Gli errori da evitare col fondo pensione

Gli errori di chi fa il fondo pensione
Gli errori di chi fa il fondo pensione
Aver scelto di aderire ad un fondo pensione è una scelta corretta, tra le più corrette in assoluto che si possono fare in un’ottica di pianificazione non solo finanziaria, ma anche di vita. Ti stai infatti impegnando per eliminare un grosso problema: le scarne pensioni future. Se aver aderito ad un fondo pensione significa avere superato alcuni scogli e ti permette di essere in una situazione di vantaggio rispetto a chi non l’ha fatto, anche l’aderente ad un fondo pensione può commettere errori, che rischiano di vanificare il risparmio accumulato negli anni.
GLI ERRORI CHE SI FANNO ALL’INIZIO
Il primo errore, il più comune e diffuso in assoluto – presente in tutte le tipologie di investimento – è la scelta di comparti troppo conservativi, anche se si investe per tanti anni. Questo è un “blocco” che hanno moltissimi investitori: anche se hanno orizzonti temporali lunghi non si affidano alle azioni, ma preferiscono comunque obbligazioni o, nel caso dei fondi pensione, addirittura i comparti garantiti. Come mai si è portati a fare queste scelte? L’avversione alle perdite, il fatto che le perdite sono molto più dolorose per noi dei guadagni e il cosiddetto bias del rischio zero, quella tendenza a voler eliminare del tutto i rischi quando investiamo, portano a scegliere sempre e solo la soluzione più tranquilla di investimento. Questo modo di agire è però irrazionale, perché la paura non ci porta a valutare in maniera oggettiva il reale rischio, cioè le reali probabilità di essere in perdita nel lungo termine con le azioni, e per di più investendo in azioni a rate come nel caso del fondo pensione, che sono pari a zero. Per di più, scegliendo la soluzione che riteniamo ad essere a rischio zero – e non è detto che poi lo sia – generiamo, paradossalmente, un altro rischio: quello di accumulare una ricchezza che sarà insufficiente per coprire il basso reddito da pensione, oltre a rinunciare a rendimenti più elevati a fronte di rischi molto ridotti. Un altro motivo per cui scegliamo i comparti più sicuri, con i rischi e i problemi conseguenti appena visti, è la cosiddetta contabilità mentale. I soldi per la mia pensione sono qualcosa mi interessa da vicino e di cui ho bisogno dopo aver lavorato una vita e quindi non voglio assolutamente perderli: per questo tendiamo a preferire comparti che riteniamo più sicuri – cosa che vale ancora di più se investiamo il Tfr con il fondo pensione chiuso.
GLI ERRORI CHE SI FANNO DURANTE
Gli errori si possono fare anche durante il periodo di adesione, che dura per molti anni. Il tipico errore che deriva da una tendenza molto diffusa - e anche in questo caso naturale da parte delle persone - è quello, una volta deciso il comparto di investimento, magari anche in modo corretto in base agli anni che mancano alla pensione, di non fare più nulla, di lasciare tutto così com’è fino alla fine. Nel tempo il comparto di investimento va adeguato agli anni che mancano alla pensione ed invece si lascia tutto così com’è, è il cosiddetto bias dello status quo, una tendenza che abbiamo un po’ tutti, anche perché le posizioni che si sono consolidate nel tempo tendono ad essere percepite come corrette, hanno un gran valore perché sono oramai così “da molto tempo”. Una frase come “alla fine il mio fondo pensione sta andando bene, ho sempre usato quel comparto perché lo dovrei cambiare” è facilmente riscontrabile in molte persone. C'è poi anche un altro bias che ci porta a non cambiare mai il comparto, quello della procrastinazione, cioè quella tendenza, pur sapendo che dobbiamo fare qualcosa, un po’ per voglia, un po’ perché pensiamo di non avere tempo, un po’ per pigrizia - e per una svariati altri motivi - continuiamo a rimandare a tempo indeterminato.
GLI ERRORI CHE SI FANNO ALLA FINE
Gli studi dicono anche che quando si parla di pensione spesso avere il capitale tutto e subito, come accade con il Tfr, è preferito all’avere la rendita. Se si può scegliere tra capitale o rendita, o se almeno si può prelevare fino al 50% di capitale e il resto in rendita, si opta spesso e volentieri per il capitale o per la quota maggiore possibile sotto forma di capitale. Perché? Primo. Non si comprende (e addirittura contempla) il cosiddetto rischio longevità, cioè la possibilità di vivere molto più a lungo della media e di quello che pensiamo. Questo rischia di fare diventare insufficiente il nostro capitale accumulato. La rendita invece è vitalizia: se si vive molto a lungo, continuiamo a percepirla anche se quanto stiamo ricevendo è superiore a quanto abbiamo versato. Si tende invece a sovrastimare il rischio di premorienza, cioè morire prima del tempo (o della media), pensando che così, quanto accumulato e non siamo riusciti a riavere indietro sotto forma di rendita lo perderemo – in realtà non è così, vedi a lato. C’è poi un altro bias che ci porta a preferire il capitale alla rendita, sintetizzabile con questa frase: “i soldi li gestisco da me”. Si tratta della cosiddetta overcofindence, la troppa sicurezza di sé, che comporta grossi rischi anch’essa, perché ci porta a ritenerci molto più capaci di quanto poi si è realmente nella corretta gestione dei soldi, nella corretta valutazione di quanto vivremo ancora.
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