La Cop28 spinge il nucleare

Atomo
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Nel documento finale siglato da tutti i Paesi della Cop28 è presente un impegno ad accelerare gli investimenti sul nucleare – clicca qui per i dettagli sulle conclusioni. Ciò dimostra come sempre più Paesi ritengano l’energia nucleare essenziale per il raggiungimento di un futuro più sostenibile per il Pianeta.
Del resto, già da diversi mesi l’Unione europea ha riconosciuto l’energia nucleare come una fonte ecosostenibile e, dopo anni di strette, i principali produttori di uranio – la materia prima essenziale per la produzione di energia nucleare – hanno dichiarato di voler aumentare le attività di estrazione per soddisfare l’attesa crescita della domanda.
Per quanto appena detto, non sorprende trovare proprio l’uranio tra le materie prime che meglio si sono comportate nel 2023: il suo prezzo è passato da circa 48 dollari Usa alla libbra ai poco più degli 82 dell’ultima rilevazione disponibile, per un progresso nell’ordine di circa il 70% contro un calo medio dei prezzi delle altre materie prime di circa il 2%.
Come vedi nel grafico qui in basso il prezzo dell’uranio viaggia ora su valori che non si vedevano da circa 15 anni, persino superiori a quelli del 2011, precedenti al disastro della centrale giapponese di Fukushima. Riuscirà a proseguire la sua corsa verso i valori record del 2007? Allora aveva sfiorato i 140 dollari alla libbra per via dell’entusiasmo sulla forza della crescita economica cinese e della generale euforia del mercato per le materie prime.
Tre gli elementi che potrebbero favorire il proseguimento della corsa.
Primo: un aumento del numero dei Paesi attivi nella produzione di energia nucleare. In particolare, la spinta potrebbe arrivare da un cambiamento di atteggiamento da parte della Germania, strenua oppositrice, negli ultimi 10 anni, di questa forma di energia. Sarebbe clamoroso e probabilmente non avverrebbe a breve termine, ma di ripensamenti eccellenti sono piene le cronache recenti – vedi il caso svedese e quello giapponese.
Secondo: un cambiamento di atteggiamento da parte delle grandi istituzioni globali che potrebbero favorire il finanziamento di progetti legati al nucleare - in particolare diversi Paesi vogliono fare pressione sulla Banca mondiale che, ancora oggi, si rifiuta di fornire finanziamenti a progetti nucleari.
Terzo: l’evoluzione tecnologica che possa permettere di ridurre i costi legati alla costruzione delle centrali e allo smaltimento delle scorie.
Ci sono, però, dei rischi elevati. Nonostante le buone intenzioni, di fatto al di fuori della Cina la realizzazione delle centrali non decolla. Eclatante, in tal senso, il fallimento della realizzazione di una piccola centrale di nuova generazione negli Usa da parte della società NuScale Power (3,19 Usd; Isin US67079K1007), che aveva persino ricevuto dei finanziamenti da parte del Governo Usa: l’aumento dei costi e la scarsità della domanda riscontrata per la futura energia della centrale hanno costretto il gruppo ad alzare bandiera bianca – le azioni hanno perso quasi il 70% del loro valore dall’inizio dell’anno e sconsigliamo di acquistarle.
I progetti delle centrali nucleari, del resto, sono per forza di cose molto rigidi – non si possono cercare “correzioni in corsa” – il che li espone a rischi nella realizzazione (dai maggiori costi finanziari a quelli per i materiali). In tutto questo, non va dimenticata l’opposizione ancora presente in larghe fette della popolazione sia per i rischi da incidente, sia per la localizzazione dei siti di smaltimento delle scorie.
Insomma, il nucleare sembra sempre più l’energia del futuro, necessaria per la sopravvivenza del Pianeta, ma le incognite sull’effettiva capacità di realizzazione e messa in attività delle centrali sono ancora tante. Per queste ragioni e, alla luce del rialzo notevole del prezzo dell’uranio, non consigliamo al momento di investire sul nucleare – e in particolare, sui produttori di uranio.
Che fare, però, con gli investimenti consigliati in passato che magari hai ancora in mano? Già nell’analisi di settembre (vedi n° 1524) ti avevamo consigliato di vendere le azioni Cameco (61,62 Cad; Isin CA13321L1085), grande produttore nordamericano: se non l’avessi ancora fatto, ti ribadiamo il consiglio – le prospettive di crescita ci sembrano fin troppo valorizzate in Borsa.
Oggi, invece, ti consigliamo di vendere anche le azioni della Kazatomprom (37,8 Usd; Isin US63253R2013), il più grande produttore di uranio al mondo: dalla nostra analisi di settembre le azioni sono salite di un altro 15% circa, ma i risultati del terzo trimestre non sono stati esaltanti – ricavi e profitti in calo più del previsto rispetto all’anno scorso – e ci sono stati ulteriori cambiamenti al vertice del gruppo – persino il “capitano d’azienda” ha lasciato il posto. Le indiscrezioni parlano di contrasti per la cessione di quote di un’importante miniera a una società russa e il timore di una sempre maggiore ingerenza russa pesa a breve sul titolo. Secondo noi è il momento di vendere tutte le azioni.
Il guadagno maggiore derivante dalla vendita delle azioni Kazatomprom lo ottiene chi ha comprato dopo la nostra analisi del dicembre 2022 (vedi n° 1490): circa +40% rispetto al +15,5% delle Borse mondiali. Il minore lo ottiene chi le ha comprate dopo la nostra prima analisi dell’autunno 2021 (vedi n° 1435): +7,4% contro il +6,2% delle Borse mondiali. I dati sono in euro e tengono conto degli eventuali dividendi staccati.
Vendi, invece, solo una metà delle quote che hai nell’Etf Sprott uranium miners (9,348 euro; Isin IE0005YK6564): il fondo non solo investe su tante società che estraggono uranio, ma punta direttamente su un fondo che compra partite fisiche della materia prima. Il rischio, rispetto all’investimento diretto sui due produttori suddetti, è, quindi, un po’ più limitato e per questo puoi mantenere metà delle quote scommettendo sull’effettiva realizzazione delle centrali nucleari nei prossimi anni. Attenzione, però: il fatto che i rischi siano ridotti rispetto all’investimento diretto sulle suddette due azioni, non significa che tali rischi non ci siano. Anzi, il prodotto resta comunque ballerino e un calo dei prezzi dell’uranio farebbe scendere i valori dell’Etf: per questo portati a casa un po’ di guadagni vendendo metà delle quote.
I guadagni sulla vendita di metà delle quote dell’Etf Sprott uranium miners oscillano tra il 16,5% (per chi ha comprato a settembre 2022, vedi n° 1475) e il 64% (per chi ha comprato ad aprile 2023, vedi n° 1506). I risultati sono in euro e a e anche in questo caso sempre ampiamente migliori di quelli di un investimento sulle Borse mondiali.
Variazioni e prezzi alla chiusura del 13 dicembre 2023
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