare di molto le prospettive dei mercati. È stato un mese con un calo più pronunciato di quanto ci si aspettasse in termini di carovita, ma come spesso capita un singolo dato non è in grado di spostare gli equilibri. Ad oggi pesano molto di più le dichiarazioni d’intenti della Banca centrale, che vede un costo del denaro al 4,5%, cioè quello attuale, fino al 2025. La Norges Bank, quindi, non vede tagli dei tassi in questo 2024. D’altronde, se giugno ha battuto le attese, i mesi precedenti avevano visto invece dati deludenti. Per dirla come la direbbe la Fed: “servono più certezze”.
COME SONO ANDATI I PRODOTTI IN SETTIMANA?
Ubs Japan Treasury 1-3y (+1,1%)
Nordea 1 norwegian bond BP (-0,7%); Wisdomtree Long Nok Short Eur (-2,2%)i
Shares $ High Yield Corp Bond (+0,1%)
Xtrackers II High Yield Corporate Bond 1D (+0,5%)
iShares China CNY Bond (-0,4%)
Vanguard USD Treasury Bond Ucits Etf Dis (-0,4%)
Xtrackers II US Treasuries Ucits Etf 1D (-0,2%)
Ishares Eu Govt Bond 5-7y Ucits Etf Dist (+0,6%)
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